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Recensione – Slacker: il film manifesto di Richard Linklater

Slacker di Richard Linklater

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Slacker
Genere: Commedia, Drammatico 
Anno: 1991
Durata: 100′
Regia: Richard Linklater
Sceneggiatura: Richard Linklater
Cast: Richard Linklater, Kim Krizan, Mark James, Stella Weir, John Slate, Louis Mackey e Teresa Taylor 
Fotografia: Lee Daniel 
Montaggio: Scott Rhodes 
Colonna Sonora: -. 
Paese di produzione: Stati Uniti d’America 

Solo qualche anno dopo l’esordio nel mondo del cinema, Richard Linklater nel 1991 realizza il suo secondo lungometraggio: “Slacker”, un altro film indipendente e nuovo esperimento narrativo. Un altro progetto curato interamente dall’autore statunitense, il quale appare nuovamente nei panni di uno dei protagonisti. È proprio con questo film che il cineasta americano comincia a farsi notare soprattutto dal mondo della critica, grazie anche alla nomination per il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, famosa manifestazione dedicata al cinema indipendente. Di seguito la trama e a recensione del secondo film firmato da Linklater.

La trama di Slacker, il secondo film di Linklater

Il film racconta la storia di un gruppo di cosiddetti giovani disadattati, una serie di personaggi eccentrici e fuori dagli schemi. Tra i protagonisti non può mancare quello interpretato dallo stesso Linklater ovvero un loquace passeggero di un taxi, ma ci sono anche dei bizzarri cospiratori, che attraverso i loro racconti passano dal parlare dell’esistenza degli alieni al famoso caso JFK, non mancano anche collezionisti e altre diverse persone dalle bizzarre e particolari personalità.

Slacker di Richard Linklater

La recensione di “Slacker” (1991)

Slacker”, oltre ad essere un nuovo esperimento cinematografico da parte di Richard Linklater, è anche quell’ultimo “test” prima del decisivo salto di qualità con il terzo e successivo film. I temi trattati sono tanti e, anche questa volta, vengono raccontati ed affrontati attraverso gli occhi di un ragazzo. Si parla della classica esclusione sociale, la cosiddetta emarginazione, ma anche di tanti altri temi d’attualità come la disoccupazione e tutto ciò che concerne il mondo del lavoro. Un altro gran numero di personaggi molto diversi tra loro, ma accomunati da quella voglia di raccontare e narrare la propria storia. Il film, infatti, è composto da diversi spezzoni che raggruppano questa moltitudine di diverse personalità, all’interno di una narrazione spezzettata che, a differenza del film precedente dove a farla da padrone erano le immagini, questa volta punta sul dialogo ed i ripetuti scambi di opinioni tra i personaggi. Una caratteristica che non fa altro che dimostrare le diverse sfaccettature di un giovane cineasta che ha davvero qualcosa da dire e da raccontare.

 

Queste caratteristiche portano la struttura dell’intera opera a tralasciare spesso riprese in primo piano oppure i classici campi e contro campi, prediligendo una messa in scena ricca di piccoli piani sequenza. Tutto parte dal titolo, infatti, la traduzione italiana di “Slacker” è fannullone, proprio come i personaggi che popolano questa storia. Anche questa seconda opera realizzata da Linklater, come la precedente, non segue un reale filo conduttore. Tecnicamente è un lavoro ancora molto grezzo ed è stato realizzato con attrezzatura di base, questa volta le riprese non sono più con la sua amata Super 8, ma con una Arriflex 16mm. Nonostante un misero budget di soli 23.000$, il film, grazie a diverse proiezioni in anteprima, è stato successivamente acquistato dalla Orion Classics che si è occupata della distribuzione sul territorio nazionale, portando la pellicola ad incassare quasi un milione e mezzo (cifre calcolate per il valore dell’epoca). Fortunatamente, qualche anno dopo la realizzazione, il film ha avuto anche una distribuzione home video: dal classico dvd ad un cofanetto prodotto dalla Criterion Collection contente tra i contenuti speciali il precedente e primo lungometraggio di Richard Linklater “It’s Impossible to Learn to Plow by Reading Books” (1988).

 

Questo secondo lungometraggio di Linklater è spesso considerato come una sorta di apri pista di quel movimento cinematografico indipendente dei primi anni ’90. L’obiettivo dell’autore era ed è ancora quello di portare in scena la vita dei cosiddetti “fannulloni” che principalmente vengono considerati come un passo indietro rispetto all’uomo comune, ma che in realtà si dimostrano quasi sempre un passo avanti rispetto alla loro epoca per via di questo categorico rifiuto degli stilemi di società legati al capitalismo ed al consumismo. Molti giovani registi e sceneggiatori si sono ispirati ai primi lavori e alla visione unica di Linklater e dei suoi colleghi Jim Jarmusch, Steven Soderbergh, Robert Rodriguez ed i fratelli Joel ed Ethan Coen, alcuni dei capostipiti della rinascita del cinema indipendente dagli anni ’80 in avanti. Autori che hanno portato sul grande schermo, in un modo o nell’altro, un periodo che oggi spesso si ricorda con nostalgia. “Slacker” è quindi sicuramente un apri pista ed uno spunto di riflessione per successivi autori, impossibile non pensare subito a Kevin Smith che con “Clerks” (1994) ricalca le line guida tracciate da questi grandi autori indie. La pellicola firmata da Linklater ha avuto nel corso del tempo talmente risonanza tra il pubblico più cinefilo che ha portato, diversi anni dopo ed in occasione del 20° anniversario del lungometraggio del 1991, la catena di cinema Alamo Drafthouse ha realizzare un divertente remake dell’opera originale, approvata dallo stesso autore, dando vita ad un film antologico che ripropone spezzone per spezzone l’intera storia diretta, però, da registi diversi.

Slacker di Richard Linklater

Il film manifesto di una generazione

Slacker” è il secondo film dell’autore nativo del Texas, un esperimento perfettamente riuscito che propone allo spettatore una visione unica non solo di un giovane autore, ma anche di una città, Austin, e sopratutto di un intera nazione come gli Stati Uniti d’America. E’ sicuramente un film manifesto di un’intera generazione vista e raccontata attraverso gli occhi di Richard Linklater, uno degli autori più importanti e fondamentali dell’intero panorama indie della settima arte. Una personalità unica che negli anni si è anche prestata alle major, ma senza dimenticarsi mai le sue radici e la sua natura più indipendente, integrandosi perfettamente al sistema e portando sullo schermo le sue storie. Quello che Linklater riesce a restituire quasi sempre a tutte le sue opere è quell’incredibile fascino che finisce per risultare un vero e proprio valore estetico per i suoi progetti, realizzando talvolta opere spiazzanti che non sempre hanno colpito la curiosità del pubblico. Motivo che lo ha portato a collaborare, in futuro, anche con alcune delle major senza snaturarsi, anzi spesso portando in scena delle “scommesse”, a volte rischiose per le stesse grandi case di produzione e distribuzione. Nonostante un’interessante, ma ancora molto acerba, opera prima, Linklater è con “Slacker” che comincia a farsi un nome ad Hollywood, tanto da portare la National Film Registry ha decidere nel 2012 di conservare il suo film nella famosa Biblioteca del Congresso (Library of Congress) per il suo grande valore culturale di una determinata epoca.

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