Cerca
Close this search box.

A Fidai Film di Kamal Aljafari è pura resistenza palestinese attraverso l’immagine

Presentato in anteprima al Pesaro Film Festival, A Fidai Film è un’opera di Kamal Aljafari che mostra filmati e immagini palestinesi che erano state saccheggiate dall’esercito israeliano.
A Fidai Film di Kamal Aljafari è pura resistenza palestinese attraverso l'immagine

Produzione di Palestina, Germania, Qatar e Arabia Saudita per A Fidai Film, l’ultimo film scritto, diretto, prodotto e montato da Kamal Aljafari. Presentato in anteprima italiana nel contesto del 60esimo Pesaro Film Festival, il film in questione rappresenta l’unione tra elementi di archivio che sono stati sottratti dalla memoria del popolo palestinese in occasione dell’invasione di Beirut, nel 1982, e che sono – in parte – stati recuperati da parte del cineasta, in un’opera di estremo sabotaggio e resistente che appare tremendamente attuale, oltre che necessaria per la storia del cinema contemporaneo.

La trama di A Fidai Film: che cosa mostrano le immagini del lungometraggio di Kamal Aljafari?

Non si può offrire una recensione di A Fidai Film prescindendo dalla sua trama e dal senso di quelle immagini che sono presenti nel lungometraggio di Kamal Aljafari. Immagini, filmati e tracce storiche dell’intera storia palestinese sono state costantemente saccheggiate dall’esercito israeliano, che – a partire dal 1948 – ha messo in atto non soltanto un programma di annientamento militare del paese, ma anche di annichilimento culturale, storico e immaginifico della Palestina stessa. Un programma di cancellazione costante, che ha portato ad eliminare qualsiasi riferimento culturale a cui ogni palestinese potesse appellarsi e che nel 1982, anno dell’invasione di Beirut da parte dell’esercito israeliano, ha trovato il suo massimo esempio, con la distruzione del Palestinian Research Centre e con il saccheggio di qualsiasi possibile materiale in esso contenuto. L’opera di Kamal Aljafari rappresenta un disperato tentativo di resistenza e riconquista, attraverso un sabotaggio di quel materiale schedato da Israele e riportando all’attenzione del mondo quell’intera storia palestinese che voleva essere cancellata.

La recensione di A Fidai Film: un tentativo di estremo di resistenza attraverso l’immagine

Il 2024 è l’anno in cui, in Italia, è stato distribuito al cinema La Zona d’Interesse, quello che – senza troppa ipocrisia – può essere considerato già come uno dei film più importanti del XXI secolo e a cui è legato il discorso di Jonathan Glazer che, nel ritirare il suo premio agli Oscar, dichiarava, attirando non poche polemiche: «Il nostro film mostra dove porta la disumanizzazione nella sua forma peggiore. Siamo qui come persone che rifiutano il fatto che la loro ebraicità e l’Olocausto vengano strumentalizzati da un’occupazione che ha portato al conflitto così tante persone innocenti. Che siano le vittime del 7 ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza, di fronte a tutte le vittime di questa disumanizzazione, come possiamo fare a opporre resistenza?».

Inevitabilmente, il momento storico attuale prevede che le forme di cinema possano essere orientate – o selezionate, perché no – verso una certa consapevolezza ideologica che, nella forma di conflitto Israele-Palestina, vada oltre la semplice faziosità, ritenendo fondamentale un discorso altro che La Zona d’Interesse aveva saputo portare sullo schermo, non avendo mai la pretesa di soffermarsi solo ed esclusivamente su quanto fosse avvenuto durante la seconda guerra mondiale. A distanza di pochi mesi, avere la possibilità di osservare A Fidai Film rappresenta la perfetta chiusura del cerchio; “fidai” è il singolare di “fadayn”, termine che letteralmente potremmo tradurre come “devoto” ma che, nel corso della storia, ha assunto un connotato ulteriore, indicando quei gruppi militanti che si battono per l’estrema difesa del mondo arabo, attraverso un’estrema volontà di sacrificio che talvolta ha spinto anche al suicidio. È, in effetti, estrema militanza quella che Kamal Aljafari propone all’interno del suo film, in cui l’immagine (ri)vive per riportare, alla memoria collettiva, la storia di un popolo che viene annientato non solo dal punto di vista militare, ma anche e soprattutto nella sua intera definizione storico-sociale: l’occupazione e l’assedio israeliani, che in una prospettiva diacronica del film vengono fatti partire dal 1948, ha portato ad un preciso programma di annientamento della Palestina nella sua dimensione storica, culturale, sociale e ideologica. Un programma che ha assunto, come suo elemento cardine, l’assoggettamento del palestinese in quanto nemico: in quanto tale, ogni elemento prodotto dall’uomo palestinese è un elemento da controllare, schedare ed eliminare, attraverso una vera e propria declinazione di eugenetica esistenziale che va oltre l’uomo e che inizia a soffermarsi sulle tracce della sua esistenza.

Il ritrovamento di un intero archivio che era stato schedato da Israele offre la possibilità di portare, sullo schermo, filmati che mostrano parte dell’occupazione di Beirut del 1982. È l’estrema forma del racconto per immagini, che non ha bisogno di essere filtrato attraverso la parola e che, allontanandosi da qualsiasi perversa forma di destrutturazione, restituisce allo sguardo la verità di cui il cinema ha la necessità di parlare. Quello di A Fidai Film è un linguaggio che non cede a compromessi, che non accetta distorsioni e che permette di rendere vivo il corpo morto, oltre tempo e luogo.

Militanza e sabotaggio con il colore rosso

Nei 78 minuti totali del suo documentario, Kamal Aljafari compie probabilmente l’azione più importante che possa essere osservata nell’ambito del cinema contemporaneo: la censura di tutte le note identificative, i loghi e le annotazioni che dimostrano l’utilizzo del materiale – saccheggiato al Palestinian Research Centre – da parte dell’esercito israeliano, in un’estrema opera di sabotaggio e riappropriazione che, non a caso, si serve proprio del colore rosso. Con un’intuizione che era stata propria anche di La Zona d’Interesse di Jonathan Glazer (l’utilizzo del negativo e dell’infrarosso per ridare vita ad un corpo organicamente morto), Aljafari colora di rosso le figure umane che rappresenta nelle sue riprese, offrendo una vitalità a quei corpi che attraversano la storia e che si pongono al di sopra di essa, per mezzo di una ridefizione dei piani temporali che supera il tempo. Il rosso, che era stato anche il colore in grado di sfidare il bianco e nero di Schinder’s List e che richiama la bandiera palestinese, rappresenta allora l’elemento a-temporale e a-spaziale di A Fidai Film, un prodotto che si pone al di sopra di ogni epoca e che sa restituire, alla Palestina, se stessa.

0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Locandina recensione A Fidai Film
A Fidai Film
A Fidai Film

Si tratta di un film che dà voce alla resistenza palestinese durante l'invasione di Beirut nel 1982, e avvalendosi dell'aiuto delle sole immagini.

Voto del redattore:

10 / 10

Data di rilascio:

19/06/2024

Regia:

Kamal Aljafari

Cast:
Genere:

Documentario

PRO

L’intero progetto di resistenza attraverso l’immagine
L’utilizzo diacronico del colore rosso
Nessuno