Articolo pubblicato il 1 Giugno 2025 da Giovanni Urgnani
Presentato in anteprima mondiale in concorso ufficiale alla settantaquattresima edizione del Festival Internazionale del cinema di Berlino, distribuito nelle sale cinematografiche messicane il 7 novembre 2024, col titolo originale La cocina, mentre in quelle italiane a partire dal 5 giugno 2025 grazie al contributo di Teodora Film. La regia e la sceneggiatura sono firmate dal cineasta Alonso Ruizpalacios e all’interno del numeroso cast spicca la candidata all’Oscar Rooney Mara (Carol). Ma qual è il risultato di Aragoste a Manhattan? Di seguito la recensione e la trama ufficiale del film.
La trama di Aragoste a Manhattan, il film di Alonso Ruizpalacios
Il lungometraggio è liberamente ispirato alla pièce teatrale The Kitchen, scritta nel 1957 da Arnold Wesker e portata su grande schermo grazie alla produzione di Astrakan Film AB, Fifth Season e Filmadora, con la partecipazione di Panorama Global e Seine Pictures. Ma di cosa parla quindi Aragoste a Manhattan? Di seguito la trama ufficiale del film scritto e diretto da Alonso Ruizpalacios:
“Al The Grill, ristorante iper frequentato di New York, lavora una moltitudine di persone, tra cucina, sala e uffici. Ognuno con i suoi problemi, ognuno con le sue isterie. Tra di loro ci sono Estela, che trova un posto di lavoro. Julia, che dovrà prendere una decisione importante e Pedro, a cui l’esperienza di cuoco cambierà per sempre la vita.”

La recensione di Aragoste a Manhattan, con Rooney Mara
La società americana al cinema è stata rappresentata numerosissime volte e attraverso le metafore più disparate. Il regista messicano Alonso Ruizpalacios in quest’occasione sceglie l’immagine del ristorante, decisamente calzante per rappresentare la realtà degli immigrati, poiché nel corso della storia tale attività commerciale ha garantito la possibilità di ricominciare a milioni di famiglie, portando con sé i sapori della propria terra d’origine, così da mantenere vivo il legame con essa e il proprio passato. Il “The Grill” è un crogiuolo di etnie, di personalità e di livelli differenti: la cucina posizionata sotto la struttura con la sala invece sopra, coi maschi ai fornelli e le donne a servire i tavoli (salvo un paio d’eccezioni), dato che a differenza di quella di casa la cucina professionale è il luogo di comando.
Gli occhi degli spettatori sono quelli della giovanissima nuova arrivata messicana, catapultata in un mixer di situazioni a dir poco complicate, tra tensioni, relazioni sentimentali e come se non bastasse anche un caso di sparizione di una grossa somma d’incasso, tutto all’interno della cornice del luogo multiculturale per eccellenza: Times Square, New York City. Fin dal primo fotogramma, la pellicola riesce a farsi notare per la sua maniacale cura per l’estetica, a cominciare ovviamente dal bianco e nero, fattore assolutamente non determinante per stabilire la sua qualità, ma semplicemente uni sfoggio di eleganza e patinatura (come tutti i b/n utilizzati in questi tempi), se non addirittura di sfoggio di pseudo intellettualità.
Altra carta pesante pescata dal mazzo è il long take, studiato e organizzato per la scena madre dell’intero lungometraggio, ossia l’attività a pieno ritmo dell’intero complesso lavorativo, dall’arrivo della prima comanda al il via vai delle portate, dalla quiete alla tempesta in meno di uno schiocco di dita; l’intera sequenza rispecchia appieno il mondo moderno e le sue criticità: la pretesa di ottenere tutto e subito, lo scontrarsi e calpestarsi l’uno contro l’altro, urlandosi di tutto e di più senza la minima considerazione di chi si ha davanti, trascinandosi in una profonda disumanizzazione. Nel microcosmo dell’attività commerciale si sviluppa un sottomondo formato da una coppia nata tra le sue mura, il cui momento è assai delicato, poiché la parte femminile, interpretata da Rooney Mara, è pronta a prendere una decisione forte e non convenzionale.
Determinazione che mette in crisi la controparte maschile, frustrata dal fatto di aver perso la disparità a suo favore e resosi conto di non riuscire ad esercitare il controllo che vorrebbe, indagando con ciò la difficoltà dei rapporti di oggi, scaturitasi dalla mancata accettazione del cambiamento e dalla ricerca di determinazione della donna nel poter mantenere viva la sua indipendenza anche se sentimentalmente occupata. Come un piatto preparato da uno chef stellato, il film presenta dunque grande ambizione e per lunghi tratti riesce a mantenere le premesse e le promesse fornite al pubblico, ma per alcuni frangenti il desiderio di alzare l’asticella causa il mancato controllo nel dosare determinati frangenti che alla lunga risultano pesanti, ad esempio verbosità eccessive e tempistiche fin troppo dilatate a cui avrebbero giovato maggiore asciuttezza.