Recensione – Come pecore in mezzo ai lupi, diretto da Lyda Patitucci con Isabella Ragonese

La recensione di Come pecore in mezzo ai lupi, con Isabella Ragonese

Articolo pubblicato il 3 Novembre 2023 da Bruno Santini

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Come pecore in mezzo ai lupi
Genere: thriller
Anno: 2023
Durata: 100 minuti
Regia: Lyda Patitucci
Sceneggiatura: Filippo Gravino
Cast: Isabella Ragonese, Andrea Arcangeli, Carolina Michelangeli, Gennaro Di Colandrea, Aleksandar Gavranić, Alan Katić, Milos Timotijevic, Clara Ponsot, Gabriele Portoghese, Imma Villa, Tommaso Ragno
Fotografia: Giuseppe Maio
Montaggio: Giuseppe Trepiccione
Colonna Sonora: Ginevra Nervi
Paese di produzione: Italia

Distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 13 luglio 2023, prodotto da Matteo Rovere e diretto da Lyda Patitucci, con protagonisti Isabella Ragonese, Andrea Arcangeli e Tommaso Ragno. Qui sotto la trama ufficiale di Come pecore in mezzo ai lupi.

La trama di Come pecore in mezzo ai lupi, diretto da Lyda Patitucci

Di seguito la trama ufficiale di Come pecore in mezzo ai lupi, diretto da Lyda Patitucci:

 

Vera è un’agente di polizia a cui viene affidato un caso molto dedicato, deve riuscire a incastrare una banda di rapinatori che opera a livello mondiale. Con suo rammarico scopre che il fratello Bruno fa parte di questa organizzazione criminale. Bruno che è da poco uscito di prigione, si è trovato immischiato in questa brutta storia con l’obiettivo di racimolare abbastanza soldi per dare una vita dignitosa a sua figlia Marta. Questa situazione estrema, che riavvicina Vera e Bruno, mette in evidenza il conflitto tra i sentimenti che provano e i loro rispettivi ruoli. I due dovranno confrontarsi con un passato irrisolto fatto di dolori e segreti che ostacolerà il raggiungimento dei loro obiettivi.

 

 

La recensione di Come pecore in mezzo ai lupi, con Andrea Arcangeli

 

 

La recensione di Come pecore in mezzo ai lupi, con Isabella Ragonese e Andrea Arcangeli

«Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe» con queste parole, riportate nel Vangelo di Matteo (10; 16-23), Gesù invia i suoi discepoli a diffondere i suoi insegnamenti in tutto il mondo, utilizzando tale metafora per indicare la difficoltà a cui essi andranno incontro. Il medesimo significato è riproposto nel titolo ufficiale, allo scopo di sintetizzare al meglio la situazione di un mondo, ai cittadini normali sconosciuto, funzionante solo se riesce a far dimenticare della sua esistenza: il mondo degli infiltrati. Individui che nel nome della legge si spogliano della loro identità per acquisirne altre, fino a non averne più neanche una, si calano in una realtà che non gli appartiene, indossando una maschera, per cui sono costretti a sacrificare una vita normale, fatta di affetti personali e stabilità. Quest’ultima viene a mancare anche all’interno delle operazioni stesse, poiché ogni giorno potrebbe essere quello decisivo per far saltare ogni cosa, è sufficiente infatti; un dettaglio fuori posto per compromettere il lavoro e la fatica di anni, rischiando non solo di non portare a termine la missione, ma di perdere la vita. La storia raccontata sposta l’attenzione verso un percorso introspettivo sulla protagonista, sulla sua difficoltà mentale e psicologica di reggere la pressione e la violenza a cui da anni si sta abituando, accentuata dal fatto che professione privato si mischiano fatalmente, ponendola dinanzi ad una prova del fuoco, troppo grande per chiunque. Isabella Ragonese si dimostra interprete ideale per il ruolo, lavorando in modo preciso sull’espressività, sulla durezza di carattere e sul celare l’enorme sofferenza che il suo personaggio è costretta a soffocare.

 

 

 

 

Pregi e difetti di Come pecore in mezzo ai lupi, prodotto da Matteo Rovere

Il ritmo generale è abbastanza lento, ciò però non è sinonimo di noia, visto come la narrazione riesce costantemente a proseguire, senza perdersi in lungaggini superflue, evitando di girare a vuoto. Sia la scrittura dei dialoghi sia l’impostazione recitativa beneficiano di un tocco giovanile, meno costruiti e impostati rispetto alle generiche produzioni italiane, che puntano sulla teatralità applicata a contesti reali. Il budget a disposizione non è stato cospicuo e quando tale aspetto balza agli occhi non è mai piacevole, è virtù di una pellicola evitare che ciò venga alla luce, lavorando sapientemente sul modo di nasconderlo. I personaggi sono pochi e si muovono all’interno di una Roma vuota, priva di gente, con strade poco trafficate, come nel caso dell’assalto al portavalori, l’unica sequenza d’azione del lungometraggio, messa in scena in modo minimale, in un contesto stradale deserto, evitando complicazioni sceniche e scenografiche, anche se va comunque annotato che sia la regia, sia il montaggio, lavorino per non cadere nella banalità estetica. Infine, delude una certa stereotipizzazione dentro la rappresentazione del mondo criminale, diviso tra criminali serbi e italiani: i primi sono l’incarnazione del male, volgari, violenti, senza scrupoli; i secondi invece compiono azioni cattive, ma mossi da “nobili” intenzioni, lavorando secondo una fantomatica etica, rimasta tale solo nella finzione.

Voto:
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