Recensione – Woman Talking: Il Diritto di Scegliere

Articolo pubblicato il 15 Marzo 2023 da Andrea Boggione

Tra i titoli candidati ai recenti 95° Academy Awards c’è “Women Talking: Il Diritto di Scegliere” di Sarah Polley. Il film dell’attrice, sceneggiatrice e regista canadese ha racimolato due importanti nomination: quella per la miglior sceneggiatura non originale (premio vinto dalla stessa Polley) e quella per il miglior film. Un progetto che assume la forma di una sorta di film che, qualche anno fa, sarebbe stato definito “manifesto” ed ora un classico film di cronaca o di denuncia. Di seguito la trama e la recensione del lungometraggio candidato e vincitore agli Oscar. 

La storia raccontata in “Women Talking: Il Diritto di Scegliere”

Dopo una serie di violenze e maltrattamenti subiti dai loro stessi uomini e compagni, un gruppo di donne decide di riunirsi per prendere una scelta: lasciar perdere e continuare a subire i soprusi, restare e ribellarsi oppure fuggire ed andare via per sempre. Una decisione che segnerà le vite ed il futuro di queste donne appartenenti ad una comunità che segue regole precise e rigide. L’ostacolo più grande, però, è rappresentato dalla loro Fede. Una lotta contro le ingiustizie nel tentativo, da parte di queste donne e madri, di salvare quantomeno le proprie figlie.

“Il perdono fa parte della nostra Fede, saremo costretti a lasciare la colonia se non perdoniamo quegli uomini.”

La recensione della Miglior Sceneggiatura ai 95° Oscar

Women Talking: Il Diritto di Scegliere” è fresco di vittoria all’ultima edizione degli Oscar, aggiudicandosi il premio per la miglior sceneggiatura non originale. Sarah Polley, alla sua seconda nomination, trionfa grazie ad un film liberamente ispirato a fatti realmente accaduti in una colonia boliviana nel 2011. Una storia adattata precedentemente nel romanzo “Donne che Parlano” (2018) di Miriam Toews che la cineasta canadese ha deciso di riproporre sul grande schermo, sotto forma di racconto che parla di una violenza celata all’occhio dello spettatore, ma visibile negli sguardi e nei segni sui corpi di queste donne. Il pubblico fin dal primo istante è consapevole di quello che subiscono le protagoniste e finisce per essere coinvolto dal confronto che si trovano costrette ad affrontare queste madri. Un elemento più che fondamentale è rappresentato dalla religione e dalla profonda Fede che nutrono le donne e che, via dicendo, scaturiscono una serie di riflessioni ed opinioni diverse sul da farsi. Qual è la decisione migliore? Com’è possibile far cessare queste continue violenze? Il compito di trovare una risposta, e quindi prendere una decisione, viene affidato ad otto donne della colonia: “ScarfaceJanz, Salome, Ona, Mariche, Agata, Greta, Mejal e Autje. Otto figure femminili che hanno il duro lavoro di scegliere e determinare il futuro ed il destino della colonia. Importante si rivela anche l’unica figura maschile di rilievo della pellicola: August Epp, interpretato da Ben Whishaw, è un giovane insegnante che sceglie di aiutare questo gruppo di donne, distinguendosi dal resto degli uomini appartenenti a questa comunità religiosa. 

 

La forza del film risiede soprattutto nelle grandi interpretazioni da parte di un cast ricco di grandi nomi: da Frances McDormand a Rooney Mara, da Claire Foy a Jessie Buckley, passando per Judith Ivey e Sheila McCarthy. Attrici che prestano i loro volti e le loro incredibili capacità a personaggi che lottano per i propri diritti ed in cerca di libertà. Il tempo stringe, non c’è molto tempo per valutare i tanti e troppi pro e contro di ogni singola possibilità. Il confronto vede contrapporsi, però, da un lato chi spinge verso una scelta volta a restituire la violenza subita, dall’altra l’idea di andare via e trovare un posto migliore dove vivere e crescere in armonia i propri figli. Ogni singola protagonista incarna dei valori e personalità ben distinte. La regista attraverso una messa in scena classica lavora su diversi primi piani tra gli occhi dei vari personaggi, scegliendo di analizzare i diversi modi di porsi e le differenti reazioni. Una struttura di sguardi che lavora sul famoso “non detto” che spesso finisce per sfociare in un sorriso o una risata che può voler dire tutto o niente. L’obiettivo è quello di riuscire a sviscerare il problema in ogni sua forma, nonostante una serie di difficoltà come, ad esempio, la mancanza di un istruzione per queste donne: infatti, a loro questo privilegio è stato negato così da perdere qualsivoglia tipologia di emancipazione. Una condizione di grande rilievo che, inserita in una storia con una messa in scena un pizzico più ricercata e meno sottotono, forse sarebbe riuscita ad equilibrare lo stesso racconto che, invece, è accompagnato da un voice over ingombrante e spesso fuori luogo. Sono le immagini più silenziose di questo film che, in fin dei conti, riescono a trasmettere di più ed a catturare la vera forza di questa lotta. 

“Sappiamo che non ci siamo inventate queste aggressioni, sappiamo che siamo doloranti e terrorizzate.”

Quanto costa lottare per i propri diritti?

Il prezzo da pagare per questo gruppo di donne, in ogni caso, è alto: ogni singola scelta ha delle conseguenze per loro. Restare e perdonare significherebbe continuare a subire violenze e molestie, combattere aumenterebbe ancora di più il numero dei soprusi, mentre fuggire o scappare potrebbe risultare una scelta dettata principalmente dalla paura. La decisione alla fine è la libertà di poter prendere la propria scelta e porre fine ad ogni maltrattamento. “Women Talking: Il Diritto di Scegliere” non è solo un film che parla di donne e della lotta che hanno deciso di intraprendere, ma di diversi temi che fanno tutt’ora parte della cultura moderna: basti pensare alla figura del reietto oppure dell’elemento transgender che, seppur in maniera minore, vengono analizzate all’interno della pellicola. 

 

Un lungometraggio molto strutturato che non esce da schemi già delineati, una caratteristica che rappresenta allo stesso tempo sia una forza sia una debolezza. L’importante, però, è riuscire a far passare il gran messaggio di fondo che apre e chiude un cerchio al cui interno si sviluppa una storia commovente, ricca di tensione, a cui manca quella spinta in più per risultare un’operazione vincente sotto tutti i punti di vista. Un titolo che non ha guadagnato candidature o nomination per le singole componenti del cast, ma sicuramente è grazie alle capacità di queste grandi attrici che ne deriva quella per il miglior film. E’ proprio lì che si nasconde in piena luce la forza di un progetto cinematografico che tratta temi già conosciuti, senza chissà quale guizzo narrativo o visivo, giocando, però, su sfumature e riflessioni che portano il pubblico a confrontarsi con il percorso che affrontano queste incredibili quanto determinate donne.

Voto:
3.5/5
Sarah D'Amora
3.5/5
Christian D'Avanzo
3/5
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