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Recensione – Copenhagen Cowboy, la Nuova Serie di Nicolas Winding Refn

Recensione - Copenhagen Cowboy, la Nuova Serie di Nicolas Winding Refn

Tre anni dopo Too Old To Die Young, Nicolas Winding Refn torna dietro la macchina da presa e lo fa per girare una nuova serie tv, Copenhagen Cowboy. Presentata in anteprima all’ultima Mostra Internazionale D’arte Cinematografica di Venezia, la serie è composta da 6 episodi di circa 50 minuti l’uno ed è disponibile dal 5 gennaio su Netflix. Di seguito, la recensione di Copenhagen Cowboy: Refn sarà riuscito ad attendere le aspettative o sarà stato un passo falso?

La Trama di Copenhagen Cowboy di Nicolas Winding Refn

Per Nicolas Winding Refn, questo non è il primo lavoro all’interno del mondo della televisione e delle piattaforme streaming, visto che nel 2019 aveva già diretto Too Old To Die Young, serie prodotta da Amazon Prime Video e che vedeva come protagonista Miles Teller (visto recentemente in Top Gun: Maverick e celebre soprattutto per l’opera prima di Damien Chazelle, Whiplash). 

 

Copenhagen Cowboy cambia piattaforma (si passa da Amazon Prime Video a Netflix) ma non sostanza, visto che si tratta a tutti gli effetti di un lavoro autoriale e che richiama in ogni inquadratura lo stile e le caratteristiche che hanno reso celebre Refn. 

 

Copenhagen Cowboy, suddivisa in 6 episodi da circa 50 minuti l’uno e presentata alla 79a edizione della Mostra Internazionale D’arte Cinematografica di Venezia, segue la storia di Miu, una giovane ragazza che si ritiene porti fortuna o sfortuna a seconda del suo volere e che, per realizzare la sua sete di vendetta, si aggira per Copenhagen e per il suo lato oscuro, fatto di corruzione e criminalità, in un mondo che sembra sempre essere sul filo tra sogno e realtà, fino a quando non incontrerà Rakel, sua nemesi, scoprendo di non essere sola ma che ci sono molte altre persone come lei. Insieme ad Angela Bundalovic (che interpreta Miu), troviamo anche Lola Corfixen (Rakel) ed il grande Zlatko Buric, che con Refn aveva già collaborato nella saga di Pusher, oltre allo stesso regista in un piccolo cameo. Piccolo cameo che farà felici molti fan, è anche quello di Hideo Kojima, autore di alcuni tra i videogiochi più importanti e rivoluzionari della storia, come quelli della saga di Metal Gear Solid e Death Stranding, dove lo stesso Refn si era prestato per interpretare un ruolo, insieme ad altre grandi personalità del cinema come Guillermo Del Toro, Mads Mikkelsen, Norman Reedus e Léa Seydoux.

Copenhagen Cowboy, la nuova serie di Nicolas Winding Refn, disponibile su Netflix dal 5 gennaio

Recensione di Copenhagen Cowboy: tratti distintivi e caratteristiche della serie

Chi conosce Nicolas Winding Refn non ci metterà molto a realizzare che Copenhagen Cowboy è una sua opera. Basteranno infatti pochi minuti del primo episodio per rendersi conto che questo prodotto ricalca in tutto e per tutto le caratteristiche che hanno reso celebre il regista danese, rendendo Copenhagen Cowboy una serie d’autore a tutti gli effetti. Refn è infatti bravissimo, complici delle scenografie meravigliose ed una fotografia ormai tipica per la sua filmografia, con luci al neon, contrasti netti e dei rossi presenti in ogni singola inquadratura, a dare vita ad un mondo di una realismo assoluto ma in cui è sempre presente un elemento surreale, magico e, ovviamente, il tutto non fa altro che aumentare il Sense of Wonder, a stupire e spiazzare lo spettatore (con chiari riferimenti, soprattutto nell’ultimo episodio, ai lavori di David Lynch) che, inevitabilmente, non farà altro che chiedersi “cosa sta succedendo?”. 

 

Ciò che è importante capire nel momento in cui ci si approccia con opere di questo tipo infatti, è che non necessariamente tutto sarà chiaro dal primo momento e non necessariamente tutte le domande troveranno risposta. L’opera resta un punto interrogrativo anche in senso negativo però, perchè se da un lato Refn utilizza stilemi e tematiche non solo del suo periodo adulto e più surreale (Valhalla Rising, Solo Dio Perdona, The Neon Demon), ma anche dei suoi esordi, legati più alla città, alle vite dei personaggi ed ai loro traumi (Fear X, Pusher, Bleeder), riuscendo a mescolare il tutto e dando l’idea di essere arrivato ad una totale consapevolezza dei propri mezzi e di ciò che vuole raccontare, da un altro lato non c’è, per lui e la sua filmografia, qualcosa di davvero nuovo in questa serie tv, con addirittura inquadrature e scene che ricordano fin troppo i suoi lavori precedenti.

