One Piece ed il caso politico: li senti i Tamburi della Liberazione?

Il mondo sta bruciando. Tra le fiamme ecco elevarsi un vessillo pirata. Ma perché One Piece è diventato un simbolo unificante di protesta da Oriente ad Occidente?
Editoriale su One Piece ed il caso politico

Nell’estate del 2025, nei cinema di tutto il mondo, ha fatto la sua comparsa Superman, il nuovo attesissimo film diretto da James Gunn che inaugura il suo universo DC. Tra gli elementi narrativi, perno dell’opera, infiamma la guerra civile contro un regime autoritario, che mostra fin troppi parallelismi con quanto continua ad accadere nell’Europa dell’est e soprattutto in Medio Oriente. Sul terreno di scontro rimane impressa una scena su tutte, quella in cui un bambino issa la bandiera di Superman, richiedendo un suo aiuto nel conflitto.

Attraverso la finzione, un personaggio di fantasia come quello creato da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1933, viene letteralmente invocato in una guerra civile per risolvere la situazione. Tuttavia si tratta appunto in questo caso di finzione, di un lavoro interpretativo e di analisi critica sull’opera di James Gunn. Ma se un personaggio, un simbolo nato dall’immaginazione di un artista, venisse realmente invocato oggi in contesti socio-politici particolarmente infuocati? Qualche tempo fa venne fatta un’analisi sul simbolo della maschera di Guy Fawks dal film V per Vendetta, rievocando anche in piazza lo spirito di rivolta di quel militante inglese di fine ‘500 che volle dare fuoco al Parlamento nella leggendaria Congiura delle polveri.

Fatto sta che oggi, 2025, un Parlamento è veramente in fiamme, quello del Nepal e, davanti ai cancelli della casa politica di Katmandu, viene issata una bandiera. Non è quella di Superman, né di Guy Fawks, ma di One Piece il celebre manga creato da Eiichiro Oda, che sta sempre più diventando un vero e proprio simbolo politico. Ma cosa c’entra l’opera con il clima esplosivo che si sta diffondendo in Oriente e non solo?

Il significato di One Piece

Prima di potersi immergere in questa analisi – che vede confluire cinema, cultura pop e politica nel modo più concreto possibile – occorre incorniciare il contesto di cui si parla, iniziando proprio dall’opera stessa di Eiichiro Oda. Pubblicato per la prima volta sulla celebre rivista Weekly Shōnen Jump il 22 luglio 1997, in quasi 30 anni di storia ne ha fatta di strada il manga di One Piece. Il più venduto al mondo (500 milioni di copie al 2022), Guinness World Record, opera osannata in Patria e divenuta particolarmente influente nel resto del mondo. Con le avventure di Cappello di Paglia, il suo creatore è entrato nella Top10 All Time degli autori più venduti della storia, al settimo posto sopra colleghi del calibro di J. K. Rowling e Stephen King.

One Piece ha poi ovviamente travalicato la carta stampata, arrivando anche allo schermo con la longeva serie anime, i 15 film all’attivo ed ora anche i vari progetti targati Netflix. Si tratta insomma di un’opera che è molto di più di un “semplice fumetto”, dall’enorme potere commerciale ed ormai radicato nella cultura pop come pochissimi altri esempi. Ma qual è il segreto del suo successo, e come può la storia fantastica di un ragazzo diventato di gomma portare migliaia di persone in piazza per protestare attivamente contro il governo? A tal proposito occorre riportare quello che è il cuore pulsante dell’opera, lo spirito ardente ed indomabile alla ricerca della Libertà. Ambientato in un mondo dominato da mari ed isole, One Piece vede protagonista una nuova generazione di pirati (il concetto di “generazione” sarà determinante per il resto dell’analisi) in competizione per arrivare all’omonimo e leggendario tesoro. Tra questi vi è Luffy, un giovane ragazzo divenuto di gomma dopo aver mangiato un frutto magico, con il desiderio di diventare il Re dei Pirati.

