Articolo pubblicato il 15 Maggio 2025 da Gabriele Maccauro
Presentato in anteprima fuori concorso al 78esimo Festival di Cannes, Mission: Impossible – The Final Reckoning è l’ottavo titolo della saga con protagonista Ethan Hunt ed il quarto diretto dallo statunitense Christopher McQuarrie. Con un cast capitanato dall’uomo simbolo Tom Cruise e che vede la partecipazione di volti noti agli amanti della saga come Hayley Hatwell, Simon Pegg e Ving Rhames, il film è costato quasi 400 milioni di dollari ed è senza dubbio uno dei maggior blockbuster di questa annata cinematografica. Dopo la sua anteprima mondiale del 14 maggio, il film arriva nelle sale italiane a partire dal 22 maggio. A seguire, trama e recensione dell’ultimo capitolo di Mission: Impossible.
La trama di Mission: Impossible – The Final Reckoning, diretto da Christopher McQuarrie
Con un budget faraonico di quasi 400 milioni, arriva nelle sale italiane Mission: Impossible – The Final Reckoning, ottavo capitolo della saga con protagonista Tom Cruise/Ethan Hunt e che si appresta ad essere uno dei maggiori blockbuster dell’annata cinematografica. Presentato in anteprima fuori concorso al 78esimo Festival di Cannes, il film arriva in Italia grazie a Eagle Pictures a partire dal 22 maggio. Prima di passare alla sua analisi e recensione però, è bene spendere due parole sulla sua trama:
“Ethan e il suo team si trovano ad affrontare una nuova e pericolosa minaccia: devono rintracciare due chiavi che sbloccano un potente sistema di intelligenza artificiale, capace di causare disastri a livello mondiale, dai sabotaggi dei circuiti bancari internazionali al caos delle reti elettriche. A sfidarli in questa pericolosa corsa c’è Gabriel, un misterioso individuo legato al passato di Ethan, anche lui alla ricerca delle chiavi e la cosiddetta Entità. Tra avventure in cielo ed acqua, riuscità Ethan Hunt a salvare la situazione?”.

Tom Cruise in una scena di Mission: Impossible – The Final Reckoning, diretto da Christopher McQuarrie
La recensione di Mission: Impossible – The Final Reckoning, presentato in anteprima a Cannes78
Onnipresente, onnipotente, immortale. Che la saga di Mission: Impossible sia sempre stata affare di Tom Cruise è cosa nota, sin da quando, insieme a Brian De Palma, diede il via ad uno dei franchise più importanti e remunerativi nella storia del cinema nell’ormai lontano 1996 ma la musica, negli ultimi anni, è leggermente cambiata. Per quanto sia sempre stato protagonista assoluto, Cruise è sempre stato protagonista di una storia che veniva comunque prima di lui e che aveva, soprattutto, un’idea di regia e messa in scena precisa. Da Rogue Nation, con l’avvento di Christopher McQuarrie, le cose sono cambiate e Cruise ha come trasceso il suo stesso ruolo e, diciamocelo, la sua stessa figura, che negli anni ha vissuto enormi alti e bassi ma che lo ha visto, in fin dei conti, come uno dei rarissimi casi di star hollywoodiana in grado di stare sulla cresta dell’onda per quasi tutta la propria carriera.
Tom Cruise è Ethan Hunt e Ethan Hunt è Tom Cruise. È sempre stato così e con Mission: Impossible – The Final Reckoning, la megalomania di un uomo al tempo stesso così comune e così straordinario ha portato a riscrivere le regole dell’intrattenimento: in questo film Cruise è Hunt, ma è anche Han Solo e Indiana Jones: un mix imperfetto del meglio che il cinema d’intrattenimento statunitense ci ha regalato nelle ultime decadi. Eppure, anche questo non era abbastanza. Serviva di più e serviva più grande e questo ha portato inevitabilmente a perdere di vista l’obiettivo ultimo, ovvero raccontare una storia. The Final Reckoning alterna spiegoni infiniti per ricordare allo spettatore qual è la minaccia e come la si può combattere con un gergo sempre tecnico e mai davvero comprensibile a non più molteplici scene di azione calibrate e pertinenti, ma sostanzialmente a due grandi momenti che, più che azione, mostrano quanto Cruise sia bravo a lavorare senza stuntman, buttando nelle profondità del mare o aggrappandosi ad un aereo in volo. Quell’azione di cui parlavamo e che ha contraddistinto i primi capitoli della serie è relegata a pochi momenti, tralasciandone l’importanza e rendendoli i peggiori della saga.
È Tom Cruise a decidere cosa si fa e quando lo si fa e, nel momento in cui si tratta di vita o di morte, un po’ come successo in Top Gun: Maverick, pensate davvero che possa scegliere di togliersi la vita? Non c’è dunque nulla di finale in questo Final Reckoning e quella paura per le l’intelligenza artificiale e per la veloce ed inesorabile crescita di nuove tecnologie paventata in Dead Reckoning è andata sotto al tappeto, nascosta, dimenticata, tralasciando così ogni ambizione socio-politica e riportando l’attenzione su l’unico ed inimitabile. Mission: Impossible ha però nel proprio nome la propria fortuna e riesce, nonostante questa moltitudine di problemi, a divertire, intrattenere e rendere l’esperienza cinematografica, di nuovo, collettiva, cosa sempre più rara di questi tempi.