Tratto dall’omonimo romanzo di Laurence Yep, distribuito globalmente tra il 2 e il 3 febbraio 2024 direttamente sulla piattaforma digitale Paramount+. Ma qual è il risultato de L’apprendista della tigre? Di seguito la trama e la recensione del film d’animazione.
La trama de L’apprendista della tigre, film di Raman Hui, Yong Duk Jhun e Paul Watling
Di seguito la trama ufficiale de L’apprendista della tigre, diretto da Raman Hui, Yong Duk Jhun e Paul Watling:
“Tom Lee è un liceale di San Francisco la cui vita cambia per sempre quando scopre di far parte di una lunga stirpe di protettori magici noti come Guardiani. Con la guida di una mitica tigre di nome Hu, Tom si allena per affrontare Loo, una forza potente quanto un Guardiano ma con l’intenzione di usare la magia per distruggere l’umanità. Per avere una possibilità di combattere contro Loo, Tom deve riunire tutti i dodici guerrieri animali dello Zodiaco e padroneggiare i propri poteri appena scoperti.”
La recensione de L’apprendista della tigre, con Michelle Yeoh e Lucy Liu
Il continente asiatico sta accentrando su di sé gli equilibri geopolitici degli ultimi anni, diventando sempre di più una frontiera economica indispensabile; a livello culturale vive una nuova parentesi florida tra i giovanissimi occidentali e non a caso, nel recente periodo, la cinematografia americana d’animazione sta dando un’interessante importanza al suo immaginario, dal più mitologico al più reale. Tra gli esempi citabili non può mancare Turning Red (2022), ambientato nella Chinatown di Toronto oppure il recentissimo Elemental (2023) entrambi di casa Pixar, in cui la protagonista nasce e vive in un quartiere ispirato al suddetto ma stavolta in una metropoli immaginaria costruita ad immagine e somiglianza di New York City.
Per citare un classico Disney il pensiero va sicuramente a Raya e l’ultimo drago (2021) mentre per quanto riguarda la piattaforma digitale Netflix, il suo Over the Moon (2020) è addirittura frutto di una coproduzione sino-statunitense. Nella pellicola in questione, a fare da sfondo alle vicende narrate è stavolta la Chinatown di San Francisco, in pieno periodo del capodanno, riproponendo il mondo leggendario del kung fu mischiato all’iconografia dello zodiaco cinese; la tecnica e l’estetica si manifestano per il loro ottimo livello, le scene di combattimento sono montate e dirette in maniera limpida e briosa, mentre si dimostra grande creatività nello sfruttare la parte magica dell’arte marziale, con alcune sequenze brillanti e piacevoli da vedere. Dal punto di vista del solo intrattenimento, l’operazione si potrebbe anche definire riuscita, parlando direttamente al suo pubblico di riferimento, indicata dall’età del protagonista, frequentante del liceo, scegliendo con precisione il repertorio della musica extradiegetica da inserire; il ritmo poi è dinamico dalla prima scena all’ultima, senza risultare però snervante, grazie alla moderata densità di dialoghi, non sovrapposti l’uno sull’altro.
Purtroppo, però ad essere maggiormente sacrificata è la sceneggiatura, situazione non di poco conto, dovuto al fatto di dover rimanere incastrata all’interno di una durata standard; infatti, per approfondire determinati concetti e sviluppare meglio i rapporti e le caratterizzazioni dei personaggi, sarebbe servito un maggiore minutaggio, poiché a mancare è proprio la materia scenica. La sensazione percepita è quella di una superficiale gestione dei legami e dei sentimenti dei protagonisti: in primis Hu/Tigre, la sua fragilità nel trovarsi a vestire i panni del mentore; in secundis la sua complicata relazione col resto dei compagni, avrebbero meritato maggiore esplorazione; stessa cosa dicasi per la nonna di Lee, meritevole di più spazio per potersi affezionare a lei, data la sua simpatia.
La quantità di personaggi è elevata, adatti sicuramente a riempire lo schermo in funzione della spettacolarità, ma a conti fatti, di loro rimane ben poco: un effetto estendibile al lungometraggio in generale, piacevole nella sua visione globale, con una discreta compente di rewatchabilty da proporre di tanto in tanto, ma che una volta esaurita non lascia traccia, esattamente come mangiare uno snack. Infine, il cattivo della situazione non presenta nulla di rilevante al fine di una riflessione, seppur intrigante a livello visivo, la lotta tra bene e male è presentata secondo lo stile della favola classica, ben separati e ben distinti l’uno dall’altro, divisi in maniera netta; non che ci sia per forza qualcosa di sbagliato in questo, ma chiaramente è una scelta rischiosa, poiché allo spettatore contemporaneo può risultare un espediente insapore.