Ora. Per coloro che sono alla pari con l’opera creata da Eiichiro Oda, nel momento in cui si scrive settembre 2025), il fattore della “gomma” è ormai cosa ampiamente superata, con One Piece che si è esponenzialmente evoluto in qualcosa di molto più grande rispetto alle premesse iniziali. Una cosa è tuttavia rimasta immutabile in quasi 30 anni di serializzazione, ovvero i significati ricercati dall’opera di Eiichiro Oda. Innanzitutto le stesse forze in gioco del manga: da una parte i pirati, ovvero quelli che dovrebbero essere i criminali per la società, assassini e razziatori; il Governo Mondiale dall’altra, l’istituzione che combatte la criminalità nei mari per cercare di mantenere l’ordine nei vari Regni. Già all’inizio dell’opera, tuttavia, questi ruoli vengono completamente ribaltati, rendendo i pirati i protagonisti della storia (tra i quali si differenziano i “veri” pirati criminali e quelli dotati di altre virtù) e il Governo Mondiale il nemico autoritario, corrotto e stratega della storia.

In ogni sua avventura Luffy, da vero e proprio Dio del Sole e Guerriero della Liberazione, viene guidato dallo spirito di liberare le popolazioni che incontra, sconfiggendo il dittatore di turno fino al Re del Mondo. Si sta dunque parlando di un giovane protagonista, che agisce da vero e proprio terrorista mosso da animo nobile, che ha sfidato ripetutamente e dichiaratamente il sistema politico corrotto vigente. In One Piece quindi si contrasta in ogni pagina la corruzione della politica, lo schiavismo, il potere dei mass media che controlla e blocca la libertà delle opinioni, e soprattutto al valore fondamentale della Storia (chi scrive la Storia detiene il potere e non viceversa). Un altro elemento fondamentale dell’opera di Eiichiro Oda, inoltre, sta nel discorso “generazionale”.

Quella di Luffy viene infatti definita “generazione peggiore”, indicando un gruppo di formidabili, giovani ed audaci pirati volti a stravolgere lo status quo. I vecchi imperatori – che governavano i mari per decenni – devono lasciare posto ai nuovi, i vecchi comandanti della Marina devono lasciare il testimone alle reclute. In One Piece la lotta non è solo al potere corrotto, ma anche all’immobilità generazionale, favorendo progresso e ricambio per una nuova società. Si può ora ben immaginare come, tutti questi elementi, potrebbero “facilmente” scendere in piazza, in una reale lotta alla corruzione, alle disuguaglianze sociali, al potere autoritario esercitato con la forza, ai continui ostacoli posti a sfavore delle generazioni più giovani. È infatti la storia di come il Jolly Roger, della Ciurma di Cappello di Paglia, sia diventato un vero e proprio simbolo di rivolta, con la Gen-Z unita sotto un unico vessillo.

Il significato di One Piece

Indonesia Gelap: gli studenti scendono in piazza

Siamo nell’ottobre 2024. In Indonesia viene eletto presidente Prabowo Subianto, leader del Movimento della Grande Indonesia. Si tratta di un partito politico nazionalista, conservatore e populista, con lo stesso Subianto che, nel corso della sua lunga ed intensa carriera militare, si è posto sotto i riflettori per diversi episodi in violazione dei diritti umani. Si fa riferimento in particolare, per questa analisi, alla fine degli anni ’90. Questi sono infatti gli ultimi anni della dittatura di Suharto, che ha governato il Paese con il pugno di ferro dal 1967 fino al 1998 con il partito egemonico Golkar, Nuovo Ordine (con il nome che è tutto un programma).

Proprio in occasione della rivoluzione indonesiana Subianto, allora generale, si rese protagonista di rapimento e tortura di studenti ed attivisti in favore della democrazia (la lotta a giovani e studenti è da tenere a mente). Ci furono poi altri episodi, come i “disordini di Giacarta” nel maggio dello stesso anno, tra i quali scontri furono uccise oltre 1000 persone e 200 donne vennero violentate. Fatto sta che nel 1998 la dittatura di Suharto finalmente cade, aprendo alla liberazione del sistema politico in Indonesia, Subianto espulso dall’esercito per “condotta disonorevole” ed il Paese ha iniziato un processo di democratizzazione. Negli ultimi anni, tuttavia, i venti nazionalisti e di estrema destra sono tornati a soffiare con forza in tutto il mondo, e nel 2024 a vincere le elezioni è proprio il Partito del Movimento della Grande Indonesia (Partai Gerakan Indonesia Raya).

