Articolo pubblicato il 12 Febbraio 2024 da Christian D’Avanzo
Particolarmente pubblicizzato su reti RAI, Califano è il nuovo biopic su cui il servizio pubblico ha puntato attraverso un’interpretazione – nei panni del protagonista – di Leo Gassman, al suo esordio cinematografo dopo aver intrapreso una carriera da cantante. Il film racconta della vita di Franco Califano, delle dissolutezze del cantautore, delle complicazioni della vita privata e delle vicende giudiziarie che l’hanno riguardato in vita; ma con quale risultato? Di seguito, la trama e la recensione di Califano.
La trama di Califano, il biopic sul Califfo con Leo Gassman protagonista
Prima di proseguire con la recensione del film, si indica innanzitutto la trama di Califano, il biopic RAI con Leo Gassman protagonista: “Califano, film diretto da Alessandro Angelini, è ambientato inizialmente nel 1984, mentre un migliaio di spettatori attende nel Teatro Parioli di Roma di assistere allo spettacolo del poeta e saltimbanco, ma soprattutto maestro, Califfo. Questa è una serata importante per Franco Califano, anche lui in attesa, ma nel suo camerino, consapevole che da quel momento in poi dovrà smettere con le bravate e dare la versione migliore di sé. Un balzo indietro nel tempo, nella storia e nella vita, ci riporta la 1961, quando Franco (Leo Gassmann) ha soltanto 22 anni e vive nella Capitale con sua madre e suo fratello.”
La recensione di Califano: tutti i disastri di un biopic “all’italiana”
Nell’osservare la costante pubblicizzazione del film su reti RAI, avvenuta soprattutto durante le serate del Festival di Sanremo 2024, difficilmente ci si poteva aspettare qualcosa di riuscito, ma chi scrive optava per un risultato che sarebbe stato sì insufficiente, ma lontano dall’essere mediocre. Che fosse per quell’attenzione del servizio pubblico italiano, volta a confezionare prodotti ad-personam mai troppo ispirati, o per il contesto musicale che difficilmente delude nonostante la qualità complessiva dei film, Califano poteva dare molto di più pur non funzionando in maniera estremamente positiva, ma la mediocrità la fa da padrona in un film che appare profondamente sbagliato sotto ogni punto di vista.
Nel terminare il film con la voce di Leo Gassman che canta, Califano avverte: gli eventi mostrati sono sì reali, ma vengono rielaborati in base alle esigenze della fiction, il che non è necessariamente un problema, ma sottintende un atteggiamento da parte della RAI che – in tempi recenti – era stato protagonista anche di un altro biopic, benché sicuramente più riuscito, Fabrizio De André: Principe Libero. La volontà di piegare gli eventi alla disposizione fallace del racconto romanzesco rende i biopic creati fallimentari da principio, e se la formula del racconto biografico non riesce mai di per sé (salvo rari casi) ad essere riuscitissima, lo è ancora meno una rielaborazione in questi termini. La sceneggiatura corre spedita nel tentativo di condensare, in 100 minuti, decenni e decenni di carriera, come al solito focalizzandosi su eventi di vita privata che vengono esagerati e sviscerati anche là dove non ce n’è un concreto bisogno, mentre si affida a dissolvenze incrociate e didascalie extradiegetiche il trascorrere degli anni che annulla eventi della vita di Califano, in luogo di un racconto che assume sempre più la formula del romance.
I reali difetti di questo film sono però altri, soprattutto dal punto di vista tecnico: a partire da quell’utilizzo del trucco che ormai richiama un procedere che non appartiene ai nostri tempi fino all’utilizzo stantio dei set, che sembrano richiamare tanti altri film della medesima produzione senza alcun guizzo, anche negli ambienti interni, che possa realmente far pensare ad un qualcosa di originale. La stessa storia, piegata com’è, acquisisce le caratterizzazioni più sterotipizzate possibili, con un accento posto sulle difficoltà della vita privata e con poco spazio a quella che potrebbe essere la reale protagonista dell’opera: la musica. Se di per sé la musica di Califano non è respingente, lo diventa nel reiterato utilizzo di un Leo Gassman che non si può dire sfiguri del tutto, ma che appare acerbo e lontano da quella caratterizzazione di un cantante e uomo che, in certi punti, sembra essere imitato con forza, più che interpretato. Nel trascorrere dei minuti, allora, che sia lo sforzo nel rendere la voce rauca o nel sentire la canzona talora interpretata, si giunge quasi all’idea di un “Tale e Quale”, più che di una – sarebbe stata forze consigliata – interiorizzazione del personaggio. Quella del protagonista, però, resta comunque l’interpretazione migliore di tutto il film, il che è sicuramente tutto dire, con addirittura problemi di ridoppiaggio non perfettamente sincronizzato e caricature di personaggi, come avviene nel caso di Ornella Vanoni. Califano appare una grande occasione sprecata per una prima serata RAI che poteva dirsi migliore e per un genere che nel nostro paese sembra essere concepito solo ed esclusivamente in un modo, a metà tra il raffazzonato e il becero.