Articolo pubblicato il 19 Marzo 2022 da wp_13928789
Ci sono film che, quando hanno successo, rimangono impressi nell’immaginario collettivo per almeno un po’ di anni e poi ci sono invece quei film che, nonostante una calorosa accoglienza, cominciano a finire del dimenticatoio. Questi film o sono delle normali opere leggere che hanno detto la loro quando sono usciti divertendo gli spettatori che qualche giorno dopo penseranno ad altro, oppure sono delle opere che hanno convinto perché hanno saputo rappresentare qualcosa di importante esprimendo un arte diversa dal solito o che si dimostrasse almeno sopra la media. Quest’ultimo è il caso di “Dante Va Alla Guerra”, uno dei primi film italiani ad essere stati distribuiti direttamente su Prime Video che, nel 2018, ottenne un ottimo riscontro da parte degli spettatori e di cui le recensioni parlavano di qualcosa di estremamente sensibile e delicato, ma nonostante ciò, la carriera del regista Roberto Albanesi non ha ottenuto una spinta mentre il film è entrato nella lista nelle opere sempre meno citate… e questo non è un bene. Proseguendo la nostra rubrica di “I Consigliati”, spiegheremo perché.
Il film parla di Dante, un ragazzo che passa le sue giornate a vagare per la sua cittadina senza degli amici amici, aspettando che il tempo lo consumi perché non ha idea di come affrontare il mondo. Nel frattempo un ragazzo di nome Ignazio, soprannominato Faga ed anche lui completamente solo, si innamora di una ragazza che conosce in una sera, ma non ha idea di come affrontare una situazione del genere, finché non incontra Dante ed i due ragazzi, benché molto diversi, scopriranno di avere molte più cose in comune di quanto pensano.

Il lungometraggio è un dramma con tinte comiche che cercano di strappare un sorriso allo spettatore per sollevarlo un attimo da quella sensazione di smarrimento dettata dal protagonista. Le gag utilizzano degli aspetti della vita reale estremizzandoli, giocando anche con dei tocchi di montaggio che preparano lo spettatore ad un momento di pura follia (si pensi per esempio alla scena del gatto) che rendono il tutto decisamente originale e con l’utilizzo di ottimi tempi. L’opera è anche scorretta in alcuni punti, ma senza mai esagerare ed anzi, quasi ogni punto dettato dalla demenzialità sembra quasi uno sfogo per evidenziare punti nel mondo che ci appaiono assurdi ma che in realtà fanno parte dell’essere umano. Un esempio è il momento che riguarda il ladro: apparentemente sembra solamente un contesto buffo che ci fa sorridere a causa dell’impazienza dell’aggressore dettata dalla sfortuna causata dalle vittime che trova, ma più l’opera va avanti e più ci si rende conto che la condizione del ladro stessa riflette un vero e proprio momento di disperazione di un individuo che si è arreso alla vita (cosa che può ricordare “Chiedimi Se Sono Felice” di Massimo Venier, ma con un contesto assolutamente diverso).
Ci sono anche dei momenti in cui l’opera si rifà a delle atmosfere Felliniane, in cui il protagonista vede delle figure che in maniera enigmatica trascendono i sogni, si inseriscono nella realtà e lo spettatore stesso ha difficoltà nel capire che si tratta di una visione oppure di qualcosa che esiste nella nostra percezione. Per esempio la parte dell’artista di strada è meravigliosa nel raccontare il potere dell’espressione artistica attraverso l’immagine ed il linguaggio fisico che è in grado di dire tutto anche solo con il silenzio, creando una sensazione di accoglienza che voglia far riflettere un minimo quel pizzico di luce che alberga nel cuore di Dante. Nonostante la presenza di queste scene oniriche, l’opera per la maggior parte del tempo è abbastanza esplicita e didascalica nei dialoghi, ma senza mai essere ridondante ed anzi, cercando sempre espedienti che possano rendere fresca la narrazione che sempre di più si alberga nella psicologia di Dante e di Faga, come il momento dello sfogo dallo psichiatra in cui vengono quasi “vomitati” con disprezzo tutti i disagi del protagonista.

