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#40TFF Recensione – Empire of Light: una lettera d’amore al cinema

Il regista britannico Sam Mendes, dopo il successo ottenuto con “1917”, torna sul grande schermo con una grande dichiarazione d’amore al cinema. “Empire of Light” arriverà nelle sale il 23 Febbraio 2023, dopo il passaggio in anteprima al 40° Torino Film Festival tra i Fuori Concorso. Probabilmente il titolo di punta dell’intera manifestazione ed un film che sicuramente dirà la sua in ottica premi internazionali e non. Di seguito la trama e la recensione della pellicola. 

La storia di Empire of Light

Nel cinema di una città costiera nell’Inghilterra dei primi anni ’80 lavorano la responsabile Hilary (Olivia Colman), una donna che lotta contro la sua malattia mentale, ed il neo assunto Stephen (Micheal Ward), un ragazzo che desidera fuggire dalla vita di provincia per scrivere il proprio futuro. Tra di loro nasce un’improbabile relazione che porta i due a trovare un po’ di pace ai loro tormenti esistenziali e ad imparare ad apprezzare l’amore per il cinema, la musica e la vita. 

“Quel piccolo raggio di luce è una fuga.”

La recensione di Empire Of Light, il nuovo film di Sam Mendes

Empire of Light” parte dal pretesto di una classica storia di due personaggi per poi evolversi in qualcosa di molto più grande e profondo. Sam Medes, il regista e co sceneggiatore, torna dietro la macchina da presa con una personale e libera lettera d’amore alla sua passione, il cinema. Una dichiarazione che si costruisce mediante il processo filmico della narrazione di una storia che in sé cela molto di più. Roger Deakins, che spesso collabora con il cineasta britannico, realizza un lavoro straordinario. Una fotografia che spesso riesce ad esaltare il significato dell’opera, ma che, però, a volte finisce per far parte di una serie di elementi che irrigidiscono la compattezza del film, il quale cede ad alcuni momenti più stucchevoli e troppo patinati. La pellicola, infatti, non è esente da difetti: il ritmo non è regolare e sono presenti alti e bassi, la durata è un pizzico eccessiva ed il finale, che si dirama parecchio e pare non arrivare mai, non aiuta. Quello che, invece, funziona è tutto il resto: a partire dal cast d’eccezione che non delude le attese. Olivia Colman e Michael Ward, rispettivamente Hilary e Stephen, reggono la maggior parte del film sulle proprie spalle grazie a due interpretazioni magistrali che dimostrano il loro grande talento. Tra i cosiddetti comprimari i personaggi che risaltano di più sono Mr. Ellis, il proprietario del cinema interpretato da Colin Firth, ed il proiezionista Norman ovvero Toby Jones. Quest’ultimo è uno di quei personaggi che incarna appieno lo spirito del film. 

 

Un altro aspetto importante viene rappresentato dai vari temi affrontati lungo la narrazione: argomenti come il razzismo, i drammi esistenziali, la ricerca dell’amore e la scoperta di nuove passioni compongono il messaggio che tenta di esprimere il film. Ogni argomento si sviluppa lungo una sua trama che finisce per intersecarsi con le altre. La cornice sonora è firmata dal famoso duo Trent Reznor e Atticus Ross, oramai sempre più presenti in diverse produzioni cinematografiche. Anche le scenografie sono di un certo effetto, basti pensare alle varie sequenze ambientate tra le mura della sala cinematografica e della cabina di proiezione. Una confezione, quindi, di estrema ed incredibile fattura che raggiunge l’obiettivo prefissato. Non riesce ad esprimere la stessa magia di “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore oppure di “Hugo Cabret” di Martin Scorsese. Inoltre uscire nello stesso periodo di “The Fabelmans” di Steven Spielberg non aiuta ed alimenterà di conseguenza diversi paragoni con l’opera di Mendes. L’importante, in realtà, è godersi questo grande spettacolo trasposto sullo schermo da parte di un autore che, passando tra il dramma e il biopic oppure tra il grande esercizio di stile ed il classico blockbuster, è stato capace di emozionare e coinvolgere il pubblico, proprio come con questo suo nuovo progetto.

“Questo posto è per quelli che vogliono fuggire, per quelli che non stanno bene altrove.”

Una dichiarazione d’amore alla settima arte 

Insomma “Empire of Light” è in tutto e per tutto una grande e potente dichiarazione d’amore al mondo del cinema. Una lettera scritta e trasposta sullo schermo attraverso una relazione tra due personaggi in lotta con se stessi che tentano di trovare quella voglia di godersi la propria vita. Una riflessione interiore di un regista a volte discontinuo lungo la sua carriera che qui non nasconde, anzi, esprime tutto il suo amore per la settima arte, il mestiere perfetto per quelle persone che vogliono fuggire dalla realtà e che spesso non stanno bene altrove. Il racconto di un rapporto intimo che affronta tematiche importanti che fanno discutere. Tecnicamente eccelso che, come già sottolineato in precedenza, si perde solo in un eccesso di patinatura in certi momenti, ma che riesce ad esaltarsi grazie a delle ottime interpretazioni che non possono che emozionare e raggiungere i cuori degli spettatori. Un film che parla e respira cinema da tutti i pori, la storia di cosa si cela dietro quel fascio di luce che rappresenta una sorta di fuga dal mondo. Una pellicola dedicata a tutti coloro che amano il cinema, probabilmente non è il titolo adatto ad attirare nuovo pubblico (e questo è un peccato), ma sicuramente riesce nell’intento di commuovere grazie ad una storia semplice, sincera ed autentica.  

Voto:
4/5
Andrea Barone
2/5
Paola Perri
5/5
Vittorio Pigini
2.5/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
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Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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