Dopo lo straordinario successo di Demon Slayer – Il Castello Dell’Infinito, un altro anime estremamente amato arriva alla sua svolta con il grande schermo: si sta parlando di Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze, il lungometraggio che vede il debutto al cinema del regista Tatsuya Yoshihara e che ha esordito al primo posto del box office in numerosi paesi di tutto il mondo. Ma il primo film del franchise è degno del successo che sta riscontrando? A seguire la recensione del sequel animato.
La trama di Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze
Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze è il sequel diretto della prima stagione di Chainsaw Man, tratta dall’omonimo manga scritto da Tatsuzi Fujimoto. L’arco narrativo si basa sulle giornate quotidiane del protagonista Denji, ma con elementi ancora più ambiziosi. Il film infatti presenta la seguente trama:
Dopo il combattimento con l’Uomo Katana, Power è divenuta eccessivamente indomabile a causa del troppo sangue bevuto, così viene temporaneamente allontanata dalla squadra per poter essere contenuta. In attesa del suo ritorno, a Renji viene affidato un altro compagno, il Diavolo Squalo Beam, mentre Aki fa coppia con il Diavolo Angelo, il quale tuttavia non sembra molto propenso a voler svolgere le sue mansioni. Durante il trascorrere dei giorni, Renij fa la conoscenza di Reze, una ragazza che si prende una cotta per lui. L’incontro con Reze sconvolge la vita di Renji perché riesce a distrarlo dai sentimenti che prova per Akima, dal momento che i due adolescenti sembrano completarsi a vicenda. Tuttavia un diavolo al servizio del Diavolo Pistola è alle calcagna per ottenere il cuore di Renji, però stavolta non solo sarà il più difficile da battere, ma darà al giovane Devil Hunter una spiacevole e sconvolgente sorpresa.

La recensione di Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze
Tatsuya Yoshihara si è fatto le ossa animando e dirigendo le puntate di numerosi show televisivi celebri (come Yattaman e lo stesso Chainsaw Man), ma con questo lungometraggio la sua carriera merita di essere lanciata nel migliore dei modi. Le animazioni di Chainsaw Man: Il Film – La Storia Di Reze non si limitano soltanto ad essere eleganti, ma esplodono in un concentrato pop art con frame che si fermano e mutano in schizzi di disegni con colori accesi che strabordano dai contorni dei personaggi, i quali non riescono a stare dietro alle loro stesse azioni che superano la velocità del suono, come se la matita dei disegnatori facesse percepire allo spettatore il cervello dei Devil Hunter che esplode come gli schizzi dei dipinti. Le scenografie, in un perfetto misto tra CGI e tecnica tradizionale, si deformano, così come le soggettive permettono di far immergere nei sentimenti dei personaggi, accompagnati da un sonoro perfetto. La cinepresa virtuale (o animata a mano) si agita senza tregua in salti e colpi potentissimi che trascinano a forza da un palazzo all’altro in una sfera di distruzione apocalittica senza via di fuga: spettacolo, sangue e fatica si uniscono in un perfetto agglomerato tra meraviglia del disegno e la tensione delle sequenze in cui nessuno è al sicuro dal rumore delle bombe e dal taglio delle motoseghe.
