Con la distribuzione settimanale estiva, che porta – tra gli altri provider internazionali – anche Netflix ad ospitare gli episodi di DanDaDan, l’anime adattato sullo schermo grazie alla produzione di Science SARU si rinnova con il suo secondo episodio della seconda stagione, che prende il titolo di Il Malocchio. Continuando ad adattare l’arco narrativo della “Cursed House”, l’anime entra in una nuova dimensione maggiormente tecnica, che si concentra particolarmente sul tema dell’infestazione, del culto e del possesso spiritico, elevando ancor più il senso di un anime che già nella prima stagione aveva conquistato gran parte degli spettatori e che si era presentato in maniera incredibile con l’episodio 2×01. Ma qual è il risultato di Il Malocchio? Di seguito, guardiamo più da vicino alla trama e alla recensione di Il Malocchio, episodio 2×02 di DanDaDan.
La trama di DanDaDan 2×02, Il Malocchio
Prima di procedere con la recensione dell’episodio 2×02 di DanDaDan, Il Malocchio, vale la pena soffermarsi innanzitutto e brevemente sulla trama della puntata in questione che, ricollegandosi all’episodio precedente, vede Okarun e Momo-Ayase in uno strano caso di possesso da parte del serpente della casa infestata, mentre Jiji riesce a sfuggire al suo controllo. Ben presto, il ragazzo scopre che i suoi amici vogliono suicidarsi, esattamente come accadeva ai suoi genitori e a dimostrazione del fatto che quel gesto non fosse isolato, bensì parte di una forte possessione che interessava l’infestazione della casa stessa.
A proteggere inizialmente i tre e Turbo-Nonna è un altro spirito, che prende il nome di Il Malocchio: anche nel suo caso, lo sguardo induce alla volontà di suicidio, dunque i poteri dello spirito e quelli del serpente si annullano, finché Il Malocchio decide di controllare Jiji; il motivo è presto detto: il ragazzo è bello, ben formato e intelligente, dunque ciò rende il suo corpo perfettamente appetibile per lo spirito che ha una difficile storia di isolamento, odio e persecuzione, oltre che di suicidi causati al suo solo sguardo. Quando Jiji accetta inavvertitamente di farsi controllare, lo spirito che ne deriva è inarrestabile e minaccia di uccidere Momo-Ayase e Okarun.

La recensione dell’episodio 2×02 di DanDaDan
Lo dicevamo già per quanto riguarda la prima stagione, e alcuni episodi ci avevano fatto pensare che questa affermazione non fosse avventata: DanDaDan è destinato a diventare un vero e proprio capostipite del mercato dell’anime, in grado di rivoluzionarne definitivamente le logiche. Ad oggi, siamo già convinti del fatto che ciò che stiamo osservando sul piccolo schermo sia uno dei picchi di sempre del genere dello shōnen, con un vero e proprio cambiamento del basso che si impone in un mercato sempre più variegato e necessitante di una serie di cambiamenti narrativi, strutturali e tecnici; ciò deriva, e non potrebbe essere diversamente, da una cura che giunge in maniera massiva e complessiva, investendo qualsiasi settore del prodotto, a partire da una straordinaria tipologia di trattamento tecnico di DanDaDan, forte sì della produzione animata di Science SARU, ma anche di grandi menti che ragionano al di fuori dei confini più puri dell’animazione giapponese.
Anche questo secondo episodio della seconda stagione, Il Malocchio, si inserisce a pieno merito in quel discorso di ennesimo trattamento strutturale del prodotto, che innanzitutto si arricchisce di una grandissima cura formale e cromatica: ancora una volta è il colore ad essere forza trainante del processo di messa in scena, con il viola che questa volta la fa da padrona in un ennesimo tentativo di saturare di sfumature cromatiche e di toni e sotto-toni l’episodio, comunicando in maniera diegetica e senza troppo ricordo all’esplicito il senso generale della narrazione e della sua emotività.
La regia è ancora una volta limpida, vorticosa e attenta a subire un’azione che si sviluppa non più in ampi spazi di grande respiro, bensì in una struttura quasi gerarchica e piramidale, che sfrutta le geometrie dello spazio chiuso e delle grandi altezze per esprimersi in tutta la sua forza. Quella del labirinto, una delle metafore strutturali di cui la storia letteraria e artistica si arricchisce dall’alba dei tempi, rappresenta una condotta retorica che anche in DanDaDan acquisisce una grandissima forza, grazie alla struttura della casa infestata, il cui processo verso gli “inferi” permette di regredire formalmente nel tempo, alla maniera di quelle scoperte geologiche che mostrano il senso delle generazioni soltanto scavando sempre più a fondo. E c’è poi la storia, il ricordo: funzioni che abbiamo già apprezzato in maniera pregevole nella prima stagione, e che qui ritornano in forma di ideale menzogna, con la trattazione di un corpo e di uno spirito, che diventano tutt’uno nell’espressione del senso della maledizione.
Come avevamo già notato nell’episodio 2×01 – al bando di quelle sterili polemiche che parlano di DanDaDan come promotore di reati sessuali -, l’anime riesce a rappresentare perfettamente il tema del possesso, soprattutto se indirizzato ai corpi: quella malleabilità e plasticità degli organismi rappresentati è seconda ad un grande ragionamento che c’è a proposito degli spiriti altri, del fantasmatico e dell’alieno, in un insieme di corsi e ricorsi che si osservano sullo schermo. “Il tuo corpo è mio”, dice allora Il Malocchio quando conquista l’identità di Jiji: è una misura non violenta, che si esprime con il possesso e l’incarnazione, che dimostra quanto l’anime sappia ragionare con livelli di rappresentazione metaforica e immaginifica molto profondi, al contempo omaggiando e rappresentando il contemporaneo attraverso qualsiasi ricorso citazionistico. Insomma, ancora una volta DanDaDan 2×02 è spettacolare, ma non solo: l’impegno nell’essere un prodotto che sarà in grado di fare la storia lo si osserva episodio dopo episodio e, a nostro dire, ci si sta riuscendo perfettamente.








