Articolo pubblicato il 21 Aprile 2024 da Giovanni Urgnani
Presentato in anteprima alla venticinquesima edizione del Far East Film Festival di Udine, distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 30 aprile 2024. Ma qual è il risultato di Come fratelli – Abang e Adik? Di seguito la trama ufficiale e la recensione del film di Lay Jing Ong, all’esordio dietro la macchina da presa.
La trama di Come fratelli – Abang e Adik, il film di Lay Jing Ong
Di seguito la trama ufficiale di Come fratelli – Abang e Adik, diretto da Lay Jing Ong:
“I sobborghi di Kuala Lumpur sono microcosmi popolosi, ricchi di colori e storie spesso dure e tragiche ma con un soffio vitale di speranza. Questa è una di quelle storie: Abang è un ragazzo muto senza documenti d’identità che gli diano la possibilità di un lavoro legale; accetta il suo destino a differenza del fratello minore Adik, che ha un aggressivo desiderio di riscatto. Un incidente sconvolge l’equilibrio del loro rapporto.”

La recensione di Come fratelli – Abang e Adik, presentato al Far East Film Festival
Per mostrare al meglio e in modo diretto la contraddizione di una società non c’è immagine migliore di una metropoli, in cui al suon interno centro e periferia sono ben distinte. Due facce così diverse che quasi non sembrano appartenere alla stessa realtà tant’è il dislivello separatore dei due microcosmi; al suo esordio cinematografico dietro la macchina da presa, Jing Ong sceglie d’inquadrare Kuala Lumpur, capitale della Malesia, mostrando agli occhi dello spettatore il contesto della vicenda. Due sono anche i protagonisti: una coppia inseparabile da ormai una vita, uniti nella precarietà ma divisi nel modo di affrontarla; nei personaggi di Abang e Adik si incarnano due forze insite nell’essere umano, con il primo avente una caratterizzazione responsabile, deciso a marciare sulla via della legalità, mettendosi al servizio di chi vuole bene, mentre al secondo appartiene un’anima ribelle, scapestrata e vulnerabile, pronta a rifugiarsi nella via del malaffare, per raggiungere quel benessere economico tanto agognato e visto solamente dal buco della serratura.
Intreccio capace di sviluppare coevemente sia il rapporto personale tra i due sia il loro difficile ruolo all’interno della comunità cittadina, peccando di un ritmo eccessivamente lento in determinati fronti, portando di conseguenza ad una percezione della durata maggiore dei centoventi minuti effettivi totali; nonostante ciò, per essere un’opera prima, il regista ha ben chiara la direzione da seguire e quale tipo di discorsi intende imbastire. Ad esempio, è evidente la forte critica alla Stato e alle sue istituzioni: presenti ed attive quando c’è da reprimere, punire e perseguire ma all’opposto si dimostrano assenti e pigri quando occorre andare incontro ai cittadini più bisognosi o quando si tratta di accogliere chi viene da fuori in cerca di opportunità.
Nella relazione tra Abang e Adik invece, si evidenzia sotto la lente d’ingrandimento quanto un legame così sincero, a conti fatti risulti persino nocivo, poiché Adik non riesce a prendersi sulle spalle la propria vita finché rimane sotto l’ala protettiva e accudente del “fratello maggiore”; perciò a volte, per il bene altrui, è necessario farsi da parte una volta per tutte, una scelta difficile e sofferta, ma inevitabile per consentire la crescita e la responsabilizzazione dell’altra persona.
Nel terzo atto ci si concentra molto sull’aspetto emotivo, pigiando con forza sul tasto della commozione, per certi versi anche troppo, sacrificando determinate conseguenze narrative, suggerite dalla stessa pellicola, colpevolmente dimenticate, poiché avrebbero messo in scena le naturali conseguenze dell’ambiente malavitoso; il privilegiare i sentimenti dei personaggi comunque permette di mandare un messaggio importante e mai banale: avere a fianco qualcuno che ti vuole bene veramente vale di più di qualsiasi benessere, di qualsiasi ricchezza o posizione economica agiata e che non è così stupido guadagnarsi da vivere in maniera onesta.