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Recensione -Talk To Me: il film dei Philippou è l’horror dell’anno

Di seguito la recensione di Talk to me, l'opera prima dei fratelli Philippou

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Talk to me
Genere: Horror, Drammatico
Anno: 2022
Durata: 95′
Regia: Danny Philippou, Michael Philippou
Sceneggiatura: Danny Philippou, Michael Philippou
Cast: Sophie Wilde, Alexandra Jensen, Joe Bird, Otis Dhanji, Miranda Otto, Zoe Terakes, Chris Alosio, Marcus Johnson
Fotografia: Aaron McLisky
Montaggio: Geoff Lamb
Colonna Sonora: Cornel Wilczek
Paese di produzione: Australia, Regno Unito

I due youtuber australiani Danny e Michael Philippou, fratelli, già produttori di The Babadook (Jennifer Kent, 2015), hanno esordito alla regia lo scorso anno con Talk to me, horror di grande fattura della durata di 95 minuti. Non sono sfuggiti di certo ai radar di A24, cha ha prontamente acquisito il titolo per una distribuzione internazionale, e ha reso questa straordinaria opera prima il fenomeno cinematografico indie del momento. Importantissimi cineasti come Peter Jackson, Nicolas Winding Refn e Ari Aster hanno lodato il lungometraggio dei Philippou. Il film uscirà nelle sale italiane giovedì 28 settembre con Midnight Factory.

La trama di Talk to me, scritto e diretto da Danny e Michael Philippou

Mia (Sophie Wilde) è un’adolescente rimasta orfana di madre da due anni, il cui suicidio le ha scatenato un grave trauma e l’ha condotta alla depressione. La sua unica amica è Jade (Alexandra Jensen), e nella famiglia di quest’ultima trascorre la maggior parte del tempo. Nel frattempo, alcuni video attirano l’attenzione delle due ragazze: nell’ambiente delle feste giovanili del luogo, più persone piombano in uno stato catatonico temporaneo, facendo un gioco; è un amico di Jade a organizzarlo, Joss (Chris Alosio). Una sera le ragazze hanno l’occasione di assistervi; partecipano anche Daniel (Otis Dhanji) e Riley (Joe Bird), rispettivamente ragazzo e fratello minore di Jade. Mia si offre come volontaria: deve stringere una strana mano di ceramica decorata con dei graffiti, un misterioso oggetto su cui circolano diverse storie. Viene accesa una candela per cominciare. 

 

Dopo aver afferrato la mano bisogna pronunciare le parole “Talk to me” per connettersi con gli spiriti dei morti e “I let you in”, consentendo a questi di possederti, il tutto per non più di novanta secondi, oppure loro vorranno restare dentro di te, portandoti alla morte e alla dannazione. Si spegne poi la candela, soffiando e concludendo il rito. Mia rimane incollata alla mano oltre il tempo consentito, ma una volta terminato il gioco percepisce uno stato di piacere indescrivibile. La sera seguente ripetono il gioco, questa volta in casa di Jade. Quasi tutti i ragazzi, uno per uno, si lasciano possedere, come facendo uso di una nuova droga, godendo una sensazione nuova. Riley prova a sua volta, e sembra essere il tramite della defunta madre di Mia, che quindi gli fa prolungare la sessione quando invece dovrebbe staccarsi. Gli spiriti cercano di portare il ragazzo al suicidio, ma viene salvato in extremis e ricoverato in ospedale. I ragazzi si dividono e Mia si appropria della mano per tentare di parlare ancora con la madre. Riley, però, sembra rimasto vittima degli spiriti che lo vogliono uccidere. Gli altri dovranno cercare di salvarlo e la giovane protagonista, quasi completamente alienata dalla realtà, farà i conti con il proprio trauma e con uno spirito materno tutt’altro che benevolo.

Di seguito la recensione di Talk to me, l'opera prima dei fratelli Philippou.

La recensione di Talk to me, l’Horror come metafora della sofferenza giovanile

Talk to me è prima di tutto un dramma, condiviso da una generazione. Il lutto, la depressione, la mancanza di figure di riferimento cui affidarsi sono ciò che porta i giovani protagonisti ad abbandonarsi alla possessione, allo stesso modo cui si lascerebbero inghiottire da una dipendenza. In quei novanta secondi si sentono brillare, anche se nella vita di tutti i giorni percepiscono loro stessi come nullità, vittime delle loro paure e di una grande solitudine. Talk to me è sicuramente un horror, e funziona così bene proprio perché poggia le fondamenta sulla drammaticità dell’esistenza; l’iconicità dell’oggetto, la mano di ceramica con le incisioni è senza dubbio un’arma vincente. Sì, perché rende il film immediatamente riconoscibile, adattabile a diverse modalità di promozione (A24 ha prontamente rilasciato sul mercato la replica della mano stessa) e non è solo un MacGuffin, ma potrà tornare utile nel sequel o nel prequel del film, già annunciati (si può infatti narrare l’origine del manufatto, e in questo primo capitolo se ne fa riferimento).                  


 Il cast è prodigioso: tanto i protagonisti quanto i non protagonisti risultano estremamente credibili, sia per come sono scritti sia per l’abilità degli interpreti di portarli in scena. La mimica facciale, la plasticità dei movimenti, le interazioni tra loro sono il cuore pulsante di Talk to me. I Philippou lavorano di fino sulle dinamiche di coesione e respingimento dei personaggi, strutturando la loro opera prima come un organo che alterna distensione e tensione, vicinanza e acredine e dosando alla perfezione brevi momenti gore



Partendo da caratteri stereotipici, con il procedere della narrazione, viene rivelata poco alla volta l’umanità di ognuno: per Mia siamo portati a provare compassione, e comprendiamo le motivazioni delle sue scelte, senza però condividerle; il suo trauma la rende egoista, invadente, pronta a compiere decisioni molto discutibili. Come lei anche Joss, o Sue (Miranda Otto), madre di Jade e Riley o il padre della stessa protagonista, Max (Marcus Johnson), che le ha mentito riguardo la morte della moglie, causando un inevitabile distacco. I rari momenti di interazione o dialogo tra lui e la figlia sono cupi, illuminati debolmente, i colori sono lividi; nella loro casa si respira un clima luttuoso, irrimediabilmente pesante. Mia ha bisogno di compensare l’affetto che le è venuto a mancare, e lo cerca in ogni dove, finendo per rimanere vittima degli spiriti. Nel doloroso finale, a seguito del suo incidente mortale con un’automobile, la vedremo come spirito, comparire a chi, stringendo quella mano di ceramica, pronuncerà ancora quelle tre parole: “Talk to me”.



Molti spettatori hanno accostato l’esordio dei fratelli Philippou all’opera prima di Ari Aster Hereditary. A ben vedere Talk to me può essere considerato debitore al film, ormai cult, di Aster, per un certo modo di legare intrinsecamente il tema della perdita a una serie di eventi tragici che si susseguono con effetto domino. Lo spettatore soffrirà Talk to me così come ha sofferto Hereditary, come negli anni Settanta, e ancora adesso, soffre L’esorcista. I Philippou brothers, a parere di chi scrive, hanno esordito sia con l’horror, che con il film dell’anno.

Voto:
4.5/5
Andrea Barone
4/5
Christian D'Avanzo
3/5
Gabriele Maccauro
3.5/5
Vittorio Pigini
4.5/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
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