Articolo pubblicato il 27 Dicembre 2023 da Emanuela Di Pinto
A molti, in Italia, il nome Writers Guild of America potrebbe non ricordare nulla di importante. In un paese come il nostro dove la maggior parte dei mestieri associati al mondo del cinema e della tv non ha ancora una rappresentanza sindacale significativa, è quasi difficile riuscire a capire cosa stia succedendo negli Stati Uniti dalla mattina (notte italiana) del 2 maggio 2023, giornata in cui il più grande sindacato degli sceneggiatori al mondo ha annunciato la mobilitazione generale. Uno sciopero che era nell’aria da più di un anno e che, finalmente, ha visto la luce nel modo più inaspettato e “distruttivo” possibile. Rinvii a catena, set bloccati e contratti strappati sono solo poche delle conseguenze che hanno portato il settore dell’intrattenimento e dell’audiovisivo in una delle crisi più nere della sua storia. In Italia le conseguenze dello sciopero sono state molto limitate (hanno realmente toccato solo le produzioni americane). Le idee difficilmente, però, non possono essere fermate e sembra che qualcosa si stia cominciando a muovere anche nel nostro paese.

Sciopero degli sceneggiatori 2023, quali sono le cause?
Ma partiamo dal principio. Il Writers Guild of America è il sindacato più rappresentativo al mondo per quanto riguarda gli sceneggiatori che lavorando nel settore del cinema, della tv e dei media. Uno dei compiti principali dell’organizzazione è quello di tutelare la retribuzione dei suoi membri che è regolata attraverso l’MBA (Minimum Basic Agreement) firmato insieme all’organizzazione dei produttori che incarna tutti gli interessi delle major. L’accordo ha come obiettivo fondamentale regolare la retribuzione minima degli sceneggiatori, i pagamenti aggiuntivi, le condizioni di lavoro, i contributi pensionistici e la tutela della proprietà creativa dell’operato di ogni autore. Già dal 2022 erano cominciate le prime discussioni per rinnovare gli accordi e svolgere qualche adeguamento necessario a causa del modo in cui il mondo dell’intrattenimento è cambiato negli ultimi anni. L’ingresso nell’equazione delle piattaforme streaming e la velocità di produzione che viene imposta agli sceneggiatori per compensare la sovrapproduzione, sono solo alcuni dei tanti motivi che hanno spinto la WGA ad annunciare lo sciopero.
Altro capitolo molto delicato, invece, interessa l’intelligenza artificiale. La WGA, infatti, sta insistendo per ottenere una regolamentazione dell’utilizzo delle AI all’intero delle produzioni creative. La richiesta degli sceneggiatori non è altro che la conseguenza del timore sempre più diffuso che la tecnologia possa sostituire il lavoro degli autori prima delle prossime negoziazioni, togliendo al sindacato ogni diritto di replica. Alla fine di aprile, la WGA aveva già preventivamente annunciato di aver organizzato una votazione tra gli iscritti per decidere se procedere ad uno sciopero nel caso in cui, malauguratamente, non si fosse arrivati ad alcun tipo di accordo. La protesta, ufficialmente iniziato il 2 maggio alle ore 00:01 (ora americana), ha visto coinvolti la maggior parte degli sceneggiatori attualmente in attività. I picchetti organizzati tra le strade delle più grandi città americane e ai cancelli degli studios sono stati i primi passi per una mobilitazione che era già destinata ad allargarsi. Il terrore che si potessero replicare i problemi causati dallo sciopero del 2008 non ha in alcun modo spinto il sindacato dei produttori a fare un passo avanti verso una trattativa che, da anni, risultava necessaria.
Hollywood al collasso, serie tv e film fermi a tempo indeterminato
Le notizie trapelate negli ultimi mesi riguardo le condizioni di lavoro di sceneggiatori e maestranze del mondo del cinema e della tv in contesti di grandi case di produzione (la Disney e la Warner sono solo due degli esempi più eclatanti) aveva messo in guardia sulla necessità di un cambio di rotta in un settore che, da 10 anni a questa parte, ha avuto un’accelerazione repentina e difficilmente arginabile. Secondo le regole imposte della Writers Guild of America, tutti gli iscritti coinvolti nello sciopero sono tenuti ad abbandonare set, writing room e a non concludere sceneggiature in scrittura. Ciò ha portato ad un rallentamento significativo delle produzioni. Nel caso delle serie tv sono venuti a mancare gli showrunner, veri pilastri indispensabili della realizzazione di qualsiasi prodotto ad episodi. In alcuni casi, addirittura, grandi case di produzione come la Warner hanno proceduto con la sospensione di sceneggiatori con il quale avevano contratti ancora vigenti.

