Articolo pubblicato il 17 Maggio 2025 da Gabriele Maccauro
Nonostante la breve carriera, Óliver Laxe è ormai un habitué del Festival di Cannes. A sei anni di distanza da O Que Arde e dopo aver vinto il premio FIPRESCI con Todos vosotros sois Capitanes (2010) e il Gran premio della Settimana della Critica con Mimosas (2016), Laxe debutta finalmente all’interno del concorso ufficiale della 78esima edizione del Festival di Cannes con Sirât, che vede come protagonista lo spagnolo Sergi López. Un film folle e atipico che dividerà di certo gli spettatori ma che merita assolutamente la visione. A seguire, trama e recensione di Sirât.
La trama di Sirât, diretto da Óliver Laxe
È uno delle nuove stelle nel firmamento di Cannes e, dopo aver presentato tutte le sue opere precedenti sulla Croisette – vincendo in due occasioni premi di grande rilievo – Óliver Laxe debutta finalmente all’interno del concorso ufficiale del 78esimo Festival di Cannes con Sirât. Ma di cosa parla? Prima di passare all’analisi e recensione del film, è bene spendere due parole sulla sua trama, per quanto sia estremamente semplice. Sirât racconta infatti il viaggio di Luis in cerca della figlia scomparsa all’interno dei deserti del Marocco meridionale, dove vengono organizzati dei rave. L’avventura lo porterà ad incontrare svariati personaggi che potrebbero aiutarlo a ritrovare la figlia, ma alcuni colpi di scena renderanno la missione quasi impossibile.

Sergi López in una scena di Sirât, diretto da Óliver Laxe
La recensione di Sirât, presentato in anteprima a Cannes78
Luis sta cercando sua figlia Mar. È scomparsa ma alcuni indizi sembrano suggerire che si trovi ad un rave. Questo evento si tiene però nel mezzo del deserto del Marocco meridionale e appena ne termina uno, un altro inizia in una zona differente, anche per via delle forze dell’ordine che cercano costantemente di sgomberare e cacciare tutti. Una sinossi a dir poco clamorosa, un’idea di base ridotta all’osso eppure estremamente efficace che rendono Sirât, senza troppi dubbi, uno dei titoli più interessanti del 78esimo Festival di Cannes. La sua presenza in concorso non sorprende però: Óliver Laxe è sì un regista giovane con all’attivo solamente tre film prima di questo, ma tutti i suoi lungometraggi sono stati presentati in sezioni del festival come Un Certain Regard e la Settimana della Critica, ricevendo anche riconoscimenti di grande valore. Un nuovo figlio di Cannes, un pupillo di Thierry Frémaux che si tiene ben stretto perché Laxe è, senza ombra di dubbio, uno dei maggiori registi giovani in circolazione.
Laxe riesce a rendere ritmata ed appassionante una storia dove i dialoghi sono totalmente superflui, annegati dal ritmo forsennato di una musica che esce potentissima dalle casse presenti in questo luogo che potremmo definire come un inferno, con un richiamo – che sia o meno voluto – a Devilman di Go Nagai, dove l’incredibile personaggio interpretato da Sergi López viene accompagnato da un gruppo di reietti cui il regista dona una sensibilità e soprattutto una dignità che poche volte si è vista altrove. Di opere del genere spesso si dice che non sono per tutti, ma questo è un falso mito: il cinema è e sarà sempre per tutti e una storia come quella di Sirât ne è la prova, perché racconta la disperata ricerca di una figlia e sorella da parte di padre e fratello, ma parla anche a quella fetta di spettatori che ritrovano nel cinema una scappatoia dalla realtà, così come i suoi personaggi la trovano nella musica, trattando tematiche come l’isolamento e la paura di non essere mai all’altezza che colpiscono un numero di persone ben maggiore di quanto si possa pensare.
Sirât è un viaggio all’inferno e come tale quasi irraggiungibile, impensabile, per cui si lasciano quasi sempre da parte i dialoghi per dar spazio alle immagini, alle volte surreali alle volte estremamente radicate nel nostro mondo – un po’ come accaduto con il precedente O Que Arde – giocando dunque su cosa sia reale e cosa meno, lasciando che la musica travolga lo spettatore così come travolge i suoi personaggi e chiedendo loro di non farsi troppe domande e lasciarsi trascinare. Sirât permette così a Laxe di fare un altro passo avanti nella sua breve ma già formidabile filmografia, manifestando una maturità e chiarezza d’intenti favolosa. Non sorprenderebbe dunque vederlo andare a premi, con la speranza – ma non abbiamo troppi dubbi – che egli continui sempre a seguire la propria via, perché qui siamo di fronte ad un regista più unico che raro.