Dopo “Drive-Away Dolls” (2024), Ethan Coen torna a collaborare con la sua compagna Tricia Cooke realizzando il secondo capitolo di una trilogia di “lesbian B-movie”, un nuovo titolo diretto in solitaria senza il fratello Joel e con cui ha dato vita ad alcuni capolavori immortali. “Honey Don’t”, così si intitola questa nuova pellicola, è il nuovo film di Ethan Coen con Margaret Qualley, una dark comedy dove non manca quell’anima da poliziesco e giallo con protagonista una femme fatale fuori dagli schemi. Di seguito la sinossi ed una breve recensione di “Honey Don’t”, una produzione Focus Features e Working Title Pictures, distribuita in Italia dalla Universal Pictures.
La trama del film “Honey Don’t” di Ethan Coen
A Bakersfield, in California, l’investigatrice privata Honey O’Donahue (Margaret Qualley), che spesso si occupa di casi relativi a presunti tradimenti amorosi, questa volta viene convocata sulla scena di un presunto crimine mascherato da un misterioso incidente stradale. La vittima, infatti, è Mia (Kara Petersen), proprio una delle sue potenziali clienti che avrebbe dovuto incontrare da lì a poco. Da un semplice caso prende, però, forma un’indagine più complessa, che porta la giovane detective su una pista tra morti e sparizioni sempre più sospette, anche se tutto appare collegato ad una chiesa e la sua congregazione.

La recensione di Honey Don’t, il film con Margaret Qualley
Fin dal primo frame Ethan Coen tenta di unire più elementi, infatti, anche gli stessi titoli di testa si amalgamano alla perfezione con la sequenza introduttiva, tanto da far parte delle scenografie e degli ambienti dove si svilupperà la storia. Una scelta che porta lo spettatore fin da subito all’interno della narrazione, partendo da un incidente che funge da grande apri pista per l’indagine di Honey O’Donahue, una giovane detective privata interpretata da una splendida Margaret Qualley. Un caso che porta la protagonista ad inseguire una, anzi, più piste che portano tutte verso questa fantomatica quanto bizzarra chiesa capitanata dallo stravagante reverendo Drew Devlin, interpretato da una divertentissimo Chris Evans. Il percorso sembra segnato, ma lungo la strada Honey si imbatte in una serie di personaggi dalle differenti personalità: dalla sua bizzarra e stereotipata famiglia, tra sorella e una sfilza di nipoti, ai poliziotti e detective con cui collabora per le sue indagini.
Uno degli elementi cardine di questa bizzarra trilogia firmata a quattro mani da Ethan Coen e sua moglie Tricia Cooke, al tempo montatrice di alcuni titoli della filmografia dei due fratelli, è legato alla sessualità. Sesso e violenza viaggiano, in questo film, sullo stesso binario, per poi intersecarsi dando vita a momenti comici e divertenti, a tratti demenziali, legati a perversioni, l’unione di corpi con in più un tocco erotico, ma mai reso in maniera banale o superficiale. In più al suo interno non mancano alcune trovate tecnicamente sopraffine, dove la macchina da presa appare quasi invisibile tanto da riproporre un certo tipo di visione e gusto affine al cinema dei Coen, quando almeno lavoravano assieme. In più, il film tenta inesorabilmente di raccontare un paese e le sue caratteristiche, come ad esempio la gente di provincia oppure gli ideali dell’integralismo cattolico.
Se da un lato sono molti gli spunti positivi, dall’altro non mancano, sfortunatamente, elementi più negativi: in “Honey Don’t”, infatti, prendono vita una sfilza di trame e sotto trame, molte delle quali, però, non trovano riscontro in un finale troppo inconsistente per una storia che gioca con un mistero di fondo, anch’esso spesso lasciato da parte e per nulla approfondito. L’indagine alla fine resta molto in secondo piano, quando, invece, poteva risultare quell’elemento che poteva elevare i legami e la relazioni tra i personaggi. Per questo motivo, tutti coloro che ruotano intorno a Honey finiscono per non ricevere un approfondimento necessario per colpire lo spettatore, tranne la stessa protagonista, sicuramente per il fascino ed uno sguardo cinematografico per un’attrice sulla cresta dell’onda come Margaret Qualley, ma anche dello stesso Chris Evans che, nonostante il peso di un personaggio “ingombrante” sulla carriera come quello Marvel, riesce a districarsi e interpretare un reverendo completamente fuori dagli schemi, divertente quanto assurdo.
Inoltre, nonostante una storia che tocca varie tematiche, il film tenta di ricostruire una sorta di immaginario narrativo in cui navigano personaggi dalla differenti sfaccettature. Oltre a Qualley e Evans, fanno parte del resto del cast anche Aubrey Plaza, una poliziotta che viene catturata dal fascino di Honey, e Charlie Day, il detective che tenta in tutti i modi di conquistare la protagonista nonostante la sua evidente omosessualità. Se quest’ultimo resta molto sullo sfondo, una macchietta comica che incide poco nonostante l’interprete, la poliziotta MG ha un background interessante, ma tutto viene vanificato per via di una continua mancanza di veri e propri colpi di scena più che significativi, come se mancasse quel definitivo stravolgimento della storia, che accadeva seppur senza troppi elogi nel più riuscito “Drive-Away Dolls”.

Honey Don’t è il nuovo film di Ethan Coen con Margaret Qualley
In un film che mescola diversi generi a volte prende forma una perla, altre volte un disastro totale, “Honey Don’t” si piazza, invece, proprio nel mezzo, il nuovo film di Ethan Coen con Margaret Qualley mostra un grande potenziale, vanificato da una pessima risoluzione che porta il pubblico a riflettere sul senso di questa storia, una presunta psicoanalisi del classico ruolo della nota femme fatale che viene completamente ribaltato, dove la fanno da padrone la violenza, la sessualità e la comicità, dal quale si può percepire un certo tipo di omaggio ad un cinema d’altri tempi all’interno di un panorama moderno, tralasciando, però, elementi troppo determinanti.
Da questo nuovo film in solitaria di Ethan Coen, manca quell’anima allo stesso tempo cinica ed esilarante che ha sempre caratterizzato il suo cinema, quello plasmato assieme al fratello Joel. Quello che il pubblico si domanda, ovviamente coloro che amano e hanno amato il cinema dei due Fratelli, è quando e se Ethan e Joel torneranno mai a collaborare, per riportare il loro estro e sguardo originale che hanno permesso al duo di regalare agli spettatori titoli del calibro o del livello di “Fargo” (1996), “Il Grande Lebowski” (1998) e “Non è un Paese per Vecchi” (2007), solo per citarne alcuni.