Sciopero sceneggiatori, la discesa in campo del SAG-AFTRA
Il più grande sostenitore della WGA in un momento di crisi così profonda è stato il sindacato SAG –AFTRA (Screen Actor Guild – American Federation of Television and Radio Artists) che conta più di 160mila iscritti tra attori cinematografici e televisivi, doppiatori e artisti radio. Nonostante all’inizio sembrasse solo un tentativo di intimorire le grandi major minacciando uno sciopero degli attori, le parole del CEO della Disney Bob Iger, che ha definito “irragionevoli” i picchetti in corso, non hanno fatto altro che infervorare maggiormente tutte le parti interessate. Il disagio causato dagli sceneggiatori, per quanto sia stato distruttivo per chi lavora nel settore, non è stato minimamente paragonabile a quello creato dagli attori nel momento in cui, il 14 luglio, è stato annunciato lo sciopero generale della categoria. La plateale scelta del cast di Oppenheimer di abbandonare il tappeto rosso della premiere del film è stata solo la miccia che ha avviato una vera e propria reazione a catena.
Migliaia di volti noti di Hollywood sono scesi in strada per sostenere lo sciopero congiunto e chi non è potuto essere presente ha finanziato la causa da lontano sostenendo il fondo sempre attivo per le retribuzioni straordinarie, usato dai sindacati nei casi di emergenza. La richiesta degli attori non è molto diversa da quella degli sceneggiatori: un nuovo accordo con le grandi case di produzione e una tutela maggiore sull’introduzione dell’intelligenza artificiale nei lavori creativi. Da quasi 3 mesi i set sono fermi, i red carpet dei Festival vuoti e nessun prodotto in uscita sta ottenendo alcun tipo di promozione. Insomma, se l’obiettivo era quello di mettere in crisi l’industria del cinema e della tv, ci stanno riuscendo alla perfezione. La presenza di pochissime star (se non quelle che hanno partecipato a film indipendenti) sui red carpet della Mostra del Cinema di Venezia e del Toronto Film Festival non fanno altro che confermare quanto i sindacati non abbiano intenzione di muoversi di un centimetro dalla loro posizione. La Presidente del SAG-AFTRA Fran Drescher ha comunicato in un video che il sindacato potrebbe estendere lo sciopero anche al settore dei videogiochi che, da anni, non adegua i contratti per gli attori coinvolti nella lavorazione di opere videoludiche.
Sciopero WGA – SAG AFTRA, arrivano i primi segnali di disgelo
Solo qualche giorno fa sono iniziati i primi segnali di apertura da parte di tutti i fronti coinvolti attivamente nella vicenda. Dopo diversi incontri chiusi molto bruscamente e con un nulla di fatto, pare che la svolta sia avvenuta il 20 settembre. Alcune personalità vicine ai piani alti di Hollywood avrebbero parlato di una “risoluzione molto vicina” mentre la dichiarazione congiunta di WGA e sindacato produttori non sembra essere così ottimista. Nel caso in cui non si dovesse trovare un accordo in tempi brevi, il rischio è che lo sciopero possa prolungarsi fino alla fine dell’anno causando lo slittamento di altri film e serie tv e il possibile rinvio di Golden Globe ed Oscar. La decisione di rimandare gli Emmy a gennaio 2024 è la testimonianza di quanto il clima ad Hollywood sia ancora molto incerto e teso.

E in Italia?
In Europa e in Italia la situazione è totalmente diversa. Nel nostro paese, infatti, non esiste alcun contratto di lavoro nazionale che copre il mestiere degli sceneggiatori che, la maggior parte delle volte, sono pagati poco e lavorano come autonomi. Le retribuzioni, infatti, si basano su contratti che si stipulano con le case di produzione che riguardano principalmente i diritti d’autore che vigono sull’opera. Nonostante ciò pare che le conseguenze di quello che sta succedendo negli Stati Uniti stia avendo una risonanza, anche se minima, in Italia. Molti sceneggiatori, o più in generale lavoratori del settore dell’intrattenimento, hanno iniziato a parlare apertamente della possibilità di avere una regolamentazione sindacale capace di tutelarli. Oltre a questo, gli effettivi strascichi che lo sciopero ha avuto in Italia sono stati limitati ai rinvii e, soprattutto, alle programmazioni delle sale cinematografiche. Essendo in un paese che, sfortunatamente, ha un settore dell’intrattenimento audiovisivo ancora molto debole, le sale in Italia sopravvivono soprattutto grazie alle “grandi uscite internazionali”.
Gli enormi successi al botteghino collezionati quest’estate da Barbie ed Oppenheimer sono solo l’ennesima conferma di una tendenza che ha origini molto lontane. Lo “stop” temporaneo del mondo del cinema e della tv americana sarebbe potuto essere un ottimo punto di partenza per l’Italia in modo da puntare su prodotti nostrani investendo su una promozione di qualità. Le lotte che portano avanti negli Stati Uniti confermano, invece, quanto il nostro paese sia incredibilmente indietro rispetto al resto del mondo e che non riesca ancora a capire le sue immense potenzialità.