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Soul è il miglior film Disney Pixar degli ultimi anni

Soul è un film d’animazione del 2020, diretto da Pete Docter e Kemp Powers. Questo lungometraggio della Pixar è stato distribuito per la prima volta al cinema in Italia l’11 aprile 2024: qual è il nostro giudizio? Di seguito la recensione.

Soul è un film d’animazione del 2020, diretto da Pete Docter (Up) e co-diretto da Kemp Powers (Spider-Man: Across the Spider-Verse), distribuito direttamente sulla piattaforma streaming di Disney+. Successivamente è stata anche presa la scelta di distribuire il 23esimo lungometraggio della Disney Pixar al cinema, e infatti in Italia è arrivato nelle sale l’11 aprile 2024. Vincitore del premio Oscar per il Miglior Film d’Animazione nel 2021, Soul ha riscosso un grande successo di critica e di pubblico: ma di cosa parla? Di seguito la trama e la recensione.

La trama di Soul, film Disney Pixar di Pete Docter e Kemp Powers

Nel film d’animazione Disney Pixar, il protagonista Joe Gardner vive un’esperienza fuori da ogni schema e apprende qualcosa di essenziale sulla vita. Ma nello specifico di cosa parla Soul? La trama:

Joe Gardner (voce di Jamie Foxx), insegnante di musica in una scuola media, desidera suonare nel famoso jazz club di New York The Blue Note. Joe perderà la vita mettendo involontariamente il piede sbagliato in una grata fognaria aperta, ma la morte non rappresenterà davvero la fine per lui. Quando l’anima di Joe lascia il suo corpo, capisce la situazione e cerca di sottrarsi all’ingresso definitivo nell’Altromondo, così inizia un nuovo sorprendente viaggio in un regno cosmico che rappresenta esattamente ciò che c’è prima della vita. Nell’Antemondo non si potrà far a meno di ammirare il Seminario “You”, dove vengono create e perfezionate le anime degli esseri viventi. Qui Joe incontra un’anima smarrita, ossia 22, e grazie al suo aiuto ritroverà la strada verso la Terra, ma nel corpo sbagliato.

La recensione di Soul: perché è uno dei migliori film Disney Pixar degli ultimi anni?

Soul è il film d’animazione Disney Pixar più recente che è rimasto impresso nella mente degli spettatori, anche perché colpiscono il character design dei personaggi, la trasposizione in concept art e in fotorealismo. La qualità estetica del 23esimo lungometraggio Pixar non è in discussione, anzi, è talmente stimolante da rendere l’esperienza di fruizione davvero sensoriale, e da questo punto di vista si tratta di uno dei picchi massimi nell’intera storia dello studio. La cultura afroamericana viene inglobata nella narrazione sia perché si è optato per raccontare la storia di un insegnante di musica appassionato di jazz, sia perché quest’ultimo rappresenta a tutti gli effetti un espediente per dare un ritmo rapidissimo al film. La struttura di Soul può apparire in un primo momento alquanto lineare e in un certo senso derivativa, eppure la sua potenza immaginifica è finalizzata alla destrutturazione degli eventi in seguito alla loro presentazione. Dunque, ecco che le informazioni vengono fornite velocemente, assorbite, e poi rielaborate per creare con costanza qualcosa di nuovo; si tratta esattamente della stessa vena artistica che contraddistingue l’entusiasmo e l’eleganza del jazz.