In poco più di 100 giorni di governo, Subianto ha reintrodotto una vera e propria dittatura nel Paese, rafforzando il ruolo dell’esercito, aumentando l’immunità politica, portando in atto un’austerity volta a tagliare fondi di spesa pubblica (oltre 300 miliardi di rupie) per centri di assistenza, scuole e welfare. I “malumori” passati, l’aumento della disoccupazione, la crescente brutalità della polizia protetta dalle istituzioni, licenziamenti di massa e molti altri fattori hanno costretto la popolazione a scendere in piazza. Si apre una parentesi, in tutta questa premessa ed introduzione del contesto politico, è possibile immaginare non solo parallelismi con altri contesti politici nel mondo, ma soprattutto con la narrazione del protagonista di riferimento, ovvero One Piece.

Chiusa parentesi, si arriva quindi alle proteste del c.d. “Indonesia Gelap”, che prende il via il 17 febbraio 2025 da parte dell’All-Indonesian Students’ Union (BEM SI). Il termine è diventato fin da subito virale sui social con #, portando ad una continua serie di manifestazioni per lo più partecipate appunto da giovani studenti e lavoratori, la Gen-Z (la “generazione peggiore”). Possibile immaginarsi a questo punto una forte escalation tra manifestanti e il Governo (Mondiale), che per mesi ha portato a scontri nelle piazze del Paese alimentati da diversi fattori: la Legge sulle forze armate nazionali indonesiane a marzo; la scelta in aprile di Subianto di “partecipare” al genocidio di Gaza, con la diffusione tra i manifestanti di #FreePalestine; la Festa dei Lavoratori in maggio. Le proteste continuano, fino alla “resa dei conti” di Luglio ed è qui che il Jolly Roger di Cappello di Paglia entra in scena.

Indonesia Gelap nel caso politico di One Piece

Celebrazioni degli 80 anni della Nazione

Hashtag, Gen-Z, libertà d’espressione…il vessillo pirata non poteva che diffondersi inizialmente se non via social, in particolare su TikTok e X. Ma chi furono i primi a tirare in ballo l’iconografia di One Piece in tutta questa storia? Ovviamente dei veri “pirati”, o meglio, da chi ogni giorno è in continuo viaggio per trasportare merci e beni di ogni sorta. Spalleggiando la Gen-Z e sfruttando la celebre e significativa icona dell’opera di Eiichiro Oda, furono proprio gli autotrasportatori – a luglio 2025 – ad inaugurare questa tendenza di fissare la bandiera nera con il teschio al centro sui propri mezzi, per manifestare contro la normativa “Zero ODOL” (over dimension, overload). Si tratta infatti di una legge del Governo volta a limitare pesantemente il carico massimo consentito sui camion.

Una manovra mossa dalla ratio di migliorare la sicurezza stradale, ma che comporta grosse ripercussioni economiche e non solo. Basti pensare come, in quasi tutte le attività lavorative di questo tipo, il salario viene corrisposto anche e soprattutto in base al peso trasportato, oltre alle responsabilità dei conducenti che vengono costretti, dai propri datori di lavoro, ad aumentare arbitrariamente il loro carico oltre i limiti di legge. Il clima già rovente in Indonesia trova così un ulteriore malcontento, quello degli autotrasportatori che trainano la bandiera del teschio col Cappello di Paglia per tutto il Paese, dei veri e propri “pirati” su strada contro il Governo e con i social che fanno il resto. Il governo nazionalista vede così una popolazione che abbandona la Sang Saka Merah-Putih (bandiera nazionale), messa da parte a favore di un’altra che smuove moti rivoltosi…il tutto mentre si avvicina il 17 agosto, giorno dei festeggiamenti per gli 80 anni della Nazione.

Nulla vieta, nell’ordinamento giuridico indonesiano, di sventolare e fissare un’altra bandiera pubblicamente, sempre che questa rimanga posizionata sotto quella nazionale e mai sopra di essa. La situazione da questo punto di vista resta fuori controllo, con la polizia che monitora città per città arrivando anche a spiccare bandiere esibite e cancellare murales in onore al manga di Eiichiro Oda. Sebbene sia passata la fake news di un divieto, da parte del Governo, di esporre pubblicamente il Jolly Roger, fatto sta che le istituzioni hanno cercato di combattere comunque il fenomeno. In alcune zone come Banten e Belitung, il divieto locale è stato esplicitato per rispetto all’Unità nazionale, ma è dagli stessi politici della capitale che è arrivata la risposta più dura.

