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Recensione – The Monk and the Gun, il nuovo film di Pawo Choyning Dorji

La recensione del nuovo film di Pawo Choyning Dorji, The Monk and the Gun presentato alla Festa del Cinema di Roma

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: The Monk and the Gun
Genere: Drammatico
Anno: 2023
Durata: 107′
Regia: Pawo Choyning Dorji
Sceneggiatura: Pawo Choyning Dorji
Cast: Tandin Wangchuk, Deki Lhamo, Pema Zangmo Sherpa, Tandin Sonam, Harry Einhorn, Choeying Jatsho, Tandin Phubz, Yuphel Lhendup Selden, Kelsang Choejay
Fotografia: Jigme Tenzing
Montaggio: Gu Hsiao-Yun
Paese di produzione: Bhutan, Taiwan, Francia, USA

The Monk and The Gun è un film diretto da Pawo Choyning Dorji, regista nominato agli Oscar 2022 per la sua opera prima intitolata Lunana – Il villaggio alla fine del mondo, in rappresentanza del Buthan nella categoria del Miglior Film Internazionale. Il nuovo lungometraggio del regista è stato presentato in anteprima in Italia alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Seguono la trama e la recensione di The Monk and the Gun.

La trama di The Monk and the Gun, diretto da Pawo Choyning Dorji

Di seguito la trama di The Monk and the Gun, film diretto da Pawo Choyning Dorji:


“Nel 2006, il re del Buthan decide di abdicare e vengono indette le elezioni democratiche. Per la prima volta nella storia. Bisogna perciò insegnare alla popolazione come si vota in un Paese i cui segnali di modernizzazione sono i televisori (a tubo catodico) che trasmettono un film di 007. Le peregrinazioni degli addetti che vanno a istruire la popolazione e dei sostenitori dei tre partiti in lizza s’intrecciano con quelle di un americano che vuole acquistare un fucile antico da un monaco, in un bizzarro percorso che mescola umorismo, armi di ogni epoca, eccentriche cerimonie religiose e acuti tocchi sociali.”

Il nuovo film di Pawo Choyning Dorji, The Monk and the Gun, presentato alla Festa del Cinema di Roma

La recensione di The Monk and the Gun: oriente e occidente a confronto

The Monk and the Gun è uno di quei film che puntano quasi tutto sull’intrattenimento, ergendosi però a contenitore di messaggi importanti e altamente riflessivi. Non bisogna sottovalutare lo sguardo presente nell’opera seconda dell’apprezzato regista Pawo Choyning Dorji, il quale riesce a mettere di fronte due realtà opposte come l’occidente e l’oriente, mondi geograficamente e culturalmente diversi. Per far ciò, il cineasta si avvale di uno strumento impattante – se usato con consapevolezza -, ovvero l’ironia, e riesce a mostrare agli spettatori alcune delle usanze bhutanesi, rappresentando le tradizioni e la natura del suddetto Paese con un piglio da commedia cinica e ideologica. Nella prima parte si presentano i personaggi e le situazioni di partenza, delineando sin da subito una marcata differenze tra il Bhutan e gli Stati Uniti. Infatti, la Coca Cola è poco diffusa, ci sono ancora vecchie televisioni catodiche dove poter recuperare un film di James Bond con Daniel Craig, si vive senza dare importanza al denaro. 

 

D’altronde, nell’incipit di The Monk and the Gun sembra di star vivendo il boom economico italiano, con persone riunite nei bar per un evento sorseggiando una bevanda tipicamente occidentale. In contrasto con le tradizioni, arriva Ron, un uomo statunitense intenzionato ad acquistare un fucile antico da un contadino, non considerando però che in Bhutan non si può comprare tutto semplicemente pagando. L’americano introduce le armi nel Paese in questione, e da lì in avanti il film sembra vestirsi di una struttura molto simile a quella della commedia classica hollywoodiana, in particolare per la comicità legata agli equivoci. L’analisi etnologica che svolge il regista è deliziosamente dissacrante, specie nel finale quando entra in scena un fallo gigante consegnato come dono. In precedenza, gli scambi verbali tra gli organizzatori della simulazione delle elezioni e gli abitanti dei villaggi periferici, così come quelli tra la guida dell’americano e quest’ultimo, sono esilaranti. Il monaco, invece, affascinato da Quantum of Solace della saga 007, è una trovata brillante per dar vita al già citato meccanismo degli equivoci, poiché la seduzione della cultura mainstream arriva a toccare persino un ferreo buddista. Alcune sequenze ibridano il grottesco con il demenziale, e le musiche scelte come sottofondo riescono perfettamente a restituire quell’idea di leggerezza e di incompatibilità

 

Il confronto tra l’occidente e l’oriente non è risolutivo, non vive di assolutismi, bensì mostra quanto queste due sfere globali risultino essere diverse tra loro, pur avvicinandosi ambedue per l’idea di democrazia. La democrazia è il passo verso la modernizzazione, e il Bhutan risponde negando l’introduzione nel Paese di armi, odio e prevaricazione, custodendo una genuina lealtà verso il prossimo, come dimostra la simulazione della simulazione delle elezioni, dove tutti votano per il colore giallo, ovvero il colore del re. L’esposizione ideologica presente in The Monk and the Gun delinea i ruoli e marca il confine, denunciando gli USA come degli imbonitori desiderosi di indottrinare nuovi territori, ma la risposta è cruciale da questo punto di vista, poiché ci si autoafferma pur non riuscendo a sottrarsi dal passaggio descritto (monarchia-democrazia). Mancherebbe infatti, all’interno del racconto, un fattore che fuoriesca dallo schema binario qui presente, cercando di avvalorare la tesi avanzata da Dorji. Inoltre, si potrebbe avanzare una critica al film per ciò che concerne l’analisi interna: manca la complessità della realtà, disegnando le azioni degli abitanti dei villaggi come se fossero personaggi fiabeschi. Un cambiamento così radicale avrebbe avuto bisogno sicuramente di un’alternanza tra il tono ironico e quello ben più serioso, specialmente nel momento in cui si affronta un processo reazionario. In The Monk and the Gun si opta per la volontà di preservare ciò che è presente, non preoccupandosi più di tanto dell’incerto futuro.

Voto:
3.5/5
Arianna Casaburi
3/5
Gabriele Maccauro
3/5
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