 

Una delle peculiarità di Refn è però, certamente, la sua capacità di esaltare la bruttezza, il suo fascino per l’orrido. Infatti, non si tratta di far passare realtà difficili e personalità criminali per buone, ma di pura estetica : Refn è attirato da questi mondi e vuole scavare a fondo, attraverso gli occhi dei suoi personaggi che sono sempre o inseriti all’interno di quell’ambiente ma che risulta essere un ambiente non per loro, da cui essi cercano di scappare o in cui sono condannati a vivere per poi morire, oppure attraverso il surreale, attraverso il magico, come la Elle Fanning di The Neon Demon che era a tutti gli effetti una strega di Argentiana memoria o come, appunto Miu di Copenhagen Cowboy, quasi un alieno che osserva ciò che succede intorno a sè. Ciò non è in nessun modo un’esaltazione, bensì una critica ad un mondo evidentemente da condannare ma che non può non affascinare per il modo in cui esiste su questa terra, per il modo in cui i suoi personaggi, che sono uomini, stanno al mondo e se la vedono con la vita di tutti i giorni.

 

Cinema e Televisione: due linguaggi diversi ma complementari

Nicolas Winding Refn non ha fatto altro, con Too Old To Die Young prima e Copenhagen Cowboy poi, che seguire la strada aperta ormai più di 30 anni fa dal già citato David Lynch con la sua Twin Peaks, ovvero registi di importanza assoluta nel mondo del cinema, che passano alla televisione con serie tv rivoluzionarie o comunque si qualità assoluta, reinventando e reinventandosi. Un esempio recente lo abbiamo anche qui in Italia, con Marco Bellocchio che, dopo decenni di grandissimi lavori nel mondo del cinema, all’età di 83 passa alla tv con Esterno Notte. Proprio Esterno Notte ha portato all’estremizzazione di un discorso nato già anni fa, ovvero quello di definire la serie tv “un film di 6 ore” (o più ovviamente, in base al numero di episodi della serie in questione). 


Lo si è fatto recentemente con Bellocchio, messo in più classifiche di fine anno come uno dei film migliori del 2022, lo si fece con la terza stagione di Twin Peaks, che fu definita IL film dell’anno dai famosi Cahiers du Cinema francesi ed è, in generale, una questione trattata molto spesso da cinefili ed addetti ai lavori. La sensazione è che, però, ciò lo si faccia per elevare il prodotto: una serie tv di Bellocchio, Lynch o Refn è di livello così alto e così lontano dallo standard televisivo che quasi dispiace definirlo per la televisione e lo si vuole avvicinare al cinema. L’errore sta però nel definire il cinema superiore alla tv, visto che si tratta di linguaggi simili ma diversi, con regole di linguaggio vicine ma lontane allo stesso tempo. Le serie tv hanno assoluta dignità ed anzi, sono proprio lavori come questi che non fanno altro che ricordarci o farci notare come anche con questo linguaggio (a maggior ragione in questi anni di boom delle serie tv) si possono raccontare storie incredibili, mantenendo un proprio stile ed una propria estetica. La suddivisione in episodi e, volendo, in stagione, ovviamente non è casuale e permette di raccontare queste storie con un taglio diverso.


In questo caso specifico, Copenhagen Cowboy è un lavoro per la televisione ma la considerazione, più che su questa serie, è su Refn: non andava dietro la macchina da presa da tre anni ma manca dal mondo del cinema dall’ormai lontano 2016, da quindi 6 anni, che si sentono tutti. Le storie raccontate da Refn, col suo stile e le sue caratteristiche, essendo ottime, sono applicabili e funzionano ambo i casi, ma la sensazione è che la realtà più congeniale a lui sia quella del cinema, della sala, anche per la valorizzazione assoluta della sua estetica. Ben vengano quindi serie tv come questa, ma speriamo anche che torni presto al cinema perchè sembra trovarsi meglio con quelle tempistiche. In ogni caso, l’auspicio è di vedere sempre più spesso lavori “by NWR“.

Voto:
3.5/5
Andrea Boggione
0/5
Christian D'Avanzo
0/5
Alessio Minorenti
0/5
Paola Perri
0/5
Vittorio Pigini
0/5
Bruno Santini
0/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
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Voto del redattore:
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Regia:
Cast:
Genere:

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