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Recensione – Delta, il thriller con Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio

Michele Vannucci dirige Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio in un thriller ispirato a fatti realmente accaduti. Solo intrattenimento o c’è spazio per una riflessione matura?
La recensione di Delta

Presentato in concorso al Locarno Film Festival il 7 agosto 2022, distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 23 marzo 2023. Diretto da Michele Vannucci e coscritto insieme ad Anita Otto, Fabio Natale e Massimo Gaudioso. Prodotto da Matteo Rovere, la colonna sonora è composta da Teho Teardo mentre il cast presenta: Alessandro Borghi, Luigi Lo Cascio, Emilia Scarpati Fanetti, Greta Esposito, Denis Fasolo e Sergio Romano.

 

 

La trama di Delta, diretto da Michele Vannucci

Di seguito la trama ufficiale di Delta, diretto da Michele Vannucci:

 

Il delta del Po è il teatro dello scontro tra bracconieri e pescatori. Osso (Luigi Lo Cascio),  insieme alla sorella e alla sua associazione ambientale, vuole difendere il fiume dalla pesca indiscriminata della famiglia Florian, in fuga dal Danubio. Insieme ai Florian c’è Elia (Alessandro Borghi), che in quelle terre ci è nato. Si sussegue una serie di escalations che coinvolgono prima la comunità e poi i singoli individui. Travolti dalla violenza cieca e dalla sete di vendetta, si affronteranno tra le nebbie del delta, scoprendo la loro vera natura in un duello destinato a non avere vincitori.

 

 

 

 

La recensione di Delta, con Luigi Lo Cascio e Alessandro Borghi

L’acqua è l’elemento più essenziale che esista sul nostro pianeta, il nostro organismo ne è composto per il 70%. Un bene di prima necessità messo in costante pericolo dalle azioni umane, una vera e propria autodistruzione dato che l’acqua è parte di noi, una tematica attuale in cui molta cinematografia contemporanea si sta concentrando. La situazione idrica e ambientale rispecchia appieno l’animo dei nostri protagonisti, l’ambientazione dialoga direttamente con i personaggi, una realtà paludosa e rarefatta, condizione al quale pare bisogna rassegnarsi. L’inquinamento dei fiumi, dei laghi e dei mari avviene tramite elementi tossici e scarico di materiali mentre la contaminazione dell’interiorità è causata dall’intolleranza, precarietà e disuguaglianza cosicché nelle vene non scorre più sangue ma odio e rabbia. La disperazione porta ad una lotta senza esclusione di colpi, dissapori viziati da una realtà ben celata da chi non pensa ad altro che sfruttare le condizioni svantaggiose altrui, seminando zizzania e inasprendo sempre di più una tensione di base già altissima.

 

 

La narrazione sembra svilupparsi in un contesto avulso da qualsiasi altro, come se al di fuori dello spazio in cui i personaggi si muovono finisca tutto. La sensazione che si vuol far provare è proprio questa, mostrare gli ingranaggi di un microcosmo completamente lasciato a se stesso. Una circostanza provinciale a cui il potere centrale pare non interessarsi più di tanto, peccato che situazioni come queste siano un termometro importante per misurare le condizioni del tessuto sociale, specialmente per quello italiano. Da qui scaturisce un’altra causa del rancore e dell’astio consumato nella pellicola: l’abbandono. Dopo aver sacrificato il proprio tempo scendendo in prima linea per migliorare le cose rimane solo la possibilità di rammaricarsi nel constatare quanto rischi di risultare inutile lo sforzo profuso, allora con la paura nel cuore e la mente annebbiata, si cerca di raddrizzare possibili o presunti torti esclusivamente con le proprie forze, perdendo di vista il quadro generale e le potenziali catastrofiche conseguenze.

 

 

 

 

I pregi e difetti di Delta, prodotto da Matteo Rovere

La percezione di ristrettezza e circoscrizione è supportata da una regia che sfrutta appieno la camera a mano, seguendo passo-passo e da distanza ridotta le azioni dei personaggi, salvo allargare le inquadrature in quelle situazioni precise in cui si intende esaltare il paesaggio. Da notare un importante utilizzo in determinati frangenti del montaggio parallelo capace di comunicare simbolicamente una fattualità ineluttabile, peccato non aver sfruttato questo aspetto con maggior continuità.

 

 

L’obiettivo di mantenere alto il livello di attenzione può dirsi raggiunto, fin dall’inizio non si perde in chiacchiere inutili evitando per tutta la durata qualsiasi possibile tempo morto garantendo così un ritmo costante per un sicuro intrattenimento alimentato da vari tecnicismi, anche se il ricorso a primissimi piani o addirittura particolari avrebbe dovuto essere più moderato poiché per larga parte risultano fini a sé stessi mentre le prove attoriali generalmente non deludono: Lo Cascio sempre una garanzia; Borghi si adatta molto bene al ruolo assegnato, in continuità con le performance precedenti.

 

 

Voto:
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