La Valle Dei Sorrisi è l’eccellenza massima dell’horror italiano moderno

La Valle Dei Sorrisi è il nuovo ambizioso lungometraggio horror di Paolo Strippoli, presentato fuori concorso al Festival Del Cinema Di Venezia 2025
La Valle Dei Sorrisi: recensione horror Paolo Strippoli

Si dice che perseverare in Italia sia un’azione inutile, ma a quanto pare un regista, dopo aver realizzato opere decisamente inusuali rispetto a quello che si è abituati a vedere in questo paese, non si è ancora arreso. Il cineasta Paolo Strippoli è infatti tornato a dirigere un nuovo film horror, intitolato La Valle Dei Sorrisi e presentato fuori concorso all’ottantaduesima edizione del Festival Del Cinema Di Venezia, ma avrà rispettato le aspettative? A seguire la recensione del lungometraggio dell’autore.

La trama di La Valle Dei Sorrisi

La Valle Dei Sorrisi è il terzo film horror diretto da Paolo Strippoli. Come Gabriele Mainetti ha realizzato La Città Proibita, continuando ad inserire degli eroi d’azione nelle strade di Roma, anche questo regista continua ad essere coerente con le proprie ambizioni e torna ad esplorare lo stesso genere attraverso una nuova storia. Il lungometraggio infatti presenta la seguente trama:

In un tranquillo paese di montagna un insegnante di educazione fisica di nome Sergio si trasferisce per lavoro. Scopre presto che l’apparente serenità del luogo nasconde un inquietante segreto che minaccia di alterare la sua vita. Ogni giorno gli abitanti del posto si radunano da Matteo, un ragazzo con capacità paranormali che sono in grado di cancellare il dolore dalle persone. Anche Sergio si sottopone al trattamento, ma le abilità di Matteo nascondono altri segreti che renderanno sempre più difficili le integrità del posto con vicende che rischiano di diventare macabre.

La recensione di La Valle Dei Sorrisi

Paolo Strippoli raccoglie di prepotenza l’eredità di The Wicker Man diretto da Robin Hardy e di Carrie diretto da Brian De Palma, realizzando un’opera in cui il terrore è nascosto nei volti apparentemente normali delle persone durante la luce del giorno, per poi trasferirsi negli occhi di un giovane ragazzo provato ed interpretato da un bravissimo Giulio Feltri, il quale si rivela essere un’incredibile promessa tra gli attori adolescenti nostrani. Il suo personaggio Matteo è un quindicenne dotato di uno straordinario potere che consiste nel far sparire il dolore dalle persone. A causa di ciò, il ragazzo è visto come una figura messianica, capace di espiare tutto il male dentro le anime delle persone. Di conseguenza Matteo non può avere una vita normale ed è costretto a vedere, ogni giorno, individui sconosciuti che lo utilizzano come valvola di sfogo. Non lo conoscono e non ci parlano, bensì lo trattano come una statua di un santo che ascolta solo e non risponde: tutto va bene purché dia ai cittadini ciò che chiedono. La società presentata è quindi profondamente malata, poiché i suoi membri rifiutano di affrontare le loro ferite e preferiscono ignorarle facendo finta che non esistono. Ma Matteo, che si occupa di riceverli, sa benissimo che queste ferite, non essendo cicatrizzate, non vanno mai via e continuano ad essere lì, sanguinanti. L’Italia è un paese in cui si scappa dalle proprie responsabilità e ci si aspetta che siano sempre le nuove generazioni a risolvere, con l’autoconvinzione che tutto ciò che si danneggia non tocchi sé stessi e venga sistemato da chi viene dopo. Matteo, disumanizzato da chi lo venera come un dio, rappresenta quei giovani spaesati che non possono gioire della loro adolescenza perché sentono la pressione di avere il futuro di altri sulle spalle, venendo lentamente sgretolati. Lo specchio dell’Italia lo si ha anche quando Sergio viene fortemente contestato perché si permette di dubitare dell’eccessivo abuso di Matteo, venendo allontanato se non addirittura aggredito fisicamente. Sergio dall’Italia viene visto come lo straniero che si intromette negli affari altrui, non come una persona che tenta di ragionare. Non conta Matteo e non conta l’etica, conta soltanto il proprio sé in una società in cui non ci sono né compattezza e né empatia. L’essere umano è ancorato al passato e lascia i semi dei propri danni consumando il futuro dei ragazzi che verranno, poiché i loro doni vengono oppressi senza che loro possano esprimersi, perché il loro unico fine deve essere, secondo i paesani, quello di essere al servizio di un sistema già marcio di suo.