Se si pensa al titolo del film, Soul non è soltanto un riferimento all’anima e al regno cosmico posto come uno scenario che ricorda l’Iperuranio, bensì richiama l’omonimo genere musicale che racchiude in sé una storia centenaria formata da diversi stili come il blues e il jazz, per l’appunto, ma anche il gospel, lo swing e l’R&B. Ciò si riflette in vari strati del film, unendo semanticamente i molteplici aspetti esistenziali e filosofici che trasmette il film di Pete Docter e Kemp Powers, dal colore blu dell’Antemondo fino ai colori più caldi presenti sulla Terra, passando per le astratte sensazioni provate da Joe Gardner riguardo la sua passione/ossessione per il jazz. D’altronde, la malinconia propria del blues permea complessivamente il racconto, talvolta viene sottolineata, in altre occasioni resta sullo sfondo, e così 22 ha un forte pregiudizio nei confronti del “mondo dei vivi” per cui evita la nascita, mentre Joe non ha intenzione di abbandonare casa ed evita la morte. L’insoddisfazione per la propria esistenza, la paura stessa di vivere, la mania di raggiungere un obiettivo e tanti altri elementi appartenenti all’umanità vengono qui affrontati con grande maturità, come mai forse non si era visto fare in un film Disney Pixar. Infatti, Soul risulta essere non soltanto uno dei migliori titoli d’animazione rilasciati negli ultimi anni dal famoso studio, ma è un prodotto in grado di distaccarsi da alcuni topoi da sempre presenti nella Pixar.

L’eccellenza qualitativa di Soul sta nella capacità – ancora una volta – di Pete Docter di scavare nei meandri psicologici delle persone tramite i personaggi dei suoi film; prima in Up (2009), poi in Inside Out (2015), le emozioni e il rapporto instillato tra queste ultime e gli esseri viventi ha diverse sfumature, perciò il regista ne sta mostrando la centralità nell’esistenza. In aggiunta, Kemp Powers contribuisce prima di tutto a fondare con estro la pluralità dei mondi presenti nel film, e poi scrive (anche insieme a Mike Jones) dei personaggi a dir poco memorabili, fattore non scontato per quello che è il percorso recente della Pixar. L’anima millenaria definitiva con il numero 22 è l’esempio più triste, ma allo stesso tempo paradossalmente divertente, di negazione della vita: la paura di fallire e di non poter trarre soddisfazione tramite quello che esistere implica può generare ansia, depressione, angoscia. I medesimi sentimenti possono però presentarsi quando si basa la propria esistenza su una sola passione, oggetto o persona, da cui poi deriva l’ossessione. In tal caso, Joe incarna idealmente quello che accade a chi rinnega qualunque contatto sociale, evento o situazione pur di seguire in maniera lineare un pensiero fisso, tant’è che si chiude in se stesso, muore per una banale distrazione data dalla sua frenesia, e infine cerca di tornare sulla Terra a qualunque costo agendo con fare egoistico.

Dal connubio dei due protagonisti non può che nascere una collaborazione interessata soltanto a finalizzare i rispettivi scopi, e di fatto non c’è alcun progresso nella loro relazione, la quale resta per quasi tutto il film bidimensionale: maestro-allieva. L’incidente che trasferisce le due anime in due corpi sbagliati è invece l’espediente per far sì che possano apprendere una lezione essenziale riguardo il carpe diem nella vita, la possibilità unica di cogliere l’attimo per godersi i singoli momenti che si presentano nel corso del tempo. La comunicazione tra i personaggi e l’esperienza provata sulla loro (non proprio) pelle contribuiscono al raggiungimento di una nuova consapevolezza, e in termini cinematografici ciò avviene attraverso una messa in scena esaltante, sia per il valore estetico di cui si è già parlato che per la genuina “schizofrenia” del racconto. Quello che più conta in Soul è la manifestazione delle sfumature con cui gli esseri umani scandiscono la loro esistenza, perciò stilizzare le figure per creare delle entità circoscritte nell’Antemondo, in contrapposizione al fascio di luce bianca che sembra non avere limiti per l’ingresso all’Altromondo, esprime questo concetto intangibile in maniera tangibile. Parallelamente lavora per lo stesso scopo la splendida colonna sonora originale formata dalla musica elettronica del duo Reznor-Ross e dal jazz di Jon Batiste, dando origine ad un’esperienza sensoriale ancor più immersiva per gli spettatori.

