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Perché il format di LOL non funziona più

Giunti ormai alla quarta edizione di LOL possiamo dirlo senza ipocrisia: il format del reality show non funziona più e, qualora ne avesse mai avuto, ha perso tutto il suo smalto. Ma per quale motivo?
Perché il format di LOL non funziona più

10 concorrenti sono chiusi all’interno di una stanza in cui potranno esprimere tutto il proprio repertorio di comicità, battute, provocazioni, spettacoli o performance; l’imperativo è soltanto uno: non ridere. O meglio, non realizzare – in un primo momento – delle risate vistose che vengano penalizzate, mentre verso la fine del gioco si è impossibilitati anche a muovere un mezzo sorriso. Giunto alla sua quarta edizione (a cui vanno però aggiunti spin-off, talent show e chi più ne ha, più ne metta), LOL 4 dimostra una grande stanchezza in termini di scrittura e montaggio, con un risultato non esattamente lieto. Si può dire, senza alcuna ipocrisia, che il format di LOL non funziona più? Cerchiamo di comprenderne i motivi.

Il casting di LOL: un problema fin dalla prima edizione

Fin dalla prima edizione di LOL il casting di comici, attori, stand-up comedian e personaggi di spicco nel mondo dello spettacolo o degli influencer ha presentato dei fattori problematici: non riuscire ad amalgamare davvero i personaggi previsti all’interno del programma, con delle evidenti disparità che vengono a crearsi tra i “caratteri” e le “personalità” messe in campo. Un esempio molto rilevante: una delle due ammonizioni che Caterina Guzzanti ottenne nella prima edizione di LOL fu determinata dalla sua inattività nei confronti degli altri concorrenti; di fatto, l’obiettivo di non ridere è stato perseguito per tutte le 6 ore ma, comunque, da parte sua non c’è stata una vittoria. Stesso dicasi anche del caso di Diego Abatantuono – per cui l’eliminazione è stata, invece, quasi studiata a tavolino – che è apparso costantemente seduto, lontano, svogliato e con solo atteggiamento di scherno verso gli altri concorrenti. Certo è che prevedere i comportamenti di chi si esibisce nel programma non sia semplice, ma gestire un canovaccio di interazioni reciproche è un compito di scrittura, che in LOL manca totalmente.

Altra nota dolente è quella degli stand-up comedian e di tutti coloro che fondano il successo della comicità sulla mimica: personalità come il recente Edoardo Ferrario non troveranno mai terreno fertile, nonostante il suo secondo posto e quale guizzo notevole, in un programma che richiede ben altro tipo di interazione. Ripiegare, come anche nel caso dei travestimenti o delle performance, in momenti in cui bisogna “congelare” gli altri concorrenti per farne esibire uno, così da rintuzzare il suo successo nel programma, appare sfavorevole per due motivi: il primo è che rompe i tempi comici dell’interazione caotica e reciproca molti-molti del programma, al fine di creare un uno-molti che non è LOL, è semplicemente un micro-spettacolo; il secondo è che tradisce anche le aspettative del programma stesso, dove – teoricamente – tutti dovrebbero costruire il proprio spazio comico in maniera possibilmente equa, senza prevaricare l’altro: insomma, se ci si esibisse 5 ore su 6 (e nei fatti è avvenuto con Panariello sul finale, dove Ferrario non ha avuto possibilità di risposta alla comicità del toscano) si avrebbe più possibilità di vincere.

Ridere forzatamente, sempre, comunque

Che si tratti di un problema di montaggio o semplicemente di una richiesta degli autori, a LOL si ride: ride chi si trova dietro lo schermo, ovvero i conduttori Fedez e Frank Matano (quest’anno anche Lillo), ridono i concorrenti eliminati. Non c’è bisogno di essere esperti in psicologia per comprendere che questo controcampo, rispetto alla battuta o al momento comico – che può non essere riuscito, fa parte dello spettacolo -, è forzato e stancante dopo la prima o la seconda volta in cui lo si osserva. C’è l’impressione che si voglia comunicare necessariamente allo spettatore un successo che in realtà non esiste e che viene arricchito da intermezzi “costruiti” dal programma (ma questo verrà trattato nel terzo punto) e da risate vistose e abbondanti, che in qualche modo dovrebbero sublimare un qualcosa di riuscito che, però, riuscito non è. Insomma, perché LOL non funziona? Tendenzialmente, e forse soprattutto, perché lo spettatore potrebbe lasciarsi coinvolgere dal tentativo di non ridere – sfidando i concorrenti -, o forse potrebbe non ridere e basta, mentre di sottofondo si ritrova due o tre persone che spalancano la bocca e lasciano andare acuti forzati e ridondanti, con una cadenza quanto mai regolare.

Elementi di disturbo, anche per lo spettatore

Nell’edizione di LOL 4 c’è un solo elemento che funziona – e inavvertitamente, ma è il bello del programma – rispetto al canovaccio iniziale tradito: mentre Panariello sta per dire la sua barzelletta viene interrotto dalla musica: fa ridere, e ride Abatantuono. Fa ridere perché, così com’è posta, la battuta sarebbe “un uomo uccide un altro uomo”, dunque si sfiora il black humor e si ottiene il contrasto intelligente: LOL allora tenta di sovraccaricare questa formula e ripete ancora, ancora e ancora quello stesso elemento che – naturalmente – smette di far ridere e di interessare lo spettatore.

Tutti gli elementi di disturbo in LOL (dalle canzoni al ballo, passando per le trasmissioni pubblicitarie) avrebbero la possibilità di essere amalgamati al contesto, evitando di presentarli come tasti da premere e riducendo piuttosto il tutto ad una scrittura più intelligente di spazi e situazioni, in cui i concorrenti evitino di ridursi a pernacchie e inseguimenti e studino un piano – calibrato – in cui inserire anche balli e canto, ma non perché indotti da un allarme improvviso del programma. Anzi: osservare noccioline, patatine, palloni gonfiabili e pulsantiere colorate sembra quasi disturbare il senso grezzo del programma, riproponendo l’idea di un luna park futuristico che distrae lo spettatore e il concorrente, intento a rapportarsi a quella vastità cromatica e stilistica che viene condensata a tutto spiano nella stanza. Ancora una volta: il senso della comicità di LOL è spingere lo spettatore a chiedersi se può farcela anch’egli a non ridere per 6 ore, immergendosi in quel contesto ed evitando di vedere il suo flusso d’immedesimazione (o semplicemente di coinvolgimento) spezzato costantemente.

Quale risata segnaliamo?

Quante telecamere occorrono per rendersi conto che Maurizio Lastrico, in primo piano, ha riso almeno 3 volte nell’ultima edizione di LOL senza venir segnalato? Prima che questo sembri il gioco del “meritava persona x o y” cerchiamo di chiarire il punto: esistono risate ed esistono sorrisi, così come le inferenze di linguaggio mimico, secondo cui un sorriso accondiscendente (e Rocco Tanica è stato espulso venendo ammonito per due volte, a causa di questo motivo) non è equiparabile, neanche nelle intenzioni muscolari, ad una risata. Perché questa disparità? Il motivo potrebbe essere la scrittura del programma che vuole certi risultati ad un certo punto degli episodi, o forse un “due pesi e due misure” mai del tutto chiarito: anche in questo caso sarebbe possibile specificare cosa e cosa non fare, senza cambiare in corsa il format del programma – probabilmente anche Fedez che pronuncia “vado” ogni volta e ripropone il replay allo stesso modo è un problema di ritmo spezzato – ricercando risate là dove non ci sono. Lo spettatore, anche più generalista, ne gioverebbe alquanto.