Il vicepresidente alla Camera dei Rappresentanti, Sufmi Dasco Ahmad, ha identificato coloro che sventolano la bandiera pirata per tutto il Paese dei veri e propri traditori dell’Indonesia, portando avanti un movimento coordinato che mina l’unità nazionale. Il governo ha infatti accusato la BEM SI di essere autrice di tutto ciò, colpevole di aver sfidato lo Stato centrale ed ecco che l’escalation continua a non vedere una fine: più i cittadini issano le bandiere e più il Governo si scaglia contro di loro, attraverso i media, la polizia o leggi ad Hoc e più i manifestanti scendono in piazza, con conseguente contrasto da parte delle forze armate.

La pentola a pressione scoppia definitivamente il 25 agosto, giorno in cui si è arrivati alla temuta resa dei conti. Da una parte i rivoluzionari, composti prevalentemente da giovani, studenti universitari, sindacati e lavoratori precari, dall’altra le forze di polizia e l’esercito della dittatura di Prabowo Subianto. Si tende a lasciare con riserva le conseguenze di questi scontri, dal momento che sono ancora in corso nel momento in cui si scrive. L’obiettivo resta sempre quello di mantenere il focus sul protagonista di tutta questa storia, come un’intera generazione abbia scelto di andare contro un Governo dittatoriale in nome della Libertà e sotto un’unica bandiera, uscita fuori da un fumetto.

La rivolta della Generazione “peggiore”: da Guy Fawks a Luffy

Restiamo in Oriente, dove la bandiera dei Mugiwara è tornata a sventolare contro il Governo, arrivando a risultati ancor più fragorosi rispetto alla situazione indonesiana. Ci troviamo in Nepal e, quasi in contemporanea con quanto riportato nel paragrafo precedente, il contesto politico è ancora in mutamento nel momento in cui si parla. Facciamo dunque un passo indietro. La monarchia nepalese ha visto accrescere il clima di scontro contro i rivoltosi democratici per tutta la seconda metà del secolo scorso. In seguito infatti a decenni di lotte interne, il sovrano Mahendra instaurò nel 1961 il sistema c.d. Panchayat, ovvero una monarchia assoluta abolendo e vietando la formazione di partiti, con i politici che iniziarono ad essere imprigionati/esiliati sotto un forte controllo dell’opinione pubblica attraverso censura.

Alla metà degli anni ’90, il Jana Andolan (Movimento Popolare formato dai due gruppi, il Congresso Nepalese ed il Fronte Unito della Sinistra) avviò una vera e propria guerra civile che pose fine alla monarchia ed avviando i lavori per l’instaurazione di una democrazia costituzionale. Si arriva così alla dichiarazione della Repubblica Federale nel 2008 e la promulgazione della prima vera Costituzione nel 2015, in sostituzione a quella provvisoria precedente. Ma la storia è ben lontana dal placare il malcontento popolare. In poco più di 10 anni, infatti, il Governo del nuovo Parlamento ha creato instabilità politica nel Paese, una logorante crisi economica e soprattutto un esponenziale aumento della corruzione all’interno dei palazzi di potere.

Questi ed altri fattori hanno portato la popolazione a protestare contro l’attuale Governo, gridando ad un ritorno alla Monarchia e vedendo in Gyanendra Shah (l’ultimo Re del Nepal) il prossimo leader politico. Riprendendo le forme di protesta di 2 anni fa, il 19 febbraio 2025 – commemorazione della Rivoluzione del 1951 – quest’ultimo tenne un discorso video online (da tenere a mente) a sostegno dei movimenti contro il Governo. Proprio come l’incipit di One Piece, il messaggio del Re (dei Pirati) ha acceso la miccia per l’avvio di una nuova era per il Paese. Il messaggio alla Nazione inaugurò infatti una serie di manifestazioni in piazza, inizialmente pacifiche, ma portando anche qui rapidamente ad un’escalation. Innanzitutto, oltre al messaggio divenuto virale online, un gruppo di giovani attivisti hacker (Hacktivist Nepal) ha attaccato i siti web ufficiali del Dipartimento centrale, ma non solo.

