Articolo pubblicato il 6 Luglio 2025 da Matteo Pelli
Superman, il primo supereroe della storia dei fumetti, fu creato nel 1938 da Jerry Siegel (sceneggiatore) e Joe Shuster (disegnatore), due giovani amici di Cleveland. I diritti del personaggio furono ceduti alla casa editrice Action Comics che divenne poi la DC Comics per appena 130 dollari, in un’epoca in cui gli autori freelance raramente conservavano la proprietà delle loro creazioni. Con il passare degli anni e il successo planetario di Superman, Siegel e Shuster avviarono una lunga serie di battaglie legali per rivendicarne la paternità e ottenere un compenso equo. Solo negli anni ’70, grazie anche al sostegno dell’opinione pubblica, riuscirono a ottenere un vitalizio dalla DC (ventimila dollari annui a testa, poi aumentati a trenta) e il riconoscimento ufficiale come creatori del personaggio. Nonostante ciò, la proprietà legale di Superman è rimasta saldamente nelle mani della casa editrice, dando origine a ulteriori controversie giudiziarie da parte degli eredi anche nei decenni successivi. A distanza di più di novant’anni dalla sua creazione, Superman rimane ancora uno dei supereroi più amati di tutti i tempi. Tuttavia il suo percorso cinematografico è stato lungo, travagliato e qualitativamente altalenante.

Il debutto sul grande schermo: Superman and the Mole Men
Superman and the Mole Men (1951) è la prima apparizione cinematografica del Superman interpretato da George Reeves, attore che sarebbe poi diventato iconico nella serie televisiva Adventures of Superman (1952-1958). Il film, dalla durata contenuta di circa un’ora (tanto da essere considerato una sorta di pilot per la serie TV) narra di alcune creature misteriose apparse dal sottosuolo per colpa di un pozzo petrolifero invasivo. Spaventati dalla loro comparsa, gli abitanti della zona reagiscono in modo ostile e violento nei confronti di questi esseri: Superman dovrà intervenire per assicurarsi che la situazioni non degeneri in un linciaggio, facendo nel contempo da mediatore tra l’umanità e gli Uomini Talpa. ll film è sorprendentemente maturo per l’epoca e affronta temi che vanno oltre la semplice cinecomic, termine che, ovviamente, all’epoca non esisteva nemmeno. La reazione della popolazione contro i Mole Men è una chiara allegoria del razzismo, dell’intolleranza e della xenofobia. Inoltre Superman non è solo un supereroe che combatte il crimine, ma è soprattutto una figura morale che protegge i più deboli, anche quando non sono umani, cercando nel mentre di evitare lo spargimento di sangue promuovendo comprensione e compassione.
In questo contesto George Reeves interpreta per la prima volta un Superman calmo, autorevole, e profondamente etico. La sua performance, più che spettacolare, è rassicurante: un papà ideale con superpoteri. Reeves verrà amato ed apprezzato anche successivamente per la serie tv, paradossalmente però Superman sarà sia il suo successo che la sua rovina. L’attore morì tragicamente nel 1959 per colpa di una ferita da arma da fuoco, probabilmente spinto a suicidarsi dalla frustrazione personale di rimanere incastrato nel personaggio. I misteri legati alla sua morte sono approfonditi nel film Hollywoodland (2006), dove Reeves viene interpretato da Ben Affleck.