Il terrore dell’autore cresce costantemente, tanto da inquietare anche con una semplice vecchietta che diceChiedete e vi sarà dato, concependo una delle visioni più distorte e decontestualizzate di un testo sacro ed ottenendo una critica spietata anche nei confronti delle istituzioni che dovrebbero tutelare. Il paese diviene quindi circondato da sorrisi che vogliono essere accoglienti, ma che risultano essere solo la visione distorta di un luogo che vuole auto-illudersi che vada tutto bene. Questa ossessione del culto e dell’affidamento ad una forza divina che disumanizza (l’evoluzione del prete è terrificante), trova la sua contrapposizione con la figura di Matteo. Un adolescente terrorizzato dalla pressione e dalla totale cancellazione di qualsiasi suo desiderio nell’età in cui il desiderio stesso sboccia. La solitudine pervade le sue sensazioni e non c’è nessuno che lo ascolti. Ciò che Matteo impara dalla società in cui cresce è lo stesso egoismo con cui gli altri lo trattano: se gli altri disumanizzano lui, perché lui non dovrebbe disumanizzare gli altri? I poteri di Matteo si deformano in una rappresentazione del controllo, come se il mettersi nei panni degli altri divenisse ormai qualcosa di alienante. Nel film avviene una violenza sessuale estremamente disturbante, nonostante quest’ultima succeda perché Matteo scopre nuove sensazioni attraverso le quali vuole soltanto avere un momento per sé, per sapere che cosa sia la sua sessualità, ma il totale abbandono a sé stesso, con nessuno che lo considera, lo porta ad essere involontariamente non curante. La paura di Matteo si fonde con la paura dello spettatore: proprio come il già citato Carrie, Matteo è spaventato dal dolore che potrebbe provare mentre lo spettatore è spaventato dal dolore che Matteo potrebbe scatenare per colpa di altri. Le capacità straordinarie di Matteo mostrano, in piena idea Burtoniana, un ragazzo che si sente solo perché unico, con capacità straordinarie che lo rendono diverso dagli altri, ma non sa se essere sconvolto dalla sua diversità o se andarne fiero, spaventandosi di sé stesso. Non è un caso che Matteo sia omosessuale, un’emarginazione che si è abituati a nascondere per paura di reazioni incontrollate e di solitudine. Il mondo costruito da Paolo Strippoli è incredibile nel suo mistero e nella sua costruzione che sembra inusuale, ma allo stesso tempo è profondamente realistico nelle reazioni umane e nelle paure. Cosa terrorizza di più: la manifestazione dei poteri di Matteo, o una coltellata improvvisa (gestita con un jumpscare perfetto) di chi invece non vuole lasciare andare Matteo nonostante quest’ultimo non gli appartenga?

