La storia del cinema è ricca di titoli che possono essere più o meno sottovalutati da parte dello spettatore; ciò accade soprattutto in virtù dei momenti storici in cui vengono presentati, delle accezioni di cinema popolare e delle corde dello spettatore che vengono toccate, soprattutto in virtù di avvenimenti che possono o meno stimolare l’attenzione di chi guarda. Ci sono, poi, dei film che ottengono un grandissimo successo, che vengono ricordati nella memoria collettiva dello spettatore ma che sembrano essere divenuti celebri per i motivi sbagliati: naturalmente, non vogliamo sottolineare un paradosso nella valutazione dello spettatore tradizionale, quanto più identificare un elemento di valutazione critica che, spesso, non tiene conto degli effettivi meriti di una determinato film. Sulla base di questa valutazione, e ricordando sempre che quello che effettuiamo è semplicemente un enorme gioco, vogliamo raccontarvi quali sono i migliori film mainstream, ma diventati famosi per i motivi sbagliati, secondo la nostra valutazione.
Fight Club (1999)
Partiamo con quello che, probabilmente, è l’emblema dei film mainstream diventati famosi per motivi sbagliati. Nel 1999 David Fincher dirige quello che, probabilmente, è il film più rappresentativo del genere del post-moderno, portando sullo schermo l’omonimo romanzo di Chuck Palaniuk e lasciando a Edward Norton, Brad Pitt e Helena Bonham Carter tre ruoli diventati immortali nell’ambito della loro carriera; c’è da dire che Fight Club non fu accolto nel migliore dei modi, con fischi e flop al botteghino, salvo essere poi rivalutato nel corso degli anni, fino a diventare un cult. È proprio in questa rivalutazione che, a nostro dire, c’è un errore di fondo: considerare Fight Club un film che possa esprimere, in maniera violenta e brutale, l’etica e l’estetica machista, considerabile in quanto tale sulla base di pugni, muscoli messi in primo piano e tanto sudore che ritorna soprattutto nelle celebri regole, divenute note soprattutto in ambito social.
Fight Club è un film molto più profondo di quanto non si dica: rappresenta il collasso del mondo contemporaneo in maniera estremamente lucida, mette in crisi il sistema di rappresentazione e di estetica capitalistica, costituisce una vera e propria galassia di immagini e fotogrammi impazziti, a partire dal bicchiere di Starbucks che ritorna in numerosissime scene, posto quasi come un puzzle ideale da scovare da parte dello spettatore. Dialogando tra la realtà e la sua rappresentazione più fantasiosa, Fight Club giunge ad un livello di rappresentazioni per strati ma banale, che porta il film ad essere molto più importante di quanto il mainstream non racconti.
Prisoners (2013)
Ci rendiamo perfettamente conto del fatto che, con l’emergere di TikTok nel mercato social, anche la valutazione di numerosi film avviene in maniera completamente differente, soprattutto per quel taglio social che si tenta di restituire con clip evitate in maniera avvenente; uno dei risultati di questo processo è minimizzare la qualità di un film, e così avviene con Prisoners di Denis Villeneuve, a nostro modo di vedere uno dei registi più sottovalutati della sua generazione e del cinema contemporaneo, a cui si devono alcuni dei più grandi capolavori del cinema d’azione, thriller e fantascientifico degli ultimi anni.
Prisoners è un film molto più importante di quanto le piccole scene di TikTok sappiano raccontare: non è soltanto la sfuriata di Hugh Jackman nei confronti di Paul Dano, non è soltanto un colpo di martello che buca la parete e distrugge un lavandino: è un film particolarmente stratificato, in cui la ricerca di una persona scomparsa si traduce, ben presto, in una vera e propria caduta nell’oblio da parte di tutti coloro che sono coinvolti. La sub-umanità del protagonista, unita a quel delirio ossessivo contornato da tic del personaggio di Jake Gyllenhaal sono due chiavi di lettura interessantissime, per un film che si concede anche un finale aperto e eccezionale, che fa discutere lo spettatore oltre la sua durata; e per il cinema contemporaneo, spesso preda di se stesso, non è assolutamente poco.
Non è un paese per vecchi (2007)
Probabilmente questa è la nostra più grande provocazione, considerando l’incredibile successo che il film ha ottenuto non soltanto nel mercato del botteghino ma anche agli Oscar, dove ha praticamente dominato nelle principali categorie; ma ci sentiamo di includere anche Non è un paese per vecchi tra i film diventati famosi per motivi sbagliati e che, ad oggi, sono parte di quel mainstream e che viene tanto decantato in termini non necessariamente positivi. I fratelli Coen sono due registi che, molto spesso, si associano a determinati film che raccontano un’estetica western o un universo tematico sempre molto simile: il realtà, scopriamo, nella loro incredibile filmografia, che l’abbondanza tematica del loro pensiero trova compimento in alcune opere fondamentali, che sono sì famose ma anche rappresentative di un modo di riflettere e concepire l’arte molto meno banale di quanto si possa credere.
Non è un paese per vecchi, dunque, non è soltanto il film di Anton Chigurh, per quanto l’interpretazione di Javier Bardem sia, a tutti gli effetti, una delle più incredibili nella storia del cinema. È un lungometraggio particolarmente stratificato, in cui il grande nichilismo dei fratelli Coen esprime in maniera lucida, pur con una piccola parvenza di speranza che sembra essere, però, immediatamente tradita sul finale. È il film in cui troviamo una delle riflessioni più intelligenti, che dà il titolo stesso al film, sullo stato attuale della nostra società, con una capacità di trasformare il tutto in un’estetica poliziesca e noir che porta il film ad elevarsi al di sopra di tante produzioni simili, anche degli stessi Coen.
