Recensione – Tarzan: la bella trasposizione Disney del 1999

La recensione di Tarzan, film d’animazione della Disney distribuito al cinema nel 1999

Articolo pubblicato il 19 Novembre 2022 da Giovanni Urgnani

Il primo film d’animazione mai realizzato su Tarzan, è proprio il 37esimo classico Disney risalente al 1999, anno di distribuzione in sala della pellicola. Basato sul romanzo intitolato Tarzan delle Scimmie scritto da Edgar Rice Burroughs, il decimo ed ultimo film del Rinascimento Disney è una versione rientrante nei canoni degli Studios produttori, ma è comunque uno dei più audaci dal punto di vista estetico-visivo. Ecco la trama e la recensione di Tarzan, film d’animazione Disney del 1999.

La trama di Tarzan, 37esimo classico Disney

Un neonato di nome Tarzan, è rimasto orfano di entrambi i genitori nella giungla africana; la coppia intenta a costruire la casa sull’albero, viene attacca mortalmente da un leopardo. Il piccolo, fortunatamente, riesce a sopravvivere essendo allevato e cresciuto da un branco di gorilla. Kala ha perso un figlio, ucciso dallo stesso leopardo di nome Sabor dopo un frenetico inseguimento; presa dal dolore, viene sorpresa quando ascolta il pianto di un neonato. Seguendo il suono, raggiunge la casa sull’albero e trova, oltre che i cadaveri dei genitori, il piccolo Tarzan avvolto dalle lenzuola.

 

Nonostante la diffidenza di Kerchak, capo branco e marito di Kala, il piccolo Tarzan viene integrato e cresciuto dai gorilla. Con lo scorrere del tempo, Tarzan cresce e si sente un gorilla come gli altri, ma è inevitabile che debba fare i conti con la sua natura umana quando nota delle differenze fisiche troppo importanti. E non è l’unico a notarle, tant’è che la sfida che gli lancia Terk riguarda le abilità motorie: prendere un pelo dalla coda di un elefante. Ma così facendo, accade uno spiacevole incidente che mette in pericolo il branco e fa arrabbiare Kerchak, un padre adottivo che non accetta Tarzan fino in fondo data la sua natura.

 

Quanto accaduto con gli elefanti rende consapevole Tarzan, che di tutta risposta cerca di rendersi sempre utile sfruttante le sue abilità umane. Quando una spedizione britannica entra nella giungla, il ragazzo divenuto uomo incontra la bella Jane e scopre che, come lei, è un essere umano. Diviso tra l’amore e la famiglia di gorilla, viene minacciato dal cacciatore Clayton, le cui intenzioni sono quelle di catturare le scimmie per soldi.

 

Mentre Jane è pronta a ripartire, Tarzan si convince ad andare con lei e suo padre, ma Clayton tradisce tutti per inseguire il suo obiettivo e li ingabbia nella nave, mentre lui e i suoi uomini si addentrano nella giungla per catturare i gorilla. Ma Tantor l’elefante e Terk, la migliore amica di Tarzan, riescono a liberare sia lui che tutti gli altri. Tarzan arriva nel momento in cui Kerchak resta ucciso, ma nonostante ciò, con l’aiuto di Jane, Terk, Tantor e i gorilla stessi, riesce a proteggere la sua famiglia dagli attacchi umani, lasciando che Clayton perda la vita per mano sua e della violenza che lo ha mosso.

 

Jane e suo padre, dopo tutti gli eventi accaduti, decidono di lasciarsi andare alla vita nella giungla con Tarzan e i gorilla.

La recensione di Tarzan, decimo ed ultimo film Disney del Rinascimento

Il 37esimo classico della Disney, decimo ed ultimo del periodo del Rinascimento conclusosi quindi nel 1999, è un film d’animazione ad ampi tratti molto convincente, in altri momenti ha il freno a mano tirato. Partendo dall’analisi tecnica, l’animazione del film costato 150 milioni di dollari è ai vertici del vecchio stile, quando il 3D non aveva ancora preso il sopravvento. Lo stesso protagonista, Tarzan, è perfettamente credibile nella sua espressività ed abilità più vicine al mondo animale, quello dei primati, che a quello degli uomini. La fluidità dei disegni compositi rendono le sequenze spettacolari e audaci, come poche volte si era visto fino a quel momento in casa Disney. Si fa di tutto per rendere colme di tensione e di scorrevolezza le scene in cui Tarzan salta tra una liana e l’altra, o magari quando salva Jane dai babbuini che la inseguono, così come nel combattimento con Sabor e in tutta la sequenza finale. Da questo punto di vista, Tarzan si dimostra un film inattaccabile perché avanguardistico e stupefacente per la cura maniacale dei dettagli, delle scenografie e delle coreografie action, prima citate, o musicali, come nell’accampamento del professore in cui i gorilla si dilettano con degli strumenti a loro sconosciuti.