L’opera infatti tiene moltissimo a raccontare la condizione di chi, nel pieno della sua giovinezza, si ritiene completamente perso ed ha paura di affrontare la vita perché ha paura che qualunque passo smuova non riuscirà mai a soddisfarlo davvero. Non solo, ma è anche un’esposizione della rabbia di chi ha perso tanto, di chi è stato sfortunato e, dopo il primo grande dolore, non è mai riuscito ad accettare il fatto che dopo la pioggia possa venire il sole. Da qui c’è il perfetto contrasto tra Dante e Faga: entrambi hanno perso molto, ma se Dante è continuamente pessimista e guarda quasi ogni cosa con assoluta diffidenza, Faga è quello che fin dalla prima inquadratura è speranzoso e cerca sempre di essere positivo anche quando sa che in dei momenti affronta solo un illusione. E proprio con la creazione dell’illusione che l’opera riflette anche sulla continua ambiguità tra sogno e realtà in cui l’essere umano si perde perché continua ad utilizzare l’immaginazione come riflesso della propria anima. E qui l’opera è un continuo altalenarsi tra entusiasmo e disperazione che, andando avanti, si uniscono e trasformano tutto in commozione perché la vita accetta ciò che è il dolore, facendolo suo ed utilizzarlo come modo per combattere.
In tutto ciò, l’opera parla anche dell’emarginazione, di quegli individui che si sentono soli perché ritenuti dalla società troppo diversi, ma allo stesso tempo mette in guardia sulla presunzione di sentirsi superiori tanto da non rispettare le esigenze altrui, come nel momento in cui viene discussa la differenza tra musica commerciale e musica autoriale senza tener conto di come la prima possa comunque far stare bene le persone (ed il campo lungo del ballo che farà da contrasto a questo momento è un tocco di grande sensibilità). Ed anche lì, questo comportamento da “snob” viene tacciato come un altro modo per combattere le proprie paure anche se in maniera sbagliata, cosa che si unisce con le azioni di individui che rinunciano a rischiare anche quando sentono di sbagliare, come il personaggio di Giorgia. Ma nonostante sempre questa negatività, il film abbraccia il lato positivo della vita che sa anche essere strana ma non per questo smette di essere definita tale e loda la forza della comprensione e dell’apertura verso il prossimo, la forza di provare nonostante ogni cosa che può colpirti, immedesimandosi in ogni persona che si sente persa, specialmente se giovane.

Ed in tutto questo, la confezione non delude: la regia cerca di puntare sull’osservazione di un ragazzo perduto nel mondo, per questo non è un caso che punti spesso o su campi lunghi o su inquadrature strette che mostrino la continua vicinanza tra esseri umani (specialmente nelle scene tra Dante e Faga), mentre il montaggio spesso è schizzato (basti pensare solo all’inizio in cui Dante va in bici, riflettendo la sua solita routine che non fa altro che andare avanti e indietro). Certo, la tecnica non è perfetta e la fotografia a volte, pur essendo interessante nei suoi colori caldi, rischia di essere un po’ troppo scura, ma i guizzi interessanti non mancano. Inoltre gli attori sono bravissimi (specialmente Stefano Galli, Ivan Brusa e Roberta Nicosia che racchiudono totalmente il ritratto emotivo del film) e le splendide musiche segnano un’atmosfera sempre accogliente e toccante insieme a delle canzoni che riflettono ogni contesto adolescenziale che si vuole sentire libero (un David di Donatello almeno per l’aspetto musicale sarebbe stato meritato).
Il motivo per cui “Dante Va Alla Guerra” non deve mai essere dimenticato è che ogni ragazzo che vedrà questo film sentirà il suo animo che potrà essere spezzato e rinnovato, per ricordarsi che in questo mondo non è solo, per ricordarsi di non abbattersi mai. Il regista Roberto Albanesi, pur avendo un budget sotto i 10.000 euro, è riuscito a fare qualcosa di profondamente umano nel contenuto e davvero fresco nella confezione, impegnandosi fino alla fine affinché lo spettatore possa divertirsi ma anche affrontare l’esperienza come un viaggio all’interno della sua anima. L’autore di quest’opera ha creato qualcosa di autobiografico per sbizzarrirsi fino alla fine ma anche per esorcizzare le sue paure e dare una risposta alle sue domande, anche quando queste ultime non possono averla, creando uno dei film italiani più interessanti dell’ultimo decennio. Martin Scorsese diceva che una cosa più è personale e più è creativa… e questo film è straordinariamente creativo. Se volete recuperarlo, potete trovarlo su Prime Video oppure acquistarlo in dvd o in blu-ray.
Andrea Barone