Articolo pubblicato il 20 Maggio 2025 da Gabriele Maccauro
Presentato in anteprima in concorso al 78esimo Festival di Cannes, O Agente Secreto segna il ritorno dietro la macchina da presa del regista Kleber Mendonça Filho, sei anni dopo aver presentato proprio sulla Croisette il precedente Bacurau, vincitore del premio della giuria capitanata quell’anno da Alejandro González Iñárritu. Con protagonista Wagner Moura, il film è ambientato nel 1977 durante la dittatura militare in Brasile. A seguire, trama e recensione di O Agente Secreto.
La trama di O Agente Secreto, diretto da Kleber Mendonça Filho
Di ritorno sulla Croisette a sei anni dall’ultima volta, il regista brasiliano Kleber Mendonça Filho presenta in concorso al 78esimo Festival di Cannes O Agente Secreto, il suo ultimo lungometraggio. Prima di passare all’analisi e recensione del film però, due parole sulla sua trama, così da dare maggior contesto:
“Brasile, 1977. Marcelo, esperto di tecnologia sulla quarantina, è in fuga. Arriva a Recife durante la settimana di carnevale, sperando di ricongiungersi con il figlio, ma presto si rende conto che la città è ben lontana dall’essere il rifugio non violento che cerca”.

Wagner Moura in una scena di The Secret Agent, diretto da Kleber Mendonça Filho
La recensione di O Agente Secreto, presentato in anteprima a Cannes78
Di autori importanti, il cinema brasiliano ne ha sempre avuti: da Glauber Rocha a Héctor Babenco, il loro è sempre stato un cinema vivo e costantemente in evoluzione, ma oggi possiamo tranquillamente affermare che stia vivendo una vera e propria rinascita ed i festival cinematografici più importanti del mondo giocano un ruolo decisivo grazie alla loro cassa di risonanza e, spesso e volentieri, premiandoli. Karim Aïnouz è un habitué del Festival di Cannes, dove ha vinto Un Certain Regard con La Vita Invisibile di Eurídice Gusmão (2019) e dove ha presentato anche i successivi Firebrand (2023) e Motel Destino (2024), entrambi in concorso. Allo stesso tempo, lo scorso anno la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha assegnato il premio Osella per la miglior sceneggiatura a Io sono Ancora Qui di Walter Salles, grazie alla cui anteprima italiana è riuscito poi ad arrivare a vincere il primo Oscar per il film internazionale del paese, lui che era comunque già passato dalla Croisette con I Diari della Motocicletta (2004). Altro autore contemporaneo fondamentale è di certo Kleber Mendonça Filho, che a Cannes ha vinto il premio della giuria con Bacurau (2019) e che ritorna, in occasione della sua 78esima edizione, con O Agente Secreto.
Ciò che accomuna tutti questi autori è la voglia di raccontare, attraverso le proprie opere, passato e presente del loro popolo, eventi che hanno caratterizzato la storia del Brasile ma senza scadere nel banale o voler fare la morale ma anzi, mostrando semplicemente i fatti per quello che sono stati e raccontandoli attraverso gli occhi dei loro protagonisti, spesso e volentieri gente comune che si ritrova schiacciata da una realtà deludente, da un governo assente o silente e da una criminalità le cui origini si tenta sempre di approfondire perché, spesso e volentieri, hanno radici profonde e radicate nel passato del paese.
O Agente Secreto fa esattamente questo, narrando la storia di un uomo che fugge a Recife in cerca di rifugio, rendendosi però ben presto conto che non c’è via di fuga. Lì c’è suo figlio, un figlio con cui tenta costantemente di ricongiungersi ma che non potrà mai abbracciare e che diventerà esso stesso protagonista fornendo allo spettatore un ulteriore punto di vista, una nuova lettura legata sia sul Brasile che sul padre, il cui volto e la cui voce sta iniziando a dimenticare. Parole e immagini si fondono in un film che, pur non avendone la struttura, si trasforma così in documentario e documento di un popolo e di una società ricca di contraddizioni, un paese con cui i cittadini provano un legame viscerale ma da cui sentono di essere costantemente respinti. Il lavoro di Mendonça Filho è essenziale, non ci sono virtuosismi e si è fermamente convinti di ciò che si vuole raccontare nonostante la malinconia pervada ogni inquadratura, ricordando poi come solo conoscendo la propria storia e il proprio passato si può pensare di gettare le basi per un futuro che appare come utopico ma che non può non essere l’obiettivo del popolo brasiliano.