Ad essere presi di mira sui social in questi anni, e soprattutto negli ultimi mesi, sono i c.d. “Nepo-Kids”, ovvero i figli di funzionari, politici ed agenti di commercio soliti ad ostentare le proprie ricchezze mentre il resto della popolazione vive un momento particolarmente duro. In tal caso è possibile aprire un altro riferimento con l’opera di Eiichiro Oda, ovvero verso i personaggi dei Draghi Celesti. Si arriva così ad un forte effetto dejavu con la situazione indonesiana: da una parte il Governo corrotto, dall’altra un movimento di giovani studenti e “figli” dei social che hanno deciso di dire “basta!”. Il Nepal viene messo a ferro e fuoco nel settembre 2025.

Per contrastare questa ondata e diffusione di malcontento, specialmente all’interno della fascia della popolazione meno rappresentata e tutelata (quella della Gen-Z), il 4 settembre 2025 il Governo ha ordinato la chiusura di 26 piattaforme di social media, tra cui Facebook, X, YouTube, LinkedIn ed altre. Ecco che gruppi giovanili, coordinati soprattutto dall’attività della ONG Hami Nepal, si sono comunque accordati sugli strumenti comunicativi a disposizione (specialmente Discord) per manifestare contro questa nuova censura imposta dal Governo, riesumando il ricordo del sistema Panchaya. I rivoltosi non avevano una specifica figura di riferimento, un leader che li potesse guidare nelle proteste, ma si sono ritrovati sotto l’unica bandiera, il Jolly Roger di Cappello di Paglia per emulare la situazione indonesiana. Inizialmente, le proteste della ONG erano pacifiche, ma ben presto il caos ha iniziato a diffondersi.

In un altro articolo si è affrontato come V per Vendetta, il film con protagonista Hugo Weaving e Natalie Portman, abbia travalicato i confini dello schermo per scendere concretamente in piazza. Ma è “attraverso” One Piece che in Nepal si è attuata la leggendaria Congiura delle Polveri. Dall’8 settembre, infatti, i rivoltosi hanno iniziato ad assediare la sede del Parlamento a Katmandu, arrivando ad incendiarlo oltre agli altri palazzi del potere. Si aggiunge infatti anche la sede della Corte Suprema in fiamme, distruggendo migliaia di fascicoli giudiziari facendo evadere di prigione oltre 12.500 detenuti (saga di Impel Down). Si apre una parentesi per una superflua ma comunque utile specificazione.

Attraverso l’ultimo collegamento, il discorso di Gyanendra Shah, i Nepo-kids/Draghi Celesti ecc, non si cerca ovviamente di creare ilarità all’interno di un tema così scottante, forte di migliaia di feriti e centinaia di decessi, oltre all’instabilità socio-politica generale. Tuttavia resta fermo il focus di questa intera analisi, ovvero il travalicamento di One Piece dalla carta/schermo alla piazza reale, con molti parallelismi con la narrazione dell’opera di Eiichiro Oda che non possono passare inosservati. Con ciò si torna a quella che è stata definita Gen Z protests, con il movimento dei rivoltosi che, anche e soprattutto attraverso la forza, hanno presentato richieste non negoziabili come la dissoluzione totale del Parlamento e conseguenti dimissioni dei parlamentari, misure contro gli ufficiali e forze di polizia che hanno dato l’ordine di aprire il fuoco sulla folla, oltre a nuove elezioni.

In risposta alla violenza delle proteste, il Primo Ministro K. P. Sharma Oli ha dato le dimissioni (fuggendo dal Paese) ed i vertici dell’esercito nepalese (che nel frattempo ha assunto il controllo della sicurezza nazionale) ha chiesto all’unica controparte formalmente presente, la ONG Hami Nepal, di suggerire nuovi candidati politici. In mancanza di palazzi istituzionali dati alle fiamme e legittimando ancor di più la forza (anche mediatica) della Gen-Z, oltre 100.000 utenti si sono riuniti su Discord per discutere del nuovo leader che avrebbe dovuto guidare il Paese. Il popolo virtuale ha scelto Sushila Karki, 73enne ed ex giudice capo della Corte Suprema, come nuovo Primo Ministro ad interim, nonché prima donna del Nepal ha ricoprire tale ruolo. Il presidente Ramchandra Paudel ha sciolto definitivamente il Parlamento e, su proposta della stessa Karki, ha annunciato le prossime elezioni legislative che si terranno il 5 marzo 2026.

