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Recensione – La Favorita: film diretto da Yorgos Lanthimos

Recensione - La Favorita, diretto da Yorgos Lanthimos

La Favorita è il sesto film in carriera diretto da Yorgos Lanthimos, distribuito al cinema nel 2018 e presentato in anteprima alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Proprio alla 75esima edizione della Mostra, il film ha ricevuto due prestigiosissimi riconoscimenti: il Gran Premio della Giuria e la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Olivia Colman. Inoltre, La Favorita ha ricevuto ben 10 nomination agli Oscar del 2019, e Olivia Colman ha trionfato come miglior attrice anche durante la cerimonia più glamour di Hollywood. La Favorita è un film di genere drammatico e storico, dalla durata di 119 minuti circa. Il cast è formato da Olivia Colman, Emma Stone, Rachel Weisz, Nicholas Hoult, Joe Alwyn, Mark Gatiss, Jenny Rainsford, James Smith, Basil Eidenbenz. Di seguito la trama e la recensione di La Favorita, film diretto da Yorgos Lanthimos. 

La trama di La Favorita, diretto da Yorgos Lanthimos

Ecco la trama di La Favorita, film di genere drammatico e storico diretto da Yorgos Lanthimos:

 

“Il film è ambientato nei primi anni del 1700, durante la guerra tra Francia e Inghilterra. La storia narra le vicende che si sviluppano alla corte della regina Anna Stuart (Olivia Colman), non più giovane e con problemi di salute che la portano a trascurare i suoi impegni di regnante, preferendo la compagnia dei suoi conigli, allevati al posto dei figli che ha perso negli anni. La consigliera e amica intima della regina, Sarah Churchill (Rachel Weisz), detta Lady Marlborough, amministra al suo posto il potere, approfittando della sua posizione per favorire la carriera militare del marito, oltre che la fazione politica dei Whig.

 

Gli equilibri vengono però sconvolti quando giunge a corte la cugina di Sarah, Abigail Masham (Emma Stone), nobile caduta in disgrazia dopo che il padre l’ha ceduta per ripagare i propri debiti. Abigail è determinata a tornare nella cerchia dei nobili e partendo da un’incarico di sguattera, riesce a conquistare i favori e le attenzioni della regina, approfittando del fatto che gli impegni politici legati alla guerra richiedono a Sarah un maggiore dispendio di tempo, tenendola lontana dalla sovrana. La regina Anna, lusingata dal sentirsi contesa tra le due donne, alimenta la rivalità. Sarah e Abigail metteranno tutta la loro astuzia ed escogiteranno i più fini stratagemmi per arrivare al potere, finché solo una delle due affermerà la propria supremazia, diventando la favorita della regina.”

Recensione - La Favorita, diretto da Yorgos Lanthimos

La recensione di La Favorita: il film più equilibrato, terreno e ironico di Yorgos Lanthimos

La Favorita è il sesto lungometraggio di Yorgos Lanthimos, il quale ha diretto il film ma ha ceduto la scrittura della sceneggiatura. Il risultato è a dir poco entusiasmante, poiché era dai tempi di Marie Antoinette (2006) di Sofia Coppola che non si vedeva un’opera biografica, storica e drammatica così frizzante, la quale addirittura lavora per immagini intrise di significato. Il cineasta greco si è sempre dimostrato finora un autore che ama la provocazione, anche in grado di restituire un senso di freddezza e distacco emotivo dai suoi personaggi e dagli spettatori. Tuttavia, in La Favorita emergono sì gli ormai classici stilemi di una corte circense e troppo legata al divertissement e alle tradizioni superflue (la corsa delle anatre), ma è la percezione caricaturale a rendersi vivida come mai prima d’ora si era osservato nel cinema di Lanthimos. Le tre protagoniste sono delle donne risolute e segnate da un profondo amore verso qualcuno (l’altra) o qualcosa (la Patria; il Potere), e il meccanismo della deformazione applicato alle loro personalità è d’incredibile impatto. Ciò vale soprattutto per un’estetica raffinata, la quale ricalca l’uso della luce naturale sia esterna che interna, omaggiando così il Barry Lyndon di Kubrick, ma a colpire sono soprattutto i grandangoli, i molteplici utilizzi delle lenti anamorfiche, e i carrelli. Lo stesso dicasi per la colonna sonora, realizzata con l’uso di violoncelli e organo, tra gli strumenti principali; talvolta la musica si fa ingombrante, riecheggia proprio per colmare l’enorme spazio dei corridoi.

 

Tramite tali intuizioni, il regista suggerisce come le protagoniste, a turno, intendono occupare e gestire tutto lo spazio necessario se non oltre, acquisendo pian piano il tanto ambito Potere, manipolando le azioni di una regina esteticamente kafkiana. Olivia Colman, di fatto, riesce più volte a prendersi la scena con la sua immensa bravura, dando sfogo alla complessità di un personaggio sfaccettato, verso il quale è possibile provare profonda tenerezza e contemporaneamente un proverbiale disgusto. Quanto appena descritto viene reso possibile, come accennato, grazie alla potenza delle immagini: la regina Anna è ormai stanca, consumata e afflitta da molteplici problemi fisici. Inoltre, prova uno smisurato dolore poiché ha perso ben 17 figli durante il corso della vita, e li ha sostituiti con dei “soggiogati” conigli, che lei stesso definisce come i suoi piccoli. Nonostante ciò, la frustrazione di Anna è evidenziata nelle scene in cui urla, piange, si lamenta costantemente come una bambina capricciosa, la quale non mancherà di fare i dispetti alla sua prima amante Sarah, e successivamente anche alla seconda, Abigail. La regina diventa il fulcro presso cui i personaggi si muovono aspettandosi decisioni a proprio favore, oppure dei cambi di rotta improvvisi collegati al riconoscimento individuale o del partito d’appartenenza. Insomma, la vera Guerra che è con la Francia, sembra apparentemente essere un sottofondo, poiché è quella interna alla corte la protagonista indiscussa, con tanto di sovversione tra i ruoli con vittima e carnefice a scambiarsi.

 

L’utilizzo delle dissolvenze lascia assaporare il film come se si stessero sfogliando delle pagine di un libro, e il racconto presenta delle scene davvero suggestive ed esasperate, nonché erotiche nel loro essere genuinamente sfrontate. Ma la chiave di svolta è rappresentata anche dal grottesco verbale: i dialoghi sono assolutamente fuori dal tempo d’ambientazione, ma d’altronde non è la fedele ricostruzione storica ad interessare Lanthimos, il quale si avvale di una comicità stridente e ironica. L’ultima inquadratura in La Favorita si fa apoteosi di questo concetto, e l’accettazione passa per la simulazione di una fellatio, purché si riesca a provare un piacere terreno e concreto, con la consapevolezza della sua breve e illusoria durata. Il gioco delle parti si conclude in maniera cinica, in contrapposizione all’incipit ben più umoristico, e la medesima inquadratura dal basso mostrata in precedenza su Sarah, viene ripresa anche su Abigail, come a voler confermare che ambedue le donne hanno in realtà la stessa natura subdola e manipolatoria

Voto:
4.5/5
Andrea Barone
5/5
Andrea Boggione
4.5/5
Gabriele Maccauro
4/5
Riccardo Marchese
4.5/5
Alessio Minorenti
4.5/5
Matteo Pelli
4/5
Vittorio Pigini
4.5/5
Bruno Santini
4.5/5
Giovanni Urgnani
5/5
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