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Ripley è il trionfo della tecnica e della forma su Netflix

Su Netflix ha fatto il suo esordio Ripley, una nuova serie televisiva diretta da Steven Zaillian (premio Oscar con Schinder’s List) e con Andrew Scott nei panni del protagonista. Ma con quale risultato?
Ripley è il trionfo della tecnica e della forma su Netflix (Recensione)

Distribuita direttamente in streaming sulla piattaforma di Netflix, dov’è stata accolta calorosamente da parte del pubblico grazie al suo attore protagonista – Andrew Scott – che ha certamente contribuito, Ripley è senz’altro, e a ragione, la serie del momento in streaming, oltre che la dimostrazione di quanto (qualora lo si voglia) forma e tecnica possono essere il giusto leitmotiv da perseguire. Per maggiori dettagli, seguono trama e recensione di Ripley, serie TV ideata e diretta da Steven Zaillian.

La trama di Ripley: di che parla la serie Netflix con Andrew Scott protagonista

Nell’offrire una recensione di Ripley, la nuova serie Netflix con Andrew Scott nei panni del protagonista, vale la pena tratteggiare innanzitutto la trama della stessa. Il protagonista è Tom Ripley, un uomo che vive a New York e i cui vicini di casa, nel suo stato di povertà, sono topi e persone malmesse: in questo contesto si reinventa tuttofare, falsario e acquisisce identità costantemente mutevoli per intascare denaro, quando viene ingaggiato per riportare a casa un uomo – Richard Greenleaf, detto Dickie – che vive ad Atrani, un piccolo paese vicino Napoli. Quando conoscerà la sua vita e gli agi ad essa connessi, Tom sarà sopraffatto da una volontà viscerale: uccidere Dickie e acquisirne l’identità.

La recensione di Ripley: ottima forma e tecnica al servizio di una serie più che riuscita

“Forma e sostanza”, cantavano i CSI capitanati da Giovanni Lindo Ferretti: un binomio spesso difficile da ritrovare nel mondo del cinema e della serialità, specie in quelle realtà dello streaming in cui si tende a privilegiare uno dei due elementi, in favore di una riduzione a modello dello spettatore di prodotti che mal si adattano ad una visione d’insieme. Forma e sostanza, ribadiamo, è quella che occorre per definire in tutto e per tutto Ripley, la nuova serie TV di Netflix che vede Andrew Scott protagonista; tanti sono gli elementi che fanno pensare ad un modello perfettamente pensato per lo spettatore: l’attore, che ormai è tra i personaggi del momento; lo sceneggiatore e ideatore Steven Zillian, premio Oscar per Schindler’s List e recentemente impegnato anche in The Irishman di Martin Scorsese; la materia di origine, che è stata portata sullo schermo in numerose occasioni; il personaggio di Tom Ripley, per definizione attrattivo e psicologicamente complesso, dunque immediatamente di facile presa.

Rendere la strada spianata, però, non è mai un difetto di per sé, a meno che non ci si adagi sugli allori creando un risultato che sia fiacco: così non è per Ripley che, conscio delle sue potenzialità e delle qualità da cui muove i propri passi, si protrae per otto interessantissimi episodi, che coinvolgono lo spettatore in un nuovo – e rinnovato – sguardo al noir e al thriller inventato da Patricia Highsmith. L’ambientazione italiana, una necessità che diventa punto di forza, dialoga perfettamente con la narrazione, proponendo un interessantissimo parallelo tra la vita di Tom Ripley e quella di Caravaggio: artisti “talentuosi”, ma oppressi, che si ritrovano all’interno di una realtà potenzialmente deviata che avrebbero intenzione di correggere. L’omicidio e la conseguente fuga, fattori comuni che vengono riportati all’attenzione del pubblico in numerose occasioni, rappresentano ulteriori punti di contatto per un’opera che prende a piene mani dalla cultura italiana – talvolta addirittura troppo ed estremizzando altrettanto – per restituire una visione d’insieme che contemporaneamente omaggia pittura, moda e fotografia.

A proposito di quest’ultima: il bianco e nero di Roger Elswit (premio Oscar di Il petroliere) sembra richiamare quei servizi fotografici di Dolce & Gabbana degli anni ’90 nel ricreare un’immagine complessiva assolutamente poetica – quasi onanistica – dell’Italia rappresentata: così come per i personaggi dell’opera, che immaginano un paese assolutamente fittizio, idealizzato e pregno di “dolce far niente”, anche la serie TV mette in primo piano qualcosa che Italia non è, rinunciando a delineare tratti sociali del territorio rappresentato e soffermandosi sulle canzoni di Mina, sulle opere presenti nei monumenti religiosi, su caffè sorseggiati al bar mentre si legge un giornale. Tutto sembra essere perfettamente confezionato al fine di ricreare un’ideale cartolina da spedire al pubblico, con degli evidenti pregi – la sceneggiatura che ricostruisce perfettamente il senso del thriller, le interpretazioni degli attori principali o quella dell’ispettore che si occupa del caso Freddie Miles – che contrastano i, seppur pochi, difetti: in alcuni punti sembra di osservare una caricatura di quell’italianità fatta di poliziotti facinorosi e di gesti interrogativi, mentre in altri si esagera (come nell’ultima puntata, col travestimento di Tom/Dickie) con la sospensione dell’incredulità.

Il tutto in un costante gioco di costruzione dell’inquietudine, resa soprattutto dal glaciale volto di Andrew Scott che sottolinea, in un passaggio particolarmente intelligente della sua carriera, quanto labile sia il confine tra la cattiveria e il sonno della ragione che genera mostri: non è più il Moriarty di Sherlock ma un personaggio molto più spietato e, contemporaneamente, raffinato, che agisce con metodo ma che compie i suoi passi falsi – schizzi lasciati in giro, telefono non scollegato da cui può essere rintracciato – e che, in fin dei conti, compie la sua grande opera non tanto grazie ad abilità furtive, quanto più per quell’incredibile capacità di non provare senso di colpa, tale da permettergli di fronteggiare ogni possibile interlocutore. Una serie, insomma, in cui la tecnica e la forma sono messe perfettamente al servizio dello spettatore, ricreando un universo già particolarmente tratteggiato nella storia del cinema ma che – in questo caso – rivive in una struttura notevolmente più ampia e definita.

4,0
Rated 4,0 out of 5
4,0 su 5 stelle (basato su 1 recensione)
Ripley
Ripley

Ripley è la nuova serie Netflix ideata, diretta e scritta da Steven Zaillian, con Andrew Scott nei panni del protagonista: costituisce l'adattamento di Il talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith.

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

04/04/2024

Regia:

Steven Zaillian

Cast:

Andrew Scott, Dakota Fanning, Johnny Flynn, Margherita Buy, John Malkovich

Genere:

Thriller, drammatico

PRO

La fotografia in bianco e nero di Roger Elswit
Le interpretazioni, tra cui spicca quella di Andrew Scott
La costruzione del thriller
Il parallelo tra la vita di Tom Ripley e quella di Caravaggio
Alcune idealizzazioni dell’Italia appaiono quasi caricaturali
In alcuni punti la sospensione dell’incredulità viene fin troppo sovraccaricata