Scappa – Get Out (2017)
Il mondo dell’horror è stato inesorabilmente influenzato e indirizzato verso una nuova chiave creativa a partire dal 2017, quando Jordan Peele decise di esordire dietro una macchina da presa portando con sé tutte le caratteristiche più pure della sua comicità e prestandole al genere horror, con un’incredibile qualità di fondo che ha permesso la realizzazione di uno dei film più emblematici degli ultimi anni. Scappa è un film inevitabilmente mainstream, che molto spesso si associa soprattutto a quella concezione di terrore e di inquietudine della famiglia bianca per eccellenza, e che a dire il vero è stato anche modificato nelle sue condizioni più ideologiche: Jordan Peele, in effetti, voleva che il film si risolvesse in maniera estremamente negativa e catastrofica per il protagonista interpretato da Daniel Kaluuya, fornendo una chiave di lettura ancor più sfiduciata nei confronti della condizione dei personaggi da lui raccontati.
Per questo motivo, crediamo che Scappa sia molto più importante di quanto si racconta generalmente, dal momento che essi un film celebre, anch’esso in grado di vincere una statuetta agli Oscar, ma spesso si fa fatica a definire il motivo fondamentale per cui dovrebbe essere ricordato e raccontato da parte del pubblico; è, come dicevamo, da solo in grado di costituire un vero e proprio genere differente di horror, una nuova chiave di lettura che trova nell’inquietudine e nella turba psicologica il suo meccanismo più rappresentativo, con Jordan Peele che estenderà il suo discorso alle produzioni successive, rendendoli ancor più intelligenti sotto questo punto di vista.
American Psycho (2000)
Probabilmente, uno dei generi più incompresi nell’ambito della storia del cinema è quello degli yuppies, ovvero di quei personaggi che hanno abitato la società statunitense, ma non solo, nel periodo compreso tra gli anni 80 e il 2000. Il 2000 è proprio l’anno in cui esce al cinema American Psycho, film che gli yuppies li racconta, soprattutto nella loro ossessione per alcuni elementi puramente estetici e grossolani: il biglietto da visita, il taglio di capelli, l’abito firmato e tanti altri elementi che appaiono come schegge impazzite nel film interpretato magistralmente da Christian Bale. Purtroppo, complici anche alcune scene che tentavano di destrutturare la narrazione machista ma che, purtroppo, hanno finito per alimentarne le discussioni social, American Psycho è diventato un film estremamente mainstream, che si racconta soprattutto in termini di sesso, violenza e sangue.
In realtà, il lungometraggio di Mary Harron è una profondissima e allegorica rappresentazione di quanto vuoto e fine a se stesso sia il mondo maschio bianco eterosessuale, che parla di se stesso ritenendosi migliore e che continua a osannarsi, in maniera petulante e morbosa. Tramite la rappresentazione in poco più di 100 minuti, American Psycho compie un lavoro eccezionale, lasciando all’indagine mentale del protagonista, e al suo essersi eventualmente immaginato tutto, un profondo respiro critico nei confronti della società descritta. Probabilmente, in questo specifico momento storico, rivedere American Psycho e una grande scelta per comprendere in che modo, spesso, parliamo di noi stessi.
Altri film mainstream per motivi sbagliati, che vi invitiamo a rivalutare
Concludiamo la nostra lista sui film mainstream diventati famosi per motivi sbagliati, invitandovi a riflettere su altri titoli che meritano sicuramente una grande attenzione, pur se al di fuori degli standard con cui convenzionalmente vengono raccontati. Trainspotting è sicuramente uno di questi titoli: droga, sesso, alcol e Underworld hanno trasformato il film in una parabola apologetica sul mondo disastrato giovanile, quando in realtà il lungometraggio in questione racconta un qualcosa di molto più radicato nel disordine e nella dissoluzione di una società che non trova appigli in nessun meccanismo sociale; L’odio, a proposito di rappresentazioni sociali, è un film che va ben oltre Vincent Cassel che parla con se stesso allo specchio, sapendo porsi come estremo erede di un genere che la Francia ha reso noto, la nouvelle vague, e concentrando nel racconto di una sola notte tutta la feroce critica nei confronti di una società oppressiva nei confronti della sua popolazione.
The Wolf of Wall Street è anch’esso un film mainstream, diventato famoso per i motivi più sbagliati, ma ci sembra grossolano sottolineare perché: vi invitiamo soltanto a riguardarlo, concentrandovi non tanto sulle droghe e sui festini di Leonardo DiCaprio, quanto sul profondo lavoro di satira che Martin Scorsese opera nei confronti del mondo rappresentato, così come Matrix potrebbe essere recuperato con uno spirito differente, tentando di cogliere elementi puri della rappresentazione fantascientifica al di là della cultura pop dei rallenti o della pillola rossa e della pillola blu. Infine, pescando direttamente nel mercato asiatico, tra i film mainstream diventati famosi per i motivi sbagliati c’è Oldboy: molto più che scazzottate in una sola stanza o polpi mangiati voracemente: Oldboy è un vero e proprio saggio di grande qualità cinematografica che arriva da uno dei registi, a dire il vero, che è stato meno capito, Park Chan-wook.