Infatti in questo inferno psicologico che sembra non avere una fine, irrompe Sergio (creato da una delle più migliori interpretazioni di Michele Riondino), il coprotagonista che entra, a sua insaputa, in qualcosa che sembra più grande di lui. Eppure questo insegnante di educazione fisica è l’unico che si interessa realmente a quello che Matteo prova, trattandolo come un vero adolescente e preoccupandosi della sua salute. Sergio vede in Matteo una persona spaventata, proprio come lo era il suo defunto figlio. L’esperienza del suo dolore è quella che gli permette di percepire il dolore di Matteo, perché dal dolore non ci si può liberare mai realmente. Per quanto la paura stessa della sofferenza percepita dal popolo sia qualcosa di umano e comprensibile, il continuo voltare lo sguardo da un’altra parte trasforma il popolo nella distorsione delle tre scimmie sagge (Non vedo, non sento, non ascolto). Sergio invece è consapevole che il suo passato sia fondamentale per poter fortificarsi ed andare avanti. L’amore è forte davvero soltanto quando si ha il coraggio di applicarlo nella più profonda sofferenza, perché solo quando si è consapevoli del male del mondo allora si ha la reale facoltà di credere nella vita, perché la luce non ha alcun senso di applicazione senza che ci sia un’oscurità ad avvolgerla e dalla quale essa possa distinguersi. Spesso le persone, per affrontare la realtà di tutti i giorni, scelgono di non sentire le notizie brutte perché preferiscono non pensare e voltano lo sguardo. La mancata conoscenza della tristezza e della sofferenza è proprio ciò che impedisce di affrontarla, è ciò che impedisce di essere empatici e di risolvere il problema dell’Italia, uno stato che crede unicamente nel suo guscio familiare lontano da tutto il resto. Eppure Sergio, un personaggio tormentato dal dolore a causa della perdita del figlio, attraverso il suo ruolo di divulgatore ed insegnante, sceglie quasi di adottare Matteo, prendendolo sotto la sua ala semplicemente parlandogli.

Matteo è esattamente come il dolore: se lo abbandoni non potrà mai convertirsi in qualcosa di bello attraverso la crescita, ma continuerà ad implodere in sé stesso per paura. La società lascia i giovani a marcire dopo averli sfruttati e poi dà la colpa a loro della distruzione. Nascerà l’Anticristo o rinascerà il Cristo? Che cos’è davvero Matteo? Non c’è risposta a questa domanda, ma è lo spettatore a dover scegliere se abbandonarlo e lasciare che il male cresca in lui oppure inseguirlo e dargli una mano per accoglierlo e comprenderlo, esattamente come è Sergio l’unico ad interessarsi a questa domanda. Il vero ruolo paterno non è determinato dal sangue e dalla patria, bensì da una persona che viene da fuori e finisce in un’inaspettata unione, rendendo l’opera un cammino non solo filosofico e sociale, ma anche sorprendentemente politico. La Valle Dei Sorrisi è uno straordinario specchio di solitudine che si trasforma in un’espiazione della paura stessa, nonché la fusione del dramma italiano che esplode in una scia di violenza e di corpi spezzati con un’umanità che vuole emergere in un mondo tanto fantastico quanto credibile e struggente. L’opera non è soltanto la consacrazione autoriale di Paolo Strippoli, non è soltanto il miglior film horror italiano moderno, non è solo uno dei più grandi film horror usciti negli ultimi 10 anni, ma è l’atto di ribellione più maestoso che il nostro paese abbia mai avuto dai tempi di Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti.

Recensione: La Valle Dei Sorrisi
La Valle Dei Sorrisi
La Valle Dei Sorrisi

Un insegnante di educazione fisica finisce in un paese in cui tutti lasciano guidare la loro anima da un unico ragazzo, ma quando l'adolescente comincerà a stufarsi le cose prenderanno una piega molto inquietante.

Voto del redattore:

10 / 10

Data di rilascio:

17/09/2025

Regia:

Paolo Strippoli

Cast:

Michele Riondino, Giulio Feltri, Romana Maggiora Vergano, Paolo Pierobon, Anna Bellato, Roberto Citran, Sergio Romano e Sandra Toffolatti

Genere:

Horror, thriller psicologico, fantasy, drammatico

PRO

La straordinaria regia
La caratterizzazione di Matteo e di Sergio
La costruzione di una società marcia e spaventata
Le splendide interpretazioni del cast
Nessuno