Crederete che un uomo possa volare: Superman The Movie
Dovranno passare quasi trent’anni prima di rivedere Kal-El/Clark Kent sul grande schermo. Superman: The Movie è considerato tutt’oggi uno dei capisaldi dei cinecomics moderni: il primo vero blockbuster a portare al cinema uno degli eroi più amati della storia del fumetto. Alla regia troviamo Richard Donner (Arma Letale, I Goonies), alla sceneggiatura Mario Puzo (autore del romanzo e della trilogia cinematografica de Il Padrino), alla colonna sonora John Williams, e nel cast nomi come Marlon Brando e Gene Hackman. Basterebbero questi nomi per iscrivere il film del 1978 nell’Olimpo di Hollywood. Eppure, all’appello manca un nome fondamentale: Christopher Reeve, l’attore che ha saputo incarnare Superman come nessun altro. Reeve, atletico e carismatico, dona al personaggio una doppia anima perfetta: goffo e impacciato come Clark Kent, statuario e determinato come Kal-El. Il film racconta la genesi del supereroe, dalla distruzione di Krypton all’infanzia a Smallville, fino all’arrivo a Metropolis. Donner e Puzo riescono a cogliere l’essenza eroica e morale del personaggio: incorruttibile, legato a un forte senso del dovere, ma anche maledettamente umano. Superman è il meglio dei due mondi da cui proviene. “Non devi intervenire in nessun modo nella storia umana”, gli dice il padre biologico Jor-El (Marlon Brando). “Sai figliolo, devo poter credere che sei stato mandato qui per un motivo”, aggiunge il padre terrestre Jonathan Kent (Glenn Ford). Questo dualismo è la base morale e narrativa su cui poggia tutto il film. Il clamoroso successo portò alla realizzazione di tre sequel, due dei quali purtroppo molto deludenti.
Superman II fu girato in contemporanea al primo film, ma la produzione fu rallentata per permettere a Donner di completare Superman: The Movie. Le tensioni con il produttore Alexander Salkind, che accusava Donner di sforare il budget (ingiustamente), portarono al suo allontanamento. Il regista fu sostituito da Richard Lester, che modificò tono e stile del sequel. Venne tagliato il ritorno di Marlon Brando, ritenuto troppo costoso, e si spinse su un tono più leggero. La minaccia questa volta è rappresentata dal Generale Zod (Terence Stamp), apparso nel prologo del primo film, deciso a conquistare la Terra. Il risultato è un film più sbilanciato ma ancora godibile, con momenti epici e altri più leggeri. Superman III (1983), invece, abbandona quasi del tutto l’epica supereroistica per puntare su un tono comico e surreale, con Richard Pryor come improbabile coprotagonista. La trama, basata su computer impazziti e kryptonite sintetica, sfiora l’assurdo, seppur salvata in parte dal dualismo tra un Superman buono e malvagio. Ancora peggio va con Superman IV: The Quest for Peace (1987). Tornano Lex Luthor (Gene Hackman) e un nuovo villain, l’Uomo Nucleare, creato geneticamente per affrontare Superman. Ambientato nel pieno della Guerra Fredda, il film affronta il tema del disarmo atomico ma con mezzi tecnici e narrativi disastrosi: effetti speciali imbarazzanti, tagli drastici (oltre 40 minuti di scene eliminate) e un budget dimezzato. Nonostante le buone intenzioni, Superman IV è considerato un flop clamoroso. Meglio del terzo? Forse. Ma lontano anni luce dalla grandezza dei primi due.
Eppure, in mezzo al declino qualitativo della saga, una costante resta immutata: Christopher Reeve. L’attore ha sempre dato il massimo, anche quando le sceneggiature e la produzione non erano all’altezza del personaggio. Simbolo di forza e integrità, sia sullo schermo che nella vita, nel maggio del 1995 Reeve subì un grave incidente a cavallo che gli causò una paralisi dal collo in giù. Ma non smise mai di lottare: continuò a recitare (nel remake televisivo de La finestra sul cortile e in alcuni episodi di Smallville), a partecipare a eventi pubblici e a combattere per i diritti dei disabili e la ricerca scientifica. Christopher Reeve morì nel 2004, a soli 52 anni, per un infarto. Ma la sua eredità sopravvive, sia come interprete leggendario del più iconico dei supereroi, sia come uomo coraggioso e determinato nella vita reale. Nel 2024, a vent’anni dalla sua scomparsa, è uscito il documentario Super/Man: The Christopher Reeve Story, che racconta il suo viaggio umano e artistico, riportando alla luce il volto più autentico dell’eroe che ci ha fatto credere, per davvero, che un uomo potesse volare.

