Distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 25 gennaio 2025 mentre in quelle italiane a partire dal 8 maggio dello stesso anno, grazie al contributo di Eagle Pictures. Il regista premio Oscar Mel Gibson (La passione di Cristo) torna dietro la macchina da presa a nove anni di distanza dal suo ultimo lavoro, dirigendo un thriller con protagonista Mark Wahlberg (Tutti i soldi del mondo). Ma qual è il risultato di Flight Risk – Trappola ad alta quota? Di seguito la recensione e la trama ufficiale del film.
La trama di Flight Risk – Trappola ad alta quota, il film di Mel Gibson
La pellicola è prodotta da Hammerstone Studios, in collaborazione con Davis Entertainment mentre della distribuzione su suolo americano se n’è occupata Lionsgate; invece la sceneggiatura è firmata da Jared Rosenberg. Ma di cosa parla Flight Risk – Trappola ad alta quota? Di seguito la trama ufficiale del film diretto da Mel Gibson:
“Winston, ex-contabile della potente famiglia criminale dei Moretti, si è rifugiato al motel Igloo in Alaska dopo essere diventato informatore di giustizia. Lì viene rintracciato e arrestato dal maresciallo dell’aeronautica Madolyn Harris che viene incaricata di scortarlo da Anchorage a New York per farlo testimoniare contro i suoi ex-datori di lavori. Noleggia così un piccolo aereo per arrivare a destinazione pilotato da Daryl Booth, un texano residente in Alaska che si fa notare per il suo comportamento sopra le righe.”

La recensione di Flight Risk – Trappola ad alta quota, con Mark Wahlberg
A nove anni dal suo ultimo lungometraggio da regista, Mel Gibson si ripresenta dietro la macchina da presa realizzando un thriller ambientato in una sola location, ruotando tutt’attorno a tre personaggi in una corsa o, meglio, in un volo, per la sopravvivenza, nelle alte quote dell’Alaska. Un film che si presenta quasi fin da subito sopra le righe, dove la scelta è caduta sul confezionare un prodotto per nulla impegnato, quasi sorprendente se si guarda indietro alla filmografia del premio Oscar in questione; alla suspence si aggiunge un tono a dir poco demenziale, mischiato alla violenza efferata, in cui si esalta il sadismo dell’antagonista, interpretato da Mark Wahlberg, capace sicuramente di farsi ricordare per una fintissima stempiatura, tra l’altro ben inquadrata più volte in primo piano, giusto per farla notare.
Man mano la vicenda prosegue, Daryl fa emergere il suo desiderio di violenza e il suo gusto per fare del male e nell’essere colpito, andando ben aldilà del semplice tornaconto economico dell’attività del sicario, una caratterizzazione fin troppo simile al fin troppo copiato Joker di Heath Ledger nel celebre Il cavaliere oscuro (2008) di Christopher Nolan, godendo nel provocare chi si trova dinanzi a lui. Flight Risk è uno schema ripetitivo: alla colluttazione segue il momentaneo KO dell’antagonista, a cui seguono conversazioni telefoniche di diverso tipo, per poi arrivare al risveglio e di conseguenza ad un’altra colluttazione e così via fino alla fine; un canovaccio stancante già da subito, dove montaggio e movimenti di macchina si dimostrano caotici e confusi, trasmettendo poca credibilità del senso del pericolo.
La piattezza della messa in scena però non è sufficiente, poiché è proprio il tono sguaiato della pellicola a rendere tutto alquanto fastidioso e pedante, principalmente a causa di Winston, vincitore, qualora mai esistesse, del premio al non protagonista più insopportabile dell’anno in un film, reso estremamente logorroico nel tentativo ignobile di aggiungere la componente screwball comedy, tramite un linguaggio fortemente scurrile, senza però avere dei personaggi all’altezza, anzi, si desidera la loro dipartita nel più breve tempo possibile. Ma oltre alla missione da compiere, la protagonista, dal volto di Michelle Dockery, riesce nell’impresa di risolvere un pericoloso mistero nella maniera più frettolosa possibile, nonostante il goffo tentativo di depistaggio, giusto per allungare il brodo alla fine e aggiungerci un’ultima sequenza d’azione, come se non bastasse il fracassone atterraggio, in cui si palesano i pochi ma scarsi effetti visivi.
In queste occasioni, si chiosa con la classica battuta: «È stato realizzato per pagare le bollette»; ed in effetti, non vi è modo migliore per rendere l’idea sulla natura della produzione del lungometraggio in questione, senza ovviamente colpevolizzare i cosiddetti popcorn movie, tutt’altro, peccato però che pure stavolta la leggerezza faccia rima con scarsezza, non avvicinandosi nemmeno lontanamente all’idea del fornire piacevole intrattenimento o svago divertente.