L’infanzia di Enzo D’Alò: la recensione di Opopomoz

Primo soggetto originale per Enzo D’Alò, ambientato in una notte di Natale a Napoli, che si rivelerà molto speciale. Il tentativo è riuscito a ripagare l’attesa?
La recensione di Opopomoz

Articolo pubblicato il 25 Dicembre 2023 da Giovanni Urgnani

Distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 5 dicembre 2003, diretto da Enzo D’Alò e coscritto insieme a Furio e Giacomo ScarpelliLa colonna sonora è firmata da Pino Daniele, il montaggio come sempre è curato da Simona Paggi, mentre il cast vocale è composto da: Fabio Volo, Oreste Lionello, Tonino Accolla, Silvio Orlando, Peppe Barra, Vincenzo Salemme, Marina Ruffo, Ciro Ricci, Xsuela Douglas e John Turturro.

La trama di Opopomoz, film del 2003

Di seguito la trama ufficiale di Opopomoz, diretto da Enzo D’Alò:

 

Il Natale si avvicina e dalle profondità degli inferi Sua Bassezza Infernale, decisa a impedire la nascita di Gesù, invia sulla terra tre maldestri sicari affinchè irretiscano un’anima per usarla a quello scopo. E quale migliore città di Napoli, capitale per eccellenza del presepe? Giunti nella città partenopea i tre goffi diavoletti individuano subito la loro vittima: è Rocco, un ragazzino accecato a tal punto dalla gelosia per il fratellino che nascerà appunto il giorno di Natale da essere disposto a tutto pur di rimanere figlio unico. E così, grazie alla formula magica “Opopomoz”, la notte della vigilia Rocco entra magicamente nel presepe per trovare Giuseppe e Maria e impedire loro di raggiungere Betlemme. Impedire la nascita di Gesù significherebbe infatti bloccare la nascita di tutti i bambini del mondo, incluso naturalmente il fratellino Francesco.

 

 

 

 

La recensione di Opopomoz, diretto da Enzo D’Alò

 L’arrivo di un nuovo componente in famiglia porta con sé una serie di emozioni e cambiamenti. Il nucleo si allarga e proporzionalmente si restringe lo spazio vitale: bisogna dividere la propria cameretta, bisogna stringersi a tavola e soprattutto bisogna dividere il tempo trascorso coi propri genitori. Per un bambino come Rocco una prospettiva del genere può enormemente spaventare. L’ingenuità tipica della sua età porta alla “sottovalutazione” del cuore di mamma e papà, convincendosi che ci sia un solo posto all’interno di esso e di conseguenza il rischio di essere messo da parte è dietro l’angoloIl sogno in questo caso diventa il momento in cui si è più vulnerabili, la mente e il cuore vengono presi d’assalto dai diavoli tentatori, si inasprisce ancor di più l’animo di un bambino sempre più spaventato dall’evento imminente. Il percorso all’interno del presepe risulta sicuramente interessante per rappresentare un viaggio interiore, un cammino dove la ricerca della consapevolezza ha come obiettivo il raggiungimento di un primo step della crescita: l’affetto dei genitori può essere distribuito all’infinito.

 

 

 

 

I pregi e difetti di Opopomoz, con le voci di Silvio Orlando e John Turturro

Peccato che tale evoluzione venga completamente stroncata e risolta frettolosamente. Ad un certo punto il film si accorge che il tempo è scaduto; perciò, il crescendo della caratterizzazione di Rocco è troncato di netto, risolvendo tutta la situazione nell’ultimo quarto d’ora col didascalismo più scontato che si potesse utilizzare. Ideologicamente parlando risulta discutibile la rappresentazione del bene e del male, mostrandole come entità astratte che si presentano a noi indirizzando le nostre scelte. Molto più efficace e veritiero insegnare ai bambini che bene e male sono già dentro di noi fin dalla nascita, perfettamente bilanciati. Chiaramente la messa in scena rispetta una determinata prospettiva religiosa e di conseguenza non può accontentare tutti.Sul lato tecnico generalmente mantiene una discreta continuità con i lungometraggi precedenti.

 

 

Va messo in luce però il tentativo oggettivamente invecchiato di amalgamare elementi in computer grafica con l’animazione tradizionale. Onestamente il character design di “Sua Profondità” lascia davvero a desiderare. Una nota positiva sono sicuramente i tre diavoletti protagonisti, complici di situazioni divertenti sapendo giocare con determinati stereotipi e con dei nomi che puntano a far ridere i più piccoli. Anche loro protagonisti di un cambiamento, sicuramente meglio gestito e più equilibrato. Non è la natura del proprio aspetto a determinare quali sentimenti si possono provare è quali no, ed anche i diavoli quindi possono amare.

Voto:
2.5/5
Andrea Barone
4/5