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Recensione – L’Imbalsamatore: la compassione di Matteo Garrone

Recensione: l'Imbalsamatore di Matteo Garrone

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: L’Imbalsamatore
Genere: drammatico

Anno: 2002

Durata: 101 min
Regia: Matteo Garrone
Sceneggiatura: Matteo Garrone Ugo Chiti, Massimo Gaudioso
Cast: Ernesto Mahieux, Valerio Foglia Manzillo,  Elisabetta Rocchetti, Lina Bernardi, Pietro Biondi, Bernardino Terracciano
Fotografia: Marco Onorato 
Montaggio: Marco Spoletini
Colonna Sonora: Banda Osiris
Paese di produzione: Italia

Matteo Garrone è uno degli autori più influenti del cinema italiano attuale: la carriera del regista inizia anni prima, ma è “L’Imbalsamatore” il film che inizia la sua consacrazione tra gli artisti che lasciano un’impronta nel nostro paese.

La trama di L’Imbalsamatore, diretto da Matteo Garrone

Peppino è un imbalsamatore esperto e conduce una vita solitaria. Le sue abilità sono talmente apprezzate da essere reclutato persino dalla Camorra che lo paga profumatamente. Quando conosce Valerio, un cuoco affascinante e disoccupato, decide di prendersene cura offrendogli un lavoro e dandogli mille attenzioni. Man mano che i due continuano a frequentarsi, la loro amicizia si trasforma in qualcosa di più, ma numerosi ostacoli aumentano la grande difficoltà di riuscire a mantenere un rapporto.”

L'Imbalsamatore di Matteo Garrone: recensione

Recensione di L’Imbalsamatore di Matteo Garrone

La regia di Matteo Garrone si approccia direttamente ai corpi dei personaggi, mettendo in evidenza la loro prospettiva, come se i movimenti di macchina da presa, uniti da un montaggio perfetto che collega gli sguardi di Peppino con quelli di Valerio, facesse continuamente percepire allo spettatore ciò che significa davvero “dimensione“. Le inquadrature mostrano la vicinanza tra i due protagonisti, creando campi in cui entrambi sono presenti, ma man mano che il film va avanti, l’uso dei primi piani è sempre più frequente ed i personaggi appaiono sempre separati tra di loro. È come se Garrone volesse farci avvicinare di più dentro le loro anime, ma solo per fare percepire il loro disagio che allontana qualsiasi alchimia.

Le scenografie evidenziate mostrano una Castel Volturno spesso deserta, sporca e spoglia, con campi lunghi in cui i personaggi sembrano perdersi in uno spazio che non sono capaci di riempire. Abbandonati a sé stessi, abbandonati da un mondo che li ha fatti sempre sentire piccoli e che per giunta non risulta essere accogliente nella sua povertà. Non è un caso che i pochi momenti di conforto, in cui Peppino si abbandona a piaceri sessuali, l’appartamento sembra quasi prendere colore, come per mostrare quell’avvicinamento all’unica felicità che il personaggio aspira e che risulta essere soltanto un’illusione. Tutti gli attori sono molto bravi, ma Ernesto Mahieux buca lo schermo quando interpreta Peppino, evidenziando la propria fragilità anche se il personaggio mostra un’ironia che vuole apparentemente ignorare le proprie paure e le proprie incertezze.

Imbalsamati nella rassegnazione

Peppino viene mostrato come una persona che è a posto con le proprie condizioni economiche, riuscendo a trovare un impiego disonesto, imbalsamando cadaveri e guadagnando tanto. La vista di quei corpi in cui lui inserisce le droghe per ordine della Camorra è un parallelismo nel suo riempimento di vuoti: la vita di Peppino è caratterizzata da una profonda solitudine a cui lui si è abituato, diventando, per l’appunto, una persona imbalsamata. Una persona reietta per il suo aspetto afflitto da nanismo, abituata a stare negli scarti della società pur avendo raggiunto una posizione di spicco, ma sempre tra esseri condannati ad essere soli per le loro malefatte come i camorristi. Lui non ha rapporti con nessuno e continua a vivere senza vivere, proprio come le sue creature che appaiono perfette esteticamente ma che all’interno non hanno nulla… seppur un normale cittadino italiano possa invece pensare che sia l’esatto contrario. Per una persona Peppino può essere brutto all’esterno, mentre lo stesso Peppino si sente morire anche all’interno.

L'Imbalsamatore: recensione

Quando Peppino scopre quindi una nuova via di felicità, innamorandosi di un ragazzo che appare molto più bello di lui, gli sembra di aver scoperto la luce. Valerio è il ragazzo che lui non è mai stato e che non sarà mai, ma è allo stesso tempo colui che ha sempre voluto essere, nonché la persona con cui vorrebbe stringersi. Una persona che forse lo ha accettato: lo stesso Valerio vede in Peppino un mentore, un maestro, una figura astratta che gli appare strana ma allo stesso tempo così reale e viva, dal quale gli è difficile staccarsi. Garrone è estremamente intelligente nel non far mai capire allo spettatore quanto Valerio sia davvero attratto verso Peppino: il suo distacco è causato dal fatto che per Valerio si tratta solo di un’avventura, oppure la relazione con Peppino deve finire poiché è questo ciò che i canoni italiani e la nostra società vorrebbero? Infatti Valerio rinuncia a Peppino per inseguire un’altra bellezza, così come Peppino ha cercato in tutti i modi di seguire la sua.

Ed è nel momento in cui l’opera mostra la totale disperazione di Peppino ed in cui questa ricerca per la felicità diventa sempre più evidente così come sempre più vana. Il desiderio si trasforma in ossessione, la quale riesce a tirare fuori i nostri impulsi più letali e più selvaggi, aumentando il distacco. Matteo Garrone riesce a mostrare l’incontro impossibile tra due mentalità e due anime completamente diverse tra di loro, filmando i pochi momenti di affinità come se fossero dei sogni con l’evidenza che stiano per finire dal momento in cui questi iniziano. Ma nonostante disperazione, tristezza ed impulsività cospargano tutta l’opera, il centro rimane la compassione, una compassione che non servirà a risolvere nulla, ma che farà interrogare lo spettatore sulla sofferenza causata da quella che sembra destinata ad essere un’eterna solitudine, rendendo “L’Imbalsamatore” una delle opere intimiste più incredibili che l’Italia abbia partorito.

Voto:
5/5
Gabriele Maccauro
4.5/5
Riccardo Marchese
4/5
Alessio Minorenti
0/5
Vittorio Pigini
3.5/5
Giovanni Urgnani
0/5