Le sperimentazioni pop art possono ricordare quadri eccellenti visti nel capolavoro Spider-Man: Across The Spiderverse di Joaquim Dos Santos, oppure, se si vuole rimanere nel campo nipponico, competere con le straordinarie sequenze di opere come Promare di Hiroyuki Imaishi o Evangelion 3.0 + 1.0 di Hideaki Anno. Dopo aver visto il Diavolo Eterno nella prima stagione, da Chainsaw Man ci si può aspettare le scene più strambe, ma non si può evitare di affermare che guardare un uomo con motoseghe al posto della testa e delle arti intento a cavalcare uno squalo nel bel mezzo di un tifone sia una cosa che lascia a bocca aperta. La sequenza appena descritta non ricorda un film particolarmente famoso? Se si sta pensando a Sharknado di Anthony Ferrante, l’intento è quello. Qualcuno potrebbe sentirsi offeso dal paragone appena fatto. Eppure gli elementi non distanziano per niente: la motosega, lo squalo ed il tornado. Si tratta di una coincidenza? Come potrebbe, direbbe un cinefilo raffinato, un uomo come Tatsuzi Fujimoto, fornitore del materiale da adattare e dichiarato amante di cinema, rifarsi ad un’opera come Sharknado? Il contesto cambia, perché la sequenza non raccoglie il trash dell’Asylum fatto male apposta per far ridere, ma ne riprende la voglia di realizzare qualcosa di completamente fuori di testa e di esaltarne tutte le potenzialità nel replicarlo sul grande schermo nel modo più elegante e schizofrenico.
Infatti nella cavalcata di Renji c’è un’idea di libertà al di fuori di ogni regola razionale, come se fosse un’evasione da un mondo esterno che, nella sua cattiveria, è più folle del folle stesso. E come il protagonista è un ragazzo completamente pazzo, le cui urla sono più rumorose delle bombe che esplodono costantemente, così si sceglie di fare in modo che quelle scene d’azione inseguano quella stessa follia, distinguendosi da un cinema più tradizionale e pacato. Nel primo arco di tempo del lungometraggio, maggiormente incentrato sugli approfondimenti e sacrificando volutamente l’azione, i personaggi passano il loro tempo dentro un cinema, denunciando la banalità dei blockbuster stantii o dei drammi ricattatori ed esaltando un cinema più autoriale e simbolico che è molto meno considerato dal grande pubblico. Eppure, nel distinguersi dalla massa, riesce a trionfare qualitativamente ed a toccare le corde giuste dello spettatore. Come i protagonisti lodano la libertà di pensare diversamente dalla massa, così le sequenze di Chainsaw Man abbracciano questa libertà per apparire imprevedibili e differenti dagli anime più conosciuti, celebrando il lato individualista dell’arte contro la cupezza macabra della società e dell’industria cinematografica macchinosa.
Inoltre non è un caso che nella prima stagione venga rimarcato più volte che, per essere un Devil Hunter perfetto, Renji debba approfittare della sua follia che gli permette di fare cose che nessun altro avrebbe il coraggio di fare. La pazzia di Renji è quindi un inno per lo spettatore a pensare con la propria testa (motivo per cui Renji riesce spesso a vincere le sue battaglie). Buffo che, nella scena già citata del cinema che proietta un film d’autore da festival, le sale siano vuote, quando l’anarchia di Chainsaw Man nella nostra realtà ha avuto un grande successo di spettatori, ma non è la prima volta che il mainstream riesce a nascere anche da questa divertente contraddizione (si pensi ai successi di autori celebrati come Christopher Nolan, Tim Burton o Quentin Tarantino che normalmente sarebbero considerati anticommerciali).

Oltre alla pazzia delle scene d’azione, a colpire è anche la sensibilità di Renji, considerata bizzarra perché apparentemente effimera. Renji infatti ringrazia ogni giorno di poter mangiare un buon pasto e di poter dormire in un letto comodo, con Reze, la sua fiamma, che si sorprende del suo celebrare qualcosa che in una normale società dovrebbe essere considerata scontata. Per Renji non lo è mai stato, dal momento che ha passato la vita a privarsi di tutto questo, vivendo di stenti. Oltre a ciò Renji, in piena fase ormonale, vuole scoprire il sesso e stringere rapporti con le persone che dimostrano affetto. Cibo, sesso, amore. Cose banali in un mondo in cui ci sono demoni che si lanciano in aria, eppure per Renji è tutto, diversamente dal Diavolo Angelo (membro della squadra di Renji) che aspetta ogni giorno il momento adatto per morire, perché non riesce più a sopportare un mondo in cui la gente continua ad uccidere e, quando non lo fa, è carica di pregiudizi anche peggiori. Il Diavolo Bomba, con le sue continue esplosioni, diffonde panico e morte mentre si vedono cadaveri che soccombono dietro le battaglie dei diavoli senza fine.
