#40TFF Recensione – Falcon Lake: alla ricerca della propria identità

Articolo pubblicato il 2 Dicembre 2022 da Bruno Santini

Falcon Lake” è il primo lungometraggio diretto dall’attrice, ex modella e conduttrice televisiva canadese Charlotte Le Bon, la quale per la realizzazione di questo film si è liberamente ispirata alla graphic novel “Un Soeur” di Bastien Vivès. Prende forma la storia di due adolescenti alla scoperta di se stessi attraverso un racconto di formazione. Di seguito la trama nel dettaglio e la recensione del terzo titolo presentato in anteprima al 40° Torino Film Festival.

La trama del coming of age  Falcon Lake

Bastien e Chloé (Joseph Engel e Sara Montpetit) trascorrono le vacanze estive in uno chalet nei pressi di un lago del Quebec, con le rispettive famiglie. Due ragazzi che passando tanto tempo assieme stringono un forte legame, in un primo momento d’amicizia, ma che si evolve in qualcosa di più grande di loro. Un percorso che affrontano l’uno con l’altra con l’obiettivo di superare le proprie paure e timori tipici adolescenziali. Un viaggio che nonostante delle difficoltà finisce per essere cruciale per entrambi. 

La recensione del primo lungometraggio di Charlotte Le Bon 

Falcon Lake”, l’opera prima della giovane Le Bon, è un progetto decisamente audace da portare sul grande schermo all’esordio dietro la macchina da presa. Una storia semplice che assume una svolta nel momento in cui i due protagonisti interagiscono per la prima volta. Bastien appare fin da subito molto annoiato, proprio come la giovane Chloé, ognuno per motivi diversi. Prende vita un racconto che fa suoi diversi stereotipi o cliché tipici di questo genere di prodotti audiovisivi. La forza del film si cela, però, nella grande intuizione della regista che decide di appropriarsi della storia realizzando una sua personalissima versione molto intima. Un libero adattamento che gioca su linguaggi diversi, ma anche tra generi differenti. Un tipo di costruzione che spesso regala al pubblico delle vere e proprie perle. 

 

Il film si muove in maniera sottile tra il classico racconto di formazione e il dramma, con un pizzico anche di sovrannaturale. Si crea, di conseguenza, un’atmosfera leggera e spensierata disarmante, portando sullo schermo le paure e i sentimenti dei due ragazzi. Il passaggio dalla gioventù all’età adulta è quel percorso che viene affrontato attraverso momenti di riflessione, di solitudine, di timore che porta molti adolescenti a sentirsi prontissimi a diventare grandi, ma che allo stesso tempo appaiono in realtà ancora molto impreparati. 

 

Inoltre è un progetto che risulta anche tecnicamente ben strutturato: una messa in scena che tenta di apparire invisibile lasciando spazio ai personaggi di esprimersi liberamente. Un’ottima fotografia ed una splendida colonna sonora che a tratti colora e accende, ma allo stesso tempo inquieta in sequenze come quella legata alla storia del fantasma. Quest’ultimo è una grande metafora su cui si costruisce gran parte del film poiché rappresenta quelle paure e quegli ostacoli che si affrontano lungo il proprio percorso interiore ed esteriore. Sfaccettature diverse per il periodo della vita considerato forse tra i più travagliati, quello che segna gran parte del futuro.

Quando l’invisibile incontra la realtà 

Insomma “Falcon Lake” per il momento, a metà della manifestazione, è il titolo di gran lunga migliore dell’intero Festival, almeno tra i film in concorso. Proprio come altri titoli della sezione ufficiale, la pellicola è passata prima dalla Quinzaine des Réalisateurs della 75° edizione del Festival di Cannes, per poi partecipare anche al Toronto International Film Festival, conquistando il pubblico di ogni concorso a cui ha preso parte. Il pubblico si trova di fronte ad una storia di formazione di ampio respiro, un vero e proprio coming of age che trasmette amore e gioventù da ogni inquadratura. Realizzato con un 4:3 delicatissimo che funge da cornice per la costruzione di una storia semplice quanto efficace, capace di strappare un sorriso, ma allo stesso tempo di emozionare parecchio lo spettatore. Una naturalezza che scorre sui visi e lungo i corpi dei giovani protagonisti che vivono un’esperienza di vita. Il film è un viaggio alla ricerca della propria identità, la quale si trova in alcune certezze e stereotipi del periodo adolescenziale. L’unione di percezioni invisibili che entrano in stretto contatto con la realtà: il risultato è grande cinema indipendente molto originale e per nulla prevedibile, un film che appare quasi astratto e che racchiude in sé un fascino incredibile che sprigiona da ogni singolo fotogramma. 

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