Un caso, dottrinalmente parlando, davvero molto suggestivo quest’ultimo, continuando tuttavia qui nell’analisi circa il vero protagonista della storia. Tanto in Indonesia quanto in Nepal, un gruppo di giovani lavoratori e studenti universitari (quelli della Gen-Z, la generazione peggiore) ha scelto di scendere attivamente in piazza per combattere dittature e governi corrotti. Questi gruppi non vengono mossi ed accomunati da un singolo ideale e schieramento politico, ma il vessillo comune è stato sempre quello: il Jolly Roger dei pirati di Cappello di Paglia. Una storia di rivolta al potere che non si è “limitata” solo ed esclusivamente all’estremo Oriente, ma è arrivata a toccare anche l’Occidente e i suoi confini.

Dal Mare Orientale a quello Occidentale

Quelli indonesiani e nepalesi, sono solo alcuni degli esempi di scontri politici scoppiati nell’estremo Oriente nell’ultimo periodo. In tutti questi casi è apparso il nero vessillo dei Mugiwara, ma il Jolly Roger è arrivato anche nelle capitali occidentali. Proprio il 18 settembre 2025, oltre 500.000 manifestanti hanno partecipato in Francia allo sciopero nazionale per protestare contro la Manovra finanziaria 2026 . L’innesco si è verificato in seguito alla proposta di bilancio del governo Bayrou, divulgata il 15 luglio, volta a tagliare oltre 40 miliardi€ di spesa pubblica, con congelamento delle pensioni e tagli all’assistenza sanitaria.

Si aggiungono a questi fattori, di natura prevalentemente economica, quelli del malcontento sul riarmo del Paese, sul trattamento dei super-ricchi e di sostegno alla causa palestinese. Sulla farsa riga del precedente movimento dei “Gilet Gialli”, ecco nascere il nuovo Bloquons tout (Blocchiamo tutto), diventando rapidamente virale sui social specialmente su X e TikTok. In molti, tra esponenti politici e giornalisti, hanno immediatamente accostato i due movimenti, i quali si differenziano sotto alcuni ma sostanziali aspetti. Quello dei Bloquons tout, infatti, è composto da diversi organizzatori (Les Essentiels) che hanno precisato di autodescriversi come “apolitici” ed estranei ai sindacati, nonostante sia fattuale come i suoi membri siano più generalmente allineati a sinistra ed incentrati su lotte ambientali. Inoltre, i partecipanti attivi al movimento sono quasi esclusivamente giovani, ed ecco che viene a formarsi lo stesso schema.

Un numeroso gruppo della Gen-Z, sfruttando i social e non provenendo da un preciso schieramento politico, ha deciso di protestare e scendere in piazza contro il rispettivo Governo…facendo sventolare anche a Parigi la bandiera simbolo di One Piece. Dal 15 luglio inizia in Francia un periodo di manifestazioni che hanno visto scontrarsi polizia e manifestanti, puntando all’obiettivo dello sciopero nazionale del 10 settembre. Un disordine politico generale che ha fortemente contribuito a far cadere il Governo, con il Premier François Bayrou che ha rassegnato le dimissioni in data 9 settembre per la mancata approvazione della mozione di fiducia. Si potrebbe pensare ad una vittoria per il movimento di protesta che, tuttavia, non ha fermato la sua corsa, anzi. A partire dal 10 settembre, infatti, gli scontri con la polizia si sono intensificati, arrivando effettivamente a bloccare il Paese, con la chiusura di centri commerciali ed istituti scolastici per limitare i danni collaterali.

Il c.d. “movimento anti-élite” fissa inoltre un nuovo sciopero nazionale il 18 settembre, questa volta ancora più importante del precedente: 9 farmacie su 10 sono state chiuse; scioperi record nelle scuole; la RATP (rete metropolitana parigina) stata interrotta su più linee. Come prevedibile ecco l’ennesima escalation in piazza, con un massiccio dispiego delle forze di polizia a contrastare i manifestanti, tra i quali un gran numero di black-blocks, assistendo a vere e proprie scene di guerriglia da Marsiglia a Parigi, passando per Montpellier ed il resto della Francia. In attesa di seguire i prossimi sviluppi di questi giorni, si abbandona il cuore dell’Europa per spostarsi ad est del Mediterraneo, vedendo la bandiera di Cappello di Paglia sventolare anche a favore della Palestina.

