Articolo pubblicato il 1 Giugno 2025 da Giovanni Urgnani
Presentato in anteprima mondiale alla diciannovesima edizione del Festival del Cinema di Roma, sezione Grand Public e distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 5 giugno 2025 grazie al contributo di Medusa Film. Secondo lungometraggio dietro la macchina da presa per Mauro Mancini (Non odiare) responsabile anche della sceneggiatura, collaborando nuovamente con Alessandro Gassman. Ma qual è il risultato di Mani nude? Di seguito la recensione e la trama ufficiale del film.
La trama di Mani nude, il film di Mauro Mancini
Prodotta dall’etichetta Eagles Pictures in collaborazione con Movimento Film, la pellicola è la trasposizione dell’omonimo romanzo scritto da Paola Barbato e pubblicato nel 2019 da R.C.S. Editore. Ma di cosa parla quindi Mani nude? Di seguito la trama ufficiale del film scritto e diretto da Mauro Mancini:
“Davide viene prelevato fuori da una discoteca e gettato nel retro di un camion che gira in tondo in uno spazio desertico. Dentro quel camion qualcuno lo copre di botte, mirando ad ammazzarlo, invece sarà il ragazzo ad uccidere il suo avversario, senza neppure averlo visto alla luce. Prenderà il soprannome di Batiza e sarà costretto a combattere a mani nude contro avversari sempre diversi in un giro di incontri e scommesse clandestini orchestrati da un anziano faccendiere e gestiti da un allenatore adulto, Minuto, chiamato così perché chi l’ha incontrato in combattimento non ha potuto resistergli più a lungo di quella durata. Il rapporto fra Minuto e Batiza, improntato inizialmente al disprezzo da parte del primo verso il secondo, cambierà nel tempo, e in modi imprevedibili. Davide dovrà fare i conti con la propria natura più profonda, e imparare che nulla succede per caso.”

La recensione di Mani nude, con Alessandro Gassman
A cinque anni di distanza dal suo esordio dietro la macchina da presa per un lungometraggio, Mauro Mancini riaffida il ruolo di co-protagonista ad Alessandro Gassman questa volta nel buio della criminalità organizzata, dando vita su grande schermo alle pagine dell’omonimo romanzo di Paola Barbato. Nell’esordio precedente “Non odiare” (2020), il personaggio interpretato da Gassman stabilisce un contatto coi familiari della vittima per ottenere la redenzione, mentre qui al contrario è il desiderio di vendetta ad incrociare le strade di “Minuto”, soprannome a dir poco inquietante visto il motivo per cui nasce, con quelle di Davide.
La narrazione si divide in due parti ben distinte, come se fossero due stagioni di una serie, condensate però nei centoventi minuti circa di durata, una complementare all’altra. La prima metà non è altro che la discesa agli inferi di un normale ragazzo trasformato lentamente in belva, un processo in costante movimento di deumanizzazione dell’individuo, dove la brutalità più primitiva viene stimolata in nome del business e del giro d’affari della violenza, quest’ultima fonte di spettacolo e d’intrattenimento sia per gli emarginati di periferia sia per i ricchi ben vestiti e ben nutriti. Nel mettere in scena i numerosi combattimenti corpo a corpo, il regista, grazie ai movimenti di macchina, al montaggio e soprattutto al sonoro, restituisce la reale crudeltà del contesto senza cadere nella spettacolarizzazione dello spargimento di sangue, ma deciso a rappresentare l’abisso più profondo dell’animo umano, in grado di considerare i suoi simili come mera carne da macello e strumento di morte.
Nel momento in cui il destino sembra portare a compimento il suo disegno, arriva la seconda metà in cui l’umanità e l’esigenza di riassaporare la vita normale riemergono prepotentemente grazie alla forza della scelta, cercando con fatica di non rimanere sopraffatti dalle conseguenze delle azioni compiute, in una convivenza forzata assieme alle paure, ai rimorsi e al pericolo di affezionarsi a qualcuno rischiando di perderlo. Se l’intreccio narrativo si chiude con ordine e precisione, non si può negare però la presenza di alcune evidenti forzature narrative utilizzate per “far quadrare i conti”, facendo vacillare a tratti la sospensione dell’incredulità, principalmente sulla questione della scomparsa di Davide e la sua apparentemente assenza di ricerca, senza dimenticare l’ambientazione contemporanea della vicenda, dentro una società legata a doppio filo coi mass media e i social network.
Dal punto di vista attoriale Alessandro Gassman è chiamato ad interpretare una parte rude e granitica, tenendo di fatto la stessa espressione incattivita per la quasi totalità del film, salvo per fortuna muoversi in qualche sfumatura nel finale; va meglio invece per i protagonisti giovani, grazie alla coppia formata dai bravi Francesco Gheghi e Fotinì Peluso, credibili nella loro relazione ed intensi al punto giusto nella sequenza, carica di erotismo, del loro primo rapporto sessuale tra loro, quest’ultimo ben girato e calibrato, la cui attenzione impiegata da Mauro Mancini è non poco gradita, poiché il sentimento e la sessualità devono avere la stessa importanza della violenza.