Articolo pubblicato il 28 Dicembre 2023 da Gabriele Maccauro
Arriva nelle sale italiane a partire dal 20 luglio 2023 il debutto cinematografico della regista spagnola Carlota Pereda, il thriller-horror Piggy, la storia di una giovane ragazza vittima di body shaming. Di seguito, ecco dunque trama e recensione del film.
La trama di Piggy, il debutto cinematografico di Carlota Pereda
Prima di parlare del film in maniera più approfondita, è bene spendere qualche parola sulla trama del film. Piggy segue la storia di Sara (Laura Galan), una giovane ragazza che lavora nella macelleria di famiglia e che è spesso vittima di body shaming da parte dei propri coetanei. È piena estate e le ragazze della sua età vanno spesso a fare il bagno in piscina ma Sara, per il modo in cui viene trattata, evita sempre di andare mentre ci sono loro. Un giorno però decide di andarci, sperando che la tarda ora le permetta di essere lì da sola, ma una volta arrivata ed essersi messa in costume, viene raggiunta da alcune di loro che iniziano a bullizzarla. Terrorizzata e dopo che loro sono andate via portandole via l’asciugamano, corre a casa in lacrime. Le ragazze sono però scomparse e scoppia un caso in tutto il paese con Sara che, sulla via del ritorno, aveva notato una di loro rinchiusa in un furgone. Da qui inizierà dunque la ricerca della verità, fino ad un epilogo splatter purtroppo telefonato e poco riuscito.

La recensione di Piggy: un film disonesto
Presentato in anteprima al Sundance Film Festival del 2022 e, successivamente, al Festival del Cinema di San Sebastian, la sceneggiatura di Piggy nasce a partire dall’omonimo cortometraggio della stessa Carlota Pereda che, nel 2019, vince il premio Goya nella categoria Miglior Cortometraggio. Con un budget di 409 mila euro, il film – che è stato generalmente apprezzato dalla critica internazionale – ha inoltre incassato circa 2,5 milioni di euro, in attesa ovviamente della sua uscita in Italia del 20 luglio 2023.
Dopo il successo del cortometraggio del 2019 Carlota Pereda decide di ampliare le tematiche esplorate in Piggy con un lungometraggio omonimo, ma in questa scelta risiede già parte del problema della pellicola. Nonostante l’importanza della tematica infatti, l’impressione è che la regista spagnola non avesse poi così tante cose in più da raccontare o, per meglio dire, non ha saputo dosare nella maniera giusta un racconto che appare semplicemente dilatato nel tempo, allungato e che perde di vista ogni personaggio che non sia la protagonista Sara. Se qualcosa in più ci viene infatti data dai suoi genitori – non particolarmente approfonditi, ma interessanti come interessante è il microcosmo della macelleria di famiglia – manca totalmente un qualsivoglia rapporto tra lo spettatore e le ragazze che la bullizzano, come anche quello con lo sconosciuto che le rapisce e che sembra l’unica persona a tenere un minimo a Sara.
Il vero problema è però legato alle intenzioni: le tematiche affrontate in un film bastano per renderlo importante? La risposta è no. Bullismo e body shaming vanno fermamente condannati, ma qual è il prezzo della vendetta? Entrando in zona spoiler, Sara riesce a liberare le ragazze rapite, le stesse che l’hanno sempre bullizzata e, addirittura, finisce per uccidere lo sconosciuto, l’unica persona che ha dimostrato un minimo di interesse nei suoi confronti. Le salva e non le uccide perché, per come ci viene posto il racconto scritto dalla stessa Carlota Pereda, lei è superiore a loro e fa bene a fare ciò che fa, ma non è attraverso sequenze splatter, morte e violenza che la sua situazione potrà migliorare. Soprattutto, per questioni così delicate, sentenziare su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato appare quantomeno discutibile: non la condanna al bullismo chiaramente, ma ciò che viene dopo, alla reazione di Sara ed alla risoluzione finale del film che, di certo, lascia comunque tutto aperto. Le ragazze, una volta salvate, cosa dovrebbero fare? Ringraziarla e smettere di bullizzarla? Di certo non lo farebbero perché il loro animo è cambiato, ma solamente perché la loro vita è stata salvata. Insomma, gli insegnamenti di Quentin tarantino – ricordate Kill Bill? – su quanto la vendetta non abbia senso di esistere, vengono completamente a mancare. Si tratta dunque di un film mediocre nella realizzazione, grossolano nella scrittura, che parte certamente da una buona idea ma che finisce per essere realizzata in maniera maldestra. Dunque, il suo vero obiettivo di far riflettere lo spettatore una volta uscito dalla sala, in ogni caso, sembra venire completamente a mancare.