Imaginary è un film horror diretto da Jeff Wadlow, regista già conosciuto nell’ambito per aver dato vita a progetti come Obbligo o verità (2018) e Fantasy Island (2020), e che pian piano sta cercando di trasmettere una propria idea autoriale pur non riuscendo mai davvero a lasciare il segno. Il nuovo horror prodotto dalla Blumhouse è stato distribuito nei cinema italiani a partire dal 14 marzo 2024: di seguito la trama e la recensione di Imaginary.
La trama di Imaginary, film horror targato Blumhouse
Imaginary è un nuovo progetto targato Blumhouse, casa di produzione che ha saputo regalare parecchie soddisfazioni agli amanti del genere horror. Ma di cosa parla il film? Segue la trama:
Si tratta della storia della piccola Alice (Pyper Braun), che dopo essersi trasferita nella casa d’infanzia della sua matrigna Jessica (DeWanda Wise), trova il suo orsacchiotto Teddy dal quale non si separa più. Inizialmente sembra essere tutto normale, Alice è particolarmente attaccata a Teddy e gioca con lui come farebbe qualsiasi bambina della sua età. Ma gradualmente, Jessica si rende conto che i giochi si fanno sempre più estremi e inquietanti. La bambina dice che è l’orsacchiotto a ordinarglielo, parla di lui come se fosse un amico immaginario che le suggerisce di fare cose pericolose e fuori dal suo controllo. La donna allarmata, decide di chiedere l’aiuto di una psicologa, la dottoressa Alana Soto (Veronica Falcón), e impedisce ad Alice di giocare con Teddy. Ma questo gesto avrà conseguenze inimmaginabili: è tutto vero o sono solo suggestioni?
La recensione di Imaginary, film horror diretto da Jeff Wadlow
La storia dell’horror è costellata da icone di ogni tipo, anche di bambole e oggetti inanimati che prendono vita in seguito a un fenomeno paranormale. Imaginary è un film che nelle intenzioni vorrebbe ricalcare il successo di alcuni titoli degli anni ’80, ovviamente La bambola assassina (1988) su tutti, lavorando sull’estetica e impregnando la narrazione di elementi appartenenti al fantasy. Tralasciando il triste fatto che nel 2024 ancora si vedano troppi film con una fotografia davvero poco curata, molto vicina al linguaggio televisivo e incomprensibilmente avulsa, il lungometraggio diretto da Jeff Wadlow e prodotto dalla Blumhouse presenta degli spunti interessanti senza portare a compimenti quanto prefissato. Le premesse riescono a catturare l’attenzione dello spettatore, mescolando archetipi appartenenti al genere – e ormai collaudati come prassi per cominciare un horror – a intuizioni semplici in grado di aumentare il pathos nei momenti clou.
La tensione infatti è ben gestita, anche grazie alla buona direzione degli attori, i quali vanno in overacting e ottengono inaspettatamente un discreto risultato in termini di creazione dell’atmosfera. Che si tratti di un lenzuolo coprente o di un sano jumpscare intento a preservare attivamente l’inquietudine trasmessa dagli eventi, Wadlow riesce a veicolare il senso del dramma vissuto dai suoi personaggi, intenti a combattere con i rispettivi traumi. Del resto, il cineasta ha già manifestato nei suoi precedenti lavori uno spiccato interesse per i turbamenti psicologici, costruendo un buon livello di ambiguità attorno ad essi. Quel che viene a mancare in Imaginary è invece la fondazione del mito, semplificando i processi a tal punto da generare confusione nello sviluppo del racconto; il meccanismo per cui si arriva dal punto A al punto B è vistosamente schematico, e ripete pedissequamente l’entrata in scena di Teddy senza che però l’orsetto venga visto muoversi. Inoltre, di frequente si nota un volto fuori fuoco alle spalle di Jessica, di Alice o dell’inatteso ospite di Taylor, ma non c’è mai una continuità argomentata.
La struttura di Imaginary ben presto crolla sui suoi pezzi, e come si evince dal titolo non è il misterioso orsetto il protagonista del film di Wadlow, bensì l’immaginazione infantile associata a delle forti emozioni quali rabbia, paura e tristezza. A nulla serve il richiamo la scenografia di Labyrinth – Dove tutto è possibile (1986) quando subentra il mondo immaginario, poiché si vedono soltanto scale, mattoni bianchi e neri e qualche porta sparsa qua e là: a mancare sono le creature magiche, il terrore e la fantasia in quanto tale. Per di più viene impiegato lo stesso pretesto narrativo di Coraline e la porta magica (2009), ma anche il famoso Altrove presente in Insidious (2010), senza però aggiungere alcun tocco di originalità. Proprio perché scarno di idee, la stop-motion poteva essere un valore aggiunto: la versione horror di Teddy è suggestiva, credibile, ma mai esplorata, e ci si chiede il perché. Quanto all’orsetto nella sua “versione giocattolo”, ha ben poco da dire e funge da mero espediente per presentare un qualcosa di maggiormente importante che però non viene valorizzato, come spiegato poc’anzi.
Il Teddy di Imaginary funziona nel film horror?
Per certi versi sì, il Teddy di Imaginary pur avendo in fin dei conti un ruolo marginale, da espediente, riesce a inquietare in alcune scene grazie ad una buona gestione della tensione. Tuttavia, è la controparte horror ad assentarsi quasi totalmente. L’orsetto giocattolo non si muove mai, e anche quando parla è una voce fuori campo, dunque non c’è espressività; la versione terrorizzante di Teddy è stata realizzata in stop-motion e funziona esteticamente, anche solo per l’intento di voler richiamare le atmosfere e l’impianto visivo tipico degli anni ’80. Purtroppo però non c’è effettivamente la costruzione del mito di Teddy, e l’orso resta semplicemente un orso che in un 102 minuti di film si vede anche troppo poco. Imaginary promette una fantasia che di fatto non ha, resta un’opera profondamente citazionista e per nulla peculiare, terminando il racconto senza che si sia protratto un reale approfondimento. L’aspetto migliore del film horror targato Blumhouse è lo snodo dei traumi dei personaggi, mentre i guizzi visivi non trovano continuità.