Articolo pubblicato il 1 Giugno 2025 da Bruno Santini
In un momento storico di grande attenzione per la cultura argentina, determinata soprattutto dall’uscita su Netflix di L’Eternauta, la piattaforma di streaming Netflix si arricchisce di un nuovo contenuto che arriva direttamente dalle seconde (immaginiamo) o terze linee del paese; la regia è di Marcos Carnevale e il film di cui parliamo Il cuore lo sa (Corazòn delator). Con Benjamín Vicuna nei panni del protagonista e l’idea costante di ritrovarsi di fronte ad un film fatto di scarti di idee, cerchiamo di comprendere di seguito tutto ciò che non va in questo nuovo prodotto Netflix, attraverso la recensione di Il cuore lo sa.
Userò gli occhi del cuore per carpire i tuoi segreti
C’è una caratteristica comune nei prodotti Netflix che sembrano (e sono) immediatamente brutti fin dai loro primi secondi: abituati come siamo alla narrazione in medias res, tipica dei migliori romanzi classici della storia della letteratura, scopriamo attraverso questi lungometraggi un senso di post res, ovvero di racconto che non ha esattamente un inizio o un’introduzione, ma che dia l’idea di muovere i suoi passi da un qualcosa di già finito. Così è anche per Il cuore sa, che vede il nostro protagonista baldanzoso nei suoi movimenti da fondo campo, come un novello Sinner che viene preso da un attacco di cuore: scopriamo, successivamente, che il tennista modello è il presidente di una grandissima impresa edile, che è molto ricco, che ha allontanato qualsiasi affetto dalla sua vita e che ha in progetto la liberazione di un quartiere povero argentino, per la costruzione di una struttura di accoglienza.
Con brevi cenni di medical drama, che vede nell’operazione del trapianto di cuore il segno di un cambiamento nel “cuore” del protagonista, Juan Manuel cambia e decide di aiutare quella povera gente, innamorandosi della vedova dell’uomo di cui ha il cuore e avvicinandosi ad una comunità che fino a quel momento era stata soltanto parte del suo grande progetto. Tra andirivieni in autobus e furgone, con la percentuale di furti più alta di tutta la storia del cinema e con il progetto che cambia in virtù del buon cuore del protagonista, dopo che si scopre della sua vera identità, lo sfollamento del quartiere viene definitivamente rivoluzionato in potenziamento dell’intera zona, così da riqualificare le vite di tutti i poveri abitanti di un luogo non più povero.

La recensione di Il cuore lo sa: molto peggio di un attacco cardiaco
Lo citavamo precedentemente e acquisisce, non a caso, ancor più valore nell’osservare la recensione di Il cuore lo sa: in qualche modo, Boris aveva previsto tutto questo, ma soprattutto aveva saputo scandire la realizzazione di prodotti strutturalmente, narrativamente e ideologicamente pietosi, che costituiscono un errore fin da prima di giungere sullo schermo. Il cuore lo sa è un film brutto, e bisogna dirselo senza troppi mezzi termini: una scrittura fiacca, una messa in scena debole, un ritmo impietoso, un risultato noioso e la percezione costante di trovarsi di fronte ad un medical drama che non ha neanche la forza di essere tale. Il senso del tutto (il trapianto di cuore che cambia la persona, trasformandola da egoista miliardario a cui interessa soltanto il vil denaro a buon samaritano dei più deboli) è moralmente insufficiente, ma non è neanche questo il problema, considerando un senso totale di messa in scena che rende quanto si osserva così tanto orribile da essere peggiore di un attacco di cuore, scarso anche per gli amanti dei soli love drama da domenica pomeriggio.
È tutto totalmente scialbo e gretto, tanto da diventare moralmente sbagliato in alcuni elementi grossolani e superficiali: dall’assurdo numero di furti che Juan subisce, fino all’assenza totale di conflitto che – anche quando porterebbe ad un minimo cambiamento con la scoperta della vera identità dell’uomo – si risolve nello spazio di pochissimi minuti e qualche dissolvenza. Anche il comparto tecnico, che si limita a qualche raccordo elementare e ad alcune tracce fiacche di sottofondo, non è neanche in grado di reggere il paio con il senso narrativo dell’opera, che trova il suo unico vero pregio nel bell’accento argentino che si può ascoltare per 89 minuti. Siccome parliamo di film e di non audiolibri, però, delle cadenze possiamo farci realmente ben poco e Il cuore lo sa termina così come inizia: nel “mamma mia, la monnezza che ho fatto” di borisiana memoria.