Il vessillo è già apparso in diverse manifestazioni ProPal già nel 2023, venendo anche issato su una delle imbarcazioni della Freedom Flotilla. Una bandiera pirata su una “nave pirata“, andando ad indicare il movimento di solidarietà internazionale che coordina missioni umanitarie per rompere il blocco israeliano della Striscia di Gaza e fornire aiuti umanitari. In mare come in piazza, un gruppo di rivoltosi si scaglia contro le misure del Governo per raggiungere quegli universali ideali di Libertà e Dignità umana. Dopotutto, la spigolosa e quasi secolare questione israelo-palestinese, potrebbe tranquillamente adattarsi ad un qualsiasi arco narrativo nell’opera di Eiichiro Oda, con l’autore che in fin troppe occasioni non si è nascosto nel fornire parallelismi più che calzanti all’interno della sua Storia.

E in Italia?

La questione palestinese non poteva che approdare anche all’interno dei Nostri confini nazionali: vuoi per la “vicinanza cromatica” con la bandiera, vuoi il passato storico nella lotta partigiana, vuoi una moltitudine di ragioni etiche, culturali e sociali. A ciò si aggiungono diverse (troppe) ambiguità e contraddizioni nella classe politica al Governo, una (mancata) presa di posizione della “volpe nel pollaio” con sede in Vaticano ed un clima interno già escandescente negli ultimi anni.

Si ricordano infatti troppi studenti presi d’assalto dalle forze dell’ordine in diverse manifestazioni, una guerra più o meno silenziosa all’ordine della magistratura e a quello dei giornalisti, e si iniziano ad intravedere fin troppi punti di contatto con le altre situazioni geopolitiche sopra elencate. One Piece entra in scena e non poteva essere il contrario, con l’opera di Eiichiro Oda molto influente in Italia, dove anime e manga stanno continuando a forgiare generazioni cresciute da ricordi delle sigle dei vari Giorgio Vanni e Cristina D’Avena nelle pause televisive post-scuola.

Il Jolly Roger di Cappello di Paglia viene visto così sventolare durante lo sciopero nazionale del 22 settembre, il quale ha registrato un’affluenza talmente rumorosa da essere messa a tacere dai mass-media. Arriva anche nel nostro Paese quell’energico “Blocchiamo tutto” che ha coinvolto i cugini francesi, con centinaia di migliaia di manifestanti che hanno paralizzato circolazione, università ed uffici pubblici per protestare contro il genocidio protratto oltre il Mediterraneo e soprattutto protestando contro l’arrogante cecità della classe dirigente. Ancora loro: studenti, ragazzi e membri di una Gen-Z che ha deciso di dire “Basta!”. A differenza di altre realtà analizzate, lo sciopero nazionale del 22 settembre è stato per la maggior parte estremamente pacifico, nonostante la rabbia di fondo.

Si specifica “la maggior parte”, poiché naturalmente non sono mancati importanti disordini di ordine pubblico. Nell’opera di Eiichiro Oda il Governo Mondiale è solito inviare membri della Cipher Pol, la polizia segreta, per influenzare e cambiare il corso di diversi fenomeni politici e non solo. Ecco dunque l’infiltrazione di black-blocks che hanno portato la loro distruzione alle manifestazioni di Milano, servendo un grande assist al “lavoro di Morgans”. Si fa riferimento ad uno dei personaggi sulla carta più importanti di One Piece, capace con il suo giornale di influenzare, stravolgere e coordinare il monopolio dell’informazione in tutto il mondo. Ecco che diversi tra i principali mass-media locali manipolano, ad immagine e somiglianza del pennuto personaggio, i fatti milanesi per screditare la buona fede della centinaia di migliaia di manifestanti in tutto il Paese.

Ma c’è un’ulteriore occasione per “rifarsi”. La serie di cortei di fine settembre, infatti, sono anche e soprattutto per incoraggiare e sostenere l’impresa della già citata Global Sumud Flotilla, che ha coinvolto una 50a di imbarcazioni per cercare di portare più aiuti umanitari possibili al popolo della Striscia di Gaza, tra alimenti, coperte e beni di prima necessità. L’Armata Rivoluzionaria salpa verso la Terra Santa (di Marijoa), la capitale del Governo Mondiale…i parallelismi restano sempre più impressionanti. Si aggiunge inoltre come, proprio in Italia a fine settembre, esca nelle sale Una battaglia dopo l’altra, il nuovo film di Paul Thomas Anderson che spinge ad una brillante riflessione sul senso stesso della Rivoluzione. Chiusa parentesi. Tornando alla missione umanitaria della Flotillia, anche in questo caso lo “scontro” sembra inevitabile.

