Articolo pubblicato il 22 Dicembre 2023 da Bruno Santini
SCHEDA DEL FILM
Titolo del film: La Palisiada
Genere: Drammatico
Anno: 2023
Durata: 100′
Regia: Philip Sotnychenko
Sceneggiatura: Philip Sotnychenko
Cast: Andrii Zhurba, Novruz Pashayev, Oleksandr Parkhomenko, Valeria Oleynikova, Olena Mamchur
Fotografia: Volodymyr Usyk
Montaggio: Philip Sotnychenko
Paese di produzione: Ucraina
La 41° ed ultima edizione del Torino Film Festival si è conclusa con l’assegnazione dei vari premi, a trionfare come miglior film della manifestazione piemontese è “La Palisiada” scritto e diretto da Philip Sotnychenko. Il cineasta ucraino, dopo una serie di cortometraggi e diversi passaggi tra numerosi festival internazionali, esordisce alla regia del suo primo lungometraggio. Un film che racconta del suo Paese, l’Ucraina, portando sul grande schermo una storia sulla pena di morte, qualche mese prima della sua abolizione. Di seguito la trama e la recensione del film vincitore del 41 TFF.
La trama di “La Palisiada” di Philip Sotnychenko
Ucraina, 1996. A cinque mesi dalla definitiva abolizione della pena di morte prende vita una storia particolare: due amici, un detective ed uno psichiatra, cominciano ad indagare sul misterioso omicidio di un collega avvenuto tempo addietro. Un caso complicato che mescola le prove ad una serie di ricordi talvolta sbiaditi e quasi dimenticati, la speranza in realtà è quella di riuscire a creare un futuro migliore per i loro figli e le generazioni a seguire.

La recensione del film vincitore del 41° TFF
Nonostante la vittoria e la consacrazione ottenuta al Torino Film Festival, “La Palisiada” è un film imperfetto, ma sono proprio alcune delle sue imperfezioni che hanno portato gran parte della critica ad elogiarlo. Quello che è arrivato sul grande schermo è un’esordio alla regia molto acerbo, anche se il cineasta ucraino si porta sulle spalle una buona dose di gavetta ricca di cortometraggi e partecipazioni a festival e premiazioni internazionali. Il salto dal corto al lungometraggio non è un operazione sempre così automatica e semplice, i tempi e le caratteristiche sono molto diversi: le storie, i personaggi, tutto ha un ritmo ed una concezione differente. Questo si può notare fin da subito in “La Palisiada”, un film che racconta di un determinato periodo storico dell’Ucraina attraverso la storia di un indagine, tutto, però, è frammentario, un mosaico ed uno spaccato di un Paese narrato da uno sguardo originale, ma che risulta incompleto ed a tratti troppo superficiale. Il 1996 è un anno particolarmente importante per il popolo ucraino, ad esempio è il momento in cui è stata abolita la pena di morte, uno dei temi principali raccontati e trattati lungo la narrazione. Il materiale a disposizione del regista era ed è moltissimo, ma la scelta di creare un film di finzione e non un documentario sposta il focus dell’intero racconto. L’attenzione, infatti, è rivolta verso i vari protagonisti che fanno parte di questa storia, personaggi che si muovono e compiono delle scelte all’interno di epoche diverse di cui Sotnychenko tenta di mostrarne lo spirito.
Tutto parte dall’omicidio di un colonnello della polizia su cui indagano il detective Ildar e lo psichiatra Alexander (interpretati rispettivamente da Novruz Hikmet e Andrii Zhurba), da qui prende il via una storia quasi sconnessa ed il pubblico deve provare ad unire i diversi puntini. Nonostante l’obiettivo del regista, non risulta così semplice immergersi tra le viscere di questa storia, un racconto a tratti macabro che da un lato porta i personaggi ad assumere un fascino più reale, dall’altro lato mostra tutti i difetti di un film inutilmente complesso realizzato da un cineasta talentuoso, ma ancora molto acerbo. La costruzione dell’intera opera mostra tutto lo studio che c’è dietro alla realizzazione della pellicola, ma si percepisce anche molta confusione, probabilmente voluta dallo stesso autore che, se avesse avuto un obiettivo diverso, avrebbe potuto puntato verso un prodotto più documentaristico.
Il titolo è una parola criptica che fin da subito ha affascinato Sotnychenko, sia per il suono della sua pronuncia sia per il suo significato “la reiterazione di un qualcosa già ben chiaro”, una descrizione alquanto accurata di quello che alla fine il pubblico si trova di fronte sul grande schermo. La struttura del racconto, la fisionomia dei personaggi e la particolare e grezza messa in scena rappresentano il punto forte dell’opera, ma quella che sfortunatamente viene a mancare è un po’ di sostanza, un ritmo più coinvolgente e in parte più cinematografico, senza perdere il profondo ed importantissimo messaggio alla base. “La Palisiada” è un film che vive di momenti, di spirito e sensazioni, a cui, però, manca quella scintilla o quell’elemento che in qualche modo riesce a legare il tutto, una narrazione fin troppo frammentaria e spezzettata.

L’esordio alla regia di Sotnychenko
Insomma, “La Palisiada” è una ricostruzione di un periodo storico molto importante per un Paese che, in questi ultimi anni, è finito al centro dell’attenzione per via del terribile conflitto con la Russia. Quello che, però, l’autore racconta nel suo film è qualcosa di diverso, partendo dalla ricostruzione di un delitto Philip Sotnychenko si concentra sul raccontare un momento specifico del passato dell’Ucraina, una storia che si muove avanti e indietro nel tempo, tra momenti più leggeri alternati a sequenze più crude e ricche di tensione. Il film, però, pare non avere un percorso ben delineato, il pubblico si trova costretto a vagare lungo un racconto che spesso si perde in scene estremamente dilatate nei tempi, proprio come il messaggio politico alla base dalla grande importanza, ma che non viene trasposto in maniera ottimale. Molte delle immagini create sullo schermo sono di un certo impatto emotivo e narrativo, ma spesso non riescono ad andare oltre la semplice raffigurazione, quel passo che avrebbe col senno di poi coinvolto maggiormente lo spettatore. Il talento, come sottolineato in precedenza, non manca, proprio come le tematiche di un certo valore, ma il percorso da intraprendere per un cineasta così talentuoso è ancora molto lungo. Sicuramente la vittoria di un festival come quello del capoluogo piemontese, seppur di caratura inferiore alla celeberrima Mostra del Cinema di Venezia, aiuta ad accrescere il proprio bagaglio, spianando la strada a futuri progetti, magari ancor più interessanti e riusciti dei precedenti.