Recensione Soul film Pixar 2020

Soul è un film maturo, profondo e originale

A differenza di altri titoli Pixar, Soul resta fruibile da chiunque perché ogni persona appartenente a una precisa fascia d’età può vederci una chiave di lettura diversa. I bambini restano stupiti e vengono catturati da un ritmo narrativo così forsennato, ma possono anche ridere per l’infallibile comicità scaturita dagli equivoci, mentre gli adulti non fanno altro che immedesimarsi ripensando alla loro vita riflettendoci su, e persino loro possono ridere grazie all’ironia acuta presente in più sequenze. Quando un prodotto audiovisivo riesce a centrare più target in un modo così avvolgente e multifunzionale non resta altro che riconoscerne i numerosi pregi, anche se avrebbe potuto avere una durata superiore a quella scelta – pari a circa 90 minuti esclusi i titoli di coda – così da rallentare durante il cruciale finale.

Soul appare originale perché nell’epoca del postmoderno è sicuramente complesso inventare da zero, ma si ha l’opportunità di mescolare influenze, idee e argomenti con uno stile peculiare. Ad esempio, le anime divorate dall’ossessione prendono la forma di mostri di sabbia come se si stesse assistendo ad un film di Hayao Miyazaki (La città incantata, Principessa Mononoke su tutti), mentre sarebbe superfluo citare i numerosi film in cui si esplora il confine tra la vita e la morte mettendo in comunicazione più mondi o regni cosmici. In Soul tutti questi elementi formano un agglomerato altamente creativo nell’atto di rielaborazione, specie perché lo sguardo analitico rivolto alla società contemporanea appare fedelissimo: in un’epoca caratterizzata dall’abbondanza – forse eccessiva – di stimoli non ci si ferma mai, e si tende a passare da un pensiero fisso all’altro con troppa rigidità perdendo di vista il focus.

Il bello è quando invece si percepisce l’essenza dell’esistenza, ecco perché il finale del film riesce a commuovere senza alcuna retorica; non a caso, si passa dal blu della malinconia ai calori caldi delle ultime scene. Soul quindi se la rischia, fuoriesce dai confini Pixar e restituisce al pubblico dei personaggi incredibilmente umani sia nei pregi che soprattutto nei difetti, con un finale necessariamente consolatorio che rompe la continuità emotiva inserita nei titoli precedenti, primo su tutti Coco (2017). Infatti, si tratta di un approccio completamente diverso alla stessa materia, e non per forza c’è un meglio e un peggio da tirar fuori in seguito al confronto, anzi, ognuno potrà osservare su di sé la propria personalissima impressione di entrambe le proposte. Tuttavia, per chi scrive Soul riesce miracolosamente a livellare a mettere sullo stesso piano la maturità di un racconto di finzione veicolato in un film d’animazione con quello inserito solitamente in un live action, fattore scontato magari per gli appassionati e per i cinefili, ma non per lo spettatore generalista che ancora definisce l’animazione un genere e ne ha una considerazione differente in confronto ai film recitati da attori in carne ed ossa.

4,5
Rated 4,5 out of 5
4,5 su 5 stelle (basato su 2 recensioni)
Recensione Soul film Pixar 2020
Soul
Soul

Joe Gardner è un appassionato di jazz e insegna musica a scuola, ma non è affatto soddisfatto della sua vita. In seguito ad un incidente perde la vita e si ritrova nel mondo delle anime, dove incontra 22. Per una serie di eventi bizzarri ed esistenziali entrambi riescono a tirare fuori il meglio di loro e apprendono una profonda lezione.

Voto del redattore:

9 / 10

Data di rilascio:

11/04/2024

Regia:

Pete Docter, Kemp Powers

Cast:

Jamie Foxx, Tina Fey, John Ratzenberger, Phylicia Rashad, Daveed Diggs, Questlove, Angela Bassett

Genere:

Drammatico, commedia, avventura

PRO

Il character design, la rappresentazione in concept art e in fotorealismo
Il ritmo da musica jazz (de)struttura il racconto
C’è una profonda maturità nella trattazione di temi filosofici ed esistenzialisti
Il film è perfettamente fruibile da chiunque
Si poteva spingere ancora di più prendendosi un maggior minutaggio nel finale