Audace lo è anche nel mostrare la morte nel suo ciclo concentrico: si inizia con la perdita dei genitori biologici, si finisce con quella del padre adottivo. Il racconto è una presa di coscienza di sé stessi, di accettazione non solo delle proprie abilità e caratteristiche, ma anche quelle altrui, che siano animali, persone o la natura stessa che va rispettata. La morte è un elemento nucleo della narrazione, poiché motore d’azione mostrata con un montaggio alternato, ritraente in momenti diversi, la perdita dei genitori umani e del cucciolo di gorilla. Quello è il momento di accordo e di ritrovamento di personaggi perduti e orfani: Tarzan e Kala, sua madre adottiva. La coesione è una conseguenza, poiché nonostante i sentimenti di diffidenza e di leggera paura, Tarzan si sente parte del branco e della natura, imparando ad adattarsi ai suoi pregi e difetti, personali e ambientali. Le sequenze vengono dotate di fisicità proprio per rilevare le caratteristiche di incontro e scontro tra i personaggi, umani e animali, nonché della natura stessa. La madre terra può offrire vantaggi da adoperare, come il cibo e le liane, ma può anche rivelarsi contenitrice di pericoli come i carnivori: Sabor, il leopardo. E anche l’essere umano ha la capacità di distinguersi per bontà o malvagità. Clayton è un cacciatore egoista, inganna tutti pur di finalizzare il suo ideale capitalista e spregevole, ossia catturare i gorilla portandoli via dal loro habitat naturale per venderli a qualche proprietario di Zoo.

In quel momento bisogna essere di un altro livello, ci dice il film, bisogna che non ci si dimostri un pari dell’uomo come Clayton. Tarzan si rifiuta di ucciderlo pur avendone l’occasione, e sarà la brutalità del cacciatore a farlo finire impiccato tra le liane alla fine del film. Kerchak perde la vita a causa di Clayton, ma comprende sul punto di morte quanto suo figlio adottivo, Tarzan, abbia dei valori umani e da gorilla senza pari, un futuro capo branco forte e saggio anche più del suo predecessore, punto di incontro della diversità. Il tutto, accompagnato dalla voce fuori campo del cantante Phill Collins. Non sono i personaggi a cantare e a rendere il film un musical, a differenza di tanti altri film Disney, ma i testi sono funzionali alle immagini ed esprimono le interiorità di Tarzan, Kala, e così via. You’ll Be in My Heart vinse l’Oscar durante la cerimonia del 2000, ovviamente nella categoria miglior canzone originale. Ma l’incipit è accompagnato, non casualmente, da una canzone che recita così: “Due mondi, una famiglia”.

Tarzan, i difetti del film

Tarzan, ultimo film d’animazione del periodo del Rinascimento Disney, presenta un approccio nella narrazione un po’ frenante in un certo senso. In prima battuta, l’approfondimento psicologico dei personaggi secondari non è così avanguardistico come le animazioni citate nel paragrafo precedente. Jane è un’eroina fuori dai canoni, non molto al passo con i tempi; agisce semplicemente perché innamorata, e se si pensa alle figure femminili dei film precedenti, a partire da La bella e la bestia (1991), è un leggero passo indietro. Suo padre, il professore, è uno scienziato strampalato che sa essere anche saggio, come da tradizione, ed è la comic relief più riuscita. Le altre spalle comiche, risultano sottotono. Clayton è più importante come espediente narrativo, concreto e simbolico, ma di per sé non è rafforzato da un gran background (basta pensare a Scar di Il Re Leone o Frollo di Il gobbo di Notre Dame).

 

Il tono è finalizzato alla leggerezza, al romanticismo. Con questa scelta, dove tutto deve essere inserito perfettamente al momento giusto, ne va della potenziale ambiguità psicologica di alcuni personaggi già elencati pocanzi. Ma d’altro canto, è una decisione che dal punto di vista produttivo ha convinto la maggioranza della critica e soprattutto del pubblico, dati del botteghino alla mano. La trama sentimentale prende il sopravvento su tutto e tutti, nonostante i continui accenni al tema della paternità negata e quello della diversità.

Voto:
4/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
4.5/5
Paolo Innocenti
4.5/5
Gabriele Maccauro
4/5
Alessio Minorenti
4/5
Paola Perri
5/5
Vittorio Pigini
4/5
Giovanni Urgnani
4/5