Il primo film di Ben Leonberg è già uno dei casi cinematografici dell’anno, essendo riuscito ad attirare a sé molte attenzioni fin dalle sue prime uscite ufficiali. In seguito alla sua presentazione in anteprima al South by Southwest, Good Boy ha particolarmente attirato la critica specializzata, raccogliendo anche un indice di gradimento su Rotten Tomatoes del 95%. Un film che può poi contare su una peculiarità molto affascinante, ovvero portare su schermo una storia di fantasmi vissuta dal punto di vista di un protagonista a 4 zampe. Ma oltre alla sua caratteristica principale, Good Boy riesce a raccontare altro? Ecco di seguito la recensione del primo film horror di Ben Leonberg.
La trama di Good Boy, il film horror con protagonista il cane Indy
Sperimentale ed audace, il film horror Good Boy segna il debutto alla regia per Ben Leonberg, che inaugura la sua carriera cinematografica con un film ad altezza segugio. Il titolo, infatti, porta sullo schermo una storia di fantasmi e l’infestazione di una fattoria, con il tutto osservato dal punto di vista di un cane. In particolare, la trama di Good Boy così riporta:
Dopo la morte di un membro della famiglia, Todd si trasferisce con il suo cane Indy in una vecchia fattoria rurale un tempo di proprietà di suo nonno. Sebbene si dica che la casa sia infestata, Todd ignora gli avvertimenti. Tuttavia, Indy inizia a vedere inquietanti presenze soprannaturali in tutta la casa: entità invisibili agli umani ma fin troppo reali per lui. Incapace di comunicare le sue paure a Todd, Indy deve affrontare e comprendere le forze maligne che minacciano il suo padrone. Mentre l’attività soprannaturale si intensifica, la lealtà del cane viene messa a dura prova nel disperato tentativo di proteggere il suo compagno umano.
La recensione di Good Boy: il migliore amico dell’uomo
“Attori da cani” è un’espressione ormai decisamente passata di moda, con alcuni splendidi esemplari di razza canina che alcune volte arrivano anche a superare qualche interpretazione “umana”. Per molti anni, infatti, il migliore amico dell’uomo è stato impiegato più come strumento di supporto e, quando protagonista, si trattava nella maggior parte dei casi in prove più fisiche che emotive. Tuttavia, solo negli ultimi anni abbiamo potuto assistere ad alcune prove e momenti davvero intensi con protagonista i nostri amici a 4 zampe, ultimo in Anatomia di una caduta di Justine Triet.
A tali esempi si aggiunge anche Good Boy, primo film scritto e diretto dal regista Ben Leonberg che, difficilmente, poteva scegliere una sfida più difficile e stimolante per inaugurare la propria carriera cinematografica. Lo scorso 2024, la stagione cinematografica ha visto tra i tanti un titolo capace di differenziarsi dalla massa per il peculiare stile visivo e narrativo, ovvero quel chiacchierato Skinamarink proveniente dal Canada. Seguendo quel filone di particolarità e sorpresa, Good Boy si posiziona infatti ad altezza segugio e, sfruttando l’incredibile capacità dei cani nel percepire l’impercepibile ad occhio nudo, ecco che la visione si trasforma in una tetra ghost-story. Non si tratta di una vera e propria soggettiva del cane Indy, ma la malattia del suo padrone viene vissuta dal suo punto di vista.
Gli umani nel film, quando presenti, sono infatti particolarmente distanti ed alieni, non visibili in volto o che indossano una maschera e, con tale strategia, l’intera prova emotiva su schermo deve per forza reggersi sul dorso del suo peloso protagonista. A più riprese Indy riesce ottimamente a restituire ottimi colpi alla causa, riuscendo ad emozionare con il suo sguardo silente e i suoi guaiti. Il protagonista del film è dunque unicamente quel “good boy” che dà titolo all’opera, costruendo l’intera visione attorno a lui con gran mestiere. Il terrore è costantemente percepibile nella tetra abitazione, privilegiando molta tensione ed apparizioni fantasmatiche con tempi di scena praticamente perfetti. Decisamente abile dunque la mano nell’impianto fotoscenografico, facendo dimenticare che si tratti di una produzione davvero indipendente e, allo stesso tempo, non smarrendo quello spirito “grezzamente vero”
Quella di Good Boy è dunque una sfida più che vinta, capace con merito di iniziare a far girare il nome di Ben Leonberg per aver tramutato una bella idea in una visione costruita a dovere. Un horror di spettri davvero stimolante che, purtroppo, avrebbe avuto potenziale per essere davvero speciale. Dal punto di vista narrativo, infatti, il film è praticamente inesistente, offrendo il semplice incipit del trasferimento nella casa infestata e provando, di volta in volta, ad inserire le caselle del puzzle generale. Ne fuoriesce un quadro confuso ed evitabile, in quanto le svolte orrorifiche restano di fatto fine a sé stesse giusto per stupire lo spettatore e per intrattenere. Si aggiunge anche un utilizzo del digitale che lascia a desiderare.
La probabile associazione dunque, tra l’individuare un possibile tumore ed il percepire presenze spettrali, non riesce ad andare a segno e con quella stessa idea geniale e ben costruita che, nella sostanza resta un semplice esercizio di stile. Good Boy è tuttavia intelligente nel non smarrire mai il suo cuore, trasformando la sua storia di fantasmi in un ornamento (tanto intrigante quanto vuoto) a quella che a tutti gli effetti resta una storia d’amore tra un cane ed il suo padrone. Le incertezze e le insicurezze della prima volta, tuttavia, non possono oscurare il merito di un’ottima produzione. È nata una stella?






