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Recensione – Dellamorte Dellamore: l’ironia tragica di Michele Soavi

Dellamorte Dellamore: la recensione del film di Michele Soavi

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Dellamorte Dellamore

Genere: Commedia, horror
Anno: 1994
Durata: 105 min
Regia: Michele Soavi
Sceneggiatura: Gianni Romoli, Michele Soavi
Cast: Rupert Everett, Anna Falchi, François Hadji-Lazaro, Mickey Knox
Fotografia: Mauro Marchetti
Montaggio: Franco Fraticelli
Colonna Sonora: Manuel De Sica
Paese di produzione: Italia

L’Italia è stata maestra del cinema di genere horror, con numerosi autori che si sono sbizzarriti nei modi più particolari. Tuttavia, dagli anni 90 il genere è completamente sparito, con una sola eccezione che è rimasta impressa nel tempo: “Dellamorte Dellamore” diretto Michele Soavi e tratto dall’omonimo romanzo di Tiziano Sclavi, il quale inizialmente doveva essere la prima stesura per il personaggio di Dylan Dog. Ma perché l’opera, presentata restaurata al Fipili Horror Film Festival, è divenuta un’importante cult con il passare del tempo?

La trama di Dellamorte Dellamore, diretto da Michele Soavi

“Dellamorte Dellamore” diretto da Michele Soavi presenta la seguente trama:

“Francesco Dellamorte è il custode di un cimitero ed ha il compito di uccidere i morti che risorgono dalle loro  tombe con l’aiuto del suo amico Gnaghi che si esprime solo a grugniti. Durante una di queste notti, lui rischia di trascinare nelle sue terribili condizioni l’unica donna che abbia mai amato.”

Recensione: Dellamorte Dellamore di Michele Soavi

La recensione di Dellamorte Dellamore

Al di là del lato tecnico perfetto, il film di Michele Soavi rapisce per il modo in cui riflette sulla continua alternanza tra vita e morte: il protagonista è una persona emarginata che ha come solo obiettivo quello di rispedire i morti viventi nell’oltretomba. Ogni giorno Francesco deve avere a che fare con zombi che non gli comunicano nulla e lui può solo premere il grilletto o infilzarli con dei paletti per farli cadere a terra di nuovo. Nell’uccidere i morti, Francesco finisce per uccidere lentamente sé stesso ogni giorno, perché si abitua ad un contesto in cui l’uso delle armi è il suo unico sfogo, mentre il resto del mondo gli scivola via, perdendo i contatti con tutti al di fuori del suo assistente Gnaghi, che gli sta vicino fino alla fine. Nonostante la cupezza, il film è pieno di battute in cui si ironizza sulla morte, trovando un ponte perfetto tra dramma e ilarità, con tempi comici che non sono mai fuori luogo. Non c’è differenza tra vita e morte, perché entrambe sono uno scherzo che condannano l’uomo a soffrire.

Eppure la percezione di Francesco cambia totalmente quando incontra una donna per cui si innamora. La donna nel film non presenta nome, ma viene semplicemente introdotta come “Lei”. Tale scelta serve ad indicare che la condizione di Francesco può valere per qualsiasi individuo: tutti seguono un amore capace di salvare loro la vita. Tuttavia si nota anche la totale incapacità di Francesco nel riuscire a mantenere un rapporto stabile senza lasciarsi contaminare dalla negatività della morte, influenzando le poche persone che si avvicinano a lui. La donna di cui Francesco è innamorato diviene un faro lontano, dalla quale lui però è ossessionato. A quel punto quell’unica botta di vita che ha provato diviene un’ossessione che non lo fa più respirare, perché Francesco si attacca sempre alla stessa persona e vive soltanto nei suoi ricordi, perdendo quasi contatto con la realtà. Francesco rifiuta le sue delusioni, non accettando la possibilità di andare avanti nella vita. I ricordi buoni lo uccidono, rischiando di trascinare gli altri nella sua stessa negatività: ovunque si giri, Francesco torna ancora una volta alla morte, indistinguibile dalle delusioni dell’amore.

Recensione di Dellamorte Dellamore: il capolavoro di Michele Soavi

Oltre a questo incredibile discorso individuale, l’opera pone anche un’importante osservazione sociale legata al modo in cui le persone sono percepite dagli altri. Francesco è trattato come un emarginato perché lavora in un cimitero: a volte è indifferente alla cosa, mentre altre volte sceglie di assecondare la percezione del modo in cui la comunità vuole vederlo affinché gli altri lo accettino (spesso è chiamato “ragioniere” nonostante lui non lo sia). Francesco sente sempre di più il peso della solitudine e si piega al volere degli altri per arrendersi e lasciarsi guidare, ma fallisce anche lì. Il discorso dell’emarginazione si estende al personaggio di Gnaghi, un uomo grasso e muto che viene sempre rifiutato dal mondo poiché non abbastanza attraente. Eppure Gnaghi è il personaggio più sensibile del film, lasciandosi travolgere da tutte le emozioni di poter volere bene ad una persona. Anche lui si aggrappa alla speranza di poter vivere ed anche lui è avvolto dal ricordo dell’unica persona che lui abbia mai amato. Mentre gli emarginati soffrono, Soavi attacca le persone di potere: l’unico politico presente nel film ignora il peso di qualsiasi tragedia che succede nel paese ed ha il solo obiettivo di essere rieletto ancora una volta dal popolo. Se i protagonisti si lasciano travolgere dalla morte, il sindaco rimane totalmente indifferente ad essa, perché non è capace di percepire nessuna sensibilità.

Con “Dellamorte Dellamore”, Michele Soavi si stacca definitivamente dal cinema di Dario Argento, rifacendosi all’esagerazione fumettosa di Sam Raimi, alla solitudine cupa di Tim Burton, alla satira macabra di George Romero e persino alla tragicità dell’esplosione reazionaria presente in “Taxi Driver” di Martin Scorsese. Ma in tutti questi richiami mischiati alla grande, l’autore analizza la morte con una personale delicatezza che tocca anche nei momenti più grotteschi ed estremi, creando una commedia horror destinata a rimanere impressa per sempre.

Voto:
4.5/5
Matteo Farina
4.5/5
Matteo Pelli
3.5/5
Vittorio Pigini
4/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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