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Recensione – Accattone: l’esordio folgorante di Pier Paolo Pasolini

La recensione dell'esordio al cinema di Pier Paolo Pasolini: Accattone, film del 1961

Ci sono certi esordi che restano ben impressi nella storia, registi che dimostrano sin da subito la grandiosità delle proprie idee. Urgenze creative attuate per un qualsivoglia desiderio di raccontare e raccontarsi, e contemporaneamente si è in grado di suscitare lo sgomento negli spettatori che assistono inermi alla poeticità di immagini destinate a squarciare l’animo. Uno degli esordi folgoranti che il cinema può vantare è sicuramente Accattone di Pier Paolo Pasolini, datato 1961. Franco Citti interpreta il protagonista e sarà uno degli attori con il quale Pasolini collaborerà maggiormente. Di seguito la trama e la recensione di Accattone, l’esordio al cinema di Pier Paolo Pasolini.

La trama di Accattone, l’esordio folgorante di Pier Paolo Pasolini datato 1961

Accattone, che dà il titolo al film, è il soprannome di Vittorio Cataldi, un ragazzo nullafacente che vive in una borgata romana sfruttando una prostituta di nome Maddalena. Tuttavia dopo un evento increscioso, la ragazza finisce in carcere e Accattone si ritrova senza soldi. In balìa del vuoto, ha l’idea di tornare dalla moglie che vive insieme a suo figlio, ma viene respinto e successivamente anche malmenato. Tenta di perseguire un’altra strada, sostituendo Maddalena con una ragazza nuova chiamata Stella, ma lei è incredibilmente ingenua se non pura, e non è fatta per stare sul marciapiede.

 

Accattone inaspettatamente se ne innamora e decide di trovarsi un lavoro per mantenere sé stesso e la ragazza, ma già dopo un giorno è stremato dalla fatica e lascia perdere. Decide di rubare della merce da un autocarro, insieme a dei complici, pur di guadagnarsi da vivere per la sopravvivenza. Ma il colpo va male poiché Maddalena, a cui nel frattempo giunge la voce del nuovo fidanzamento, presa dalla gelosia lo denuncia per sfruttamento e la polizia lo tiene d’occhio. Mentre le forze dell’ordine cercano di arrestarlo, Accattone si divincola, sale su una motocicletta e fugge ma la sua corsa sarà breve.

La recensione dell'esordio al cinema di Pier Paolo Pasolini: Accattone, film del 1961

La recensione di Accattone: le riprese pittoriche delle borgate romane

Pier Paolo Pasolini inizia la carriera come regista e sceneggiatore nel cinema, dopo essersi affermato nella letteratura italiana. L’esordio sul grande schermo è una praticamente una trasposizione dei suoi romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), migrazione cinematografica in cui Pasolini dipinge la vita con estro ed un’estasi di “dreyeriana” memoria. E dipinge è proprio il termine adatto per indicare il modo di inquadrare del regista, che si serve dell’arte pittorica avvicinandola alla realtà nell’intento di scoprire il mondo attraverso un nuovo punto di vista. E allora ecco che Pasolini rievoca Caravaggio, Mantegna, Rosso Fiorentino, Masaccio ed altri noti pittori italiani, in virtù di una santificazione del suo Accattone, collocato sul piano simbolico in tutte le sue colpe e innocenze. Le riprese delle borgate romane vengono perfettamente rese nella messa in quadro, nei gesti posti così naturalmente da apparire quasi ingenui, come quello nel finale del segno della croce al contrario nel momento in cui l’amico ladro saluta Accattone in preda alla morte. Ma questa maniera di porsi, è sì una sottospecie di prolungamento della corrente neorealista, ma se ne distacca per l’utilizzo di una colonna sonora funzionale in tema religioso e per una valorizzante fotografia in bianco e nero curata da Tonino Delli Colli.


La sacralità del già citato neorealismo viene qui rovesciata in favore della rappresentazione di personaggi reietti, perennemente ai confini della società. I palazzi del dopoguerra vengono sostituiti dalla polvere e dal fango del suolo, dalle prostitute maltrattate da uomini passivi e nichilisti, ed ogni personaggio si ritrovato prigioniero senza sbarre in luoghi sconosciuti al mezzo cinematografico. Ma quest’ultimo è capace di tutto con la percezione dell’occhio, e nessuna persona viene abrogata dalla vita; ognuno merita di essere tenuto in considerazione, e Pasolini esprime al meglio questa sua dirompente e linfatica ideologia. I piccoli delinquenti delle borgate romane diventano protagonisti laici che vagano nell’oscurità dei sottopassi, in preda alla fame, alla disperazione. Dunque, Pasolini mette il sottoproletariato sotto la lente d’ingrandimento del linguaggio cinematografico, sottolineandone la spontaneità e l’esuberanza con una certa angoscia, dimostrando sin da questo esordio folgorante di essere un autore unico per idee e stile. Accattone è infatti un capolavoro assoluto, una lacerazione di quanto visto fino a quel momento per improntare un discorso personalissimo e di fondamentale importanza.