Si risparmia in questa sede tutta la dottrina relativa all’illegittimo blocco navale imposto dall’esercito israeliano alle coste di Gaza, con il Diritto Internazionale che conterebbe anche oltre “un certo punto”. Tuttavia resta doveroso registrare per valor di cronaca come le imbarcazioni siano state intercettate già in acque internazionali, facendo terminare di fatto l’azione della Flotilla, ma allo stesso tempo “vincendo” la scommessa politica. Ecco che in nemmeno un’ora di tempo, migliaia di ragazzi sono tornati a manifestare nelle piazze senza preavviso, portando in atto una protesta spontanea tanto rabbiosa quanto pacifica, fissando un nuovo sciopero al 3 ottobre. Da Trieste a Cosenza, da Torino a Napoli, da Bologna a Roma, tra un monumento e l’altro ecco tornare sempre quel vessillo, quella bandiera pirata con il teschio.

La mobilitazione non ha riguardato, ovviamente, solo ed esclusivamente il Bel Paese, assistendo ad un’affluenza record in tutte le capitali europee da Berlino a Parigi, da Barcellona a Bruxelles. Non si può naturalmente individuare un momento geografico e temporale preciso in tutto questo fenomeno, sta di fatto che quella “miccia” scoppiata in Indonesia sta pian piano incendiando il mondo intero. Dalla protesta degli automezzi che hanno iniziato a sventolare il Jolly Roger di Cappello di Paglia, le piazze occidentali ed orientali stanno continuando a protestare per proteggere i valori di quella bandiera contro un governo (Mondiale) corrotto e guerrafondaio.

La nuova era: li senti i tamburi della liberazione?

Capitolo 1055 del manga di One Piece: La nuova era. Un alto esponente della Marina è la nuova minaccia dei protagonisti, ma un altro personaggio riesce a sconfiggere una delle più importanti braccia armate del Governo Mondiale. <<Non intendo dire che tu sia un codardo, marine. Ma attaccare giovani esausti che hanno appena cambiato la storia non è il massimo, non trovi? Vi fa così paura la nuova era?!?!>>.

Beh, l’intera analisi si potrebbe racchiudere in questo breve ma fondamentale scontro dialettico. Indonesia, Nepal, Francia, Palestina, U.S.A., Italia e molti altri Paesi hanno vissuto, quasi in contemporanea, momenti di panico, di caos e di disordini sociali e politici. Paesi profondamente diversi sotto molti fattori (culturali, economici, demografici…), ma che presentano solidi elementi comuni. Gruppi di giovani, appartenenti principalmente alla Gen-Z, si sono ribellati verso un Governo ritenuto corrotto, dittatoriale/autoritario ed incapace di venire incontro ai bisogni necessari della popolazione. Un vero e proprio scontro generazionale, la trasformazione verso una nuova Era, che vede una “armata di rivoluzionari” agire all’ombra dello stesso vessillo.

Non si tratta della bandiera di un preciso schieramento politico, o un simbolo religioso, o un’iconografia storicamente consolidata nel corso degli anni/secoli/millenni. Che sia in Occidente o in estremo Oriente, a sventolare resta l’iconico Jolly Roger dei pirati di Cappello di Paglia. Un simbolo, all’interno di un “semplice” fumetto, divenuto rapidamente simbolo di una protesta unificante, fuori da circoscritti confini storici, culturali e politici. Il fatto di sfruttare un elemento proveniente da un manga, infatti, travalica i consueti e faziosi “confini da schieramento”, abbracciando e sostenendo ideali universali, come la Libertà (fisica e di pensiero), la Dignità umana e la lotta alla corruzione e agli squallidi giochi di potere. <<È solo un fumetto>> continua a ripetersi un’intera generazione, quella che sta continuando a fare i conti con quella che andrà naturalmente a sostituirla. In attesa dell’utopico ”abbraccio” generazionale, che possa mettere fine alle vere ingiustizie, il mondo brucia. Tra le fiamme ecco elevarsi la bandiera dei Mugiwara.

Il caso politico di One Piece.La nuova era: li senti i tamburi della liberazione?