Da qui infatti si prosegue la denuncia di Tatsuki Fujimoto nel condannare le armi, l’elemento che dovrebbe essere estirpato dal mondo: non a caso il Diavolo Bomba è l’antagonista principale di questo arco e lui risponde al Diavolo Pistola che sarà il villain finale dell’intera saga. Il mondo di Chainsaw Man è pieno di esseri terribili e di cacciatori di diavoli, mentre la nostra realtà extracinematografica è piena di cinismo, alienazione e guerra. Non ci sono differenze. Per questo, in cotanta tristezza che avvolge il Diavolo Angelo, diventa un pensiero diverso dalla massa quello di cogliere l’importanza delle cose quotidiane della vita e di lasciarsi andare ad essa con gioia e apprezzamento nell’essere capaci di respirare. Avere un cuore, definizione su cui Renji si interroga, e provare sentimenti dovrebbe essere una cosa spontanea semplicemente perché il cuore di ogni essere umano batte e quindi tutti dovrebbero esserne capaci, eppure nessuno pensa mai a questo dono. Essere capaci di apprezzare il solo concetto di vivere diventa quindi un elemento da outsider proprio perché la società se ne è dimenticata, come James Gunn in Superman fa notare che ormai essere buoni è divenuto il nuovo comportamento da punk rock. Quindi la follia creativa che si oppone all’omologazione cinematografica va in parallelo con la voglia di vivere che si oppone alla guerra: entrambi concetti individualistici che dovrebbero diventare collettivi.
Reze, in tutto ciò, è una ragazza che è cresciuta con l’indottrinamento di fare ciò che le viene detto e con l’idea che la realtà sia piena di violenza senza fine. La conoscenza della spontaneità dolce di Renji crea in lei un cortocircuito, poiché il suo cuore fa fatica ad emergere in un corpo manovrato da una realtà spietata che impedisce alla gioventù di prosperare, ma allo stesso tempo proprio l’intreccio con Renji le regala i momenti più belli della sua vita, creando un barlume di speranza. Imparare a nuotare in un’acqua difficile, a tratti velenosa, ma sempre con tracce di vita. Un personaggio magnifico che mette un punto in un’atmosfera piena di ambiguità morale in cui sembra quasi difficile distinguere i buoni dai cattivi quando l’obiettivo di entrambi è uccidere il nemico senza possibilità di dialogo. Una forte ironia si crea quando gli stessi Devil Hunter utilizzano i diavoli per uccidere altri diavoli.
L’eterna contraddizione dell’uomo oppure il sintomo di qualcosa da correggere del nostro sistema? Sono tanti gli interrogativi che vengono posti, ma i sentimenti sono sempre al centro di tutto ed emergono con forza anche quando sono tragici, mostrando la bellezza della vita persino in scene che si risolvono in un’intensa pozza di sangue. Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze è completamente anarchico nelle sue straordinarie sequenze d’azione che rimangono impresse, ma è anche estremamente delicato nel cercare barlumi di speranza e nel contemplare la bellezza della sensibilità quando i corpi dei personaggi si dissolvono in una violenza senza apparente possibilità di scelta. Un grande sequel di una grande serie televisiva ed uno dei migliori film d’animazione dell’anno, nonché l’ennesima dimostrazione che gli anime continuano a raggiungere picchi alti che faranno parlare di sé per molti anni, cancellando sempre di più la linea sottile che separa la serialità ed il linguaggio cinematografico, due linguaggi uniti da una qualità alta che eccelle in entrambe le parti influenzandosi a vicenda.
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