Il ritorno dell’Uomo di Domani: Superman Returns
Oggi è diventata quasi una prassi cancellare dalla continuity cinematografica le opere ritenute problematiche, rettificando un percorso già tracciato a favore di una nuova direzione narrativa. La nuova trilogia di Halloween firmata da David Gordon Green o Terminator: Destino Oscuro di Tim Miller ne sono esempi lampanti: opere che rimuovono il passato per costruire una linea temporale più coerente e meno frammentata. Ma ben prima che questa tendenza prendesse piede, ci pensò Bryan Singer con Superman Returns (2006) a riportare il kryptoniano sulla retta via. Il film si propone come sequel spirituale di Superman (1978) e Superman II (1980), ignorando volutamente gli eventi dei capitoli successivi. Singer omaggia lo stile classico di Richard Donner, riprendendo il tono epico e reverenziale dell’opera originale e cercando di riallacciare il filo interrotto dell’epopea dell’Uomo d’Acciaio. Nel film, Superman (Brandon Routh) torna sulla Terra dopo cinque anni di assenza, passati alla ricerca dei resti di Krypton. Ma al suo ritorno trova un mondo cambiato: Lois Lane (Kate Bosworth) ha un figlio e ha vinto un premio Pulitzer con un editoriale dal titolo provocatorio, “Perché il mondo non ha bisogno di Superman”, mentre Lex Luthor (Kevin Spacey), liberato dal carcere, architetta un piano per creare un nuovo continente utilizzando tecnologia kryptoniana, con conseguenze potenzialmente apocalittiche per l’umanità.
Superman Returns è un film visivamente elegante, intriso di citazioni e riferimenti mitologici al personaggio, con una colonna sonora che riprende fedelmente il celebre tema di John Williams. È stato però accolto con reazioni contrastanti: da una parte elogiato per la fedeltà allo spirito originale e la sua vena malinconica; dall’altra criticato per la lentezza narrativa, la scarsità di azione e un Superman considerato troppo passivo e distaccato. Nonostante abbia incassato oltre 390 milioni di dollari nel mondo, il film non raggiunse le ambiziose aspettative della Warner Bros., che decise di non proseguire con il sequel pianificato.

Il primo tassello di un universo condiviso problematico: L’Uomo d’Acciaio
Diretto da Zack Snyder e prodotto da Christopher Nolan, Man of Steel (2013) rappresenta un vero e proprio reboot della mitologia cinematografica di Superman, segnando l’inizio dell’ormai defunto DC Extended Universe. Scritto da David S. Goyer, il film rilegge le origini dell’Uomo d’Acciaio in chiave più moderna, cupa e realistica, abbandonando l’impronta luminosa e classica dei film di Donner a favore di un tono più epico e drammatico. Il racconto si apre con l’imminente distruzione del pianeta Krypton e il sacrificio di Jor-El (Russell Crowe), che invia suo figlio Kal-El sulla Terra. Cresciuto come Clark Kent (Henry Cavill) in Kansas dai genitori adottivi Jonathan (Kevin Costner) e Martha Kent (Diane Lane), Clark fatica a trovare il proprio posto nel mondo, tormentato dal dubbio se rivelare o meno i suoi straordinari poteri. La comparsa del generale Zod (Michael Shannon), lo costringerà a scegliere definitivamente chi vuole essere.
Se le intenzioni teoriche di Man of Steel sono in buona parte condivisibili, il vero punto debole del film risiede nella sua impostazione narrativa. Tolto il suggestivo e visivamente potente prologo su Krypton, l’opera soffre fin da subito di un ritmo frammentato e poco coeso, soprattutto nella prima metà. I numerosi flashback, pur con l’obiettivo di costruire l’identità interiore di Clark, finiscono per spezzare l’andamento del racconto e includono scelte di scrittura discutibili. Su tutte, la morte assurda di Jonathan Kent, priva di coerenza e tensione drammatica. Nella seconda parte, il film si abbandona invece a un’estenuante sequenza di distruzione totale, con un’ora e mezza di azione ipertrofica e caotica, al limite dell’eccesso anche per gli standard di un blockbuster supereroistico. Il risultato è un’opera spaccata in due tronconi distinti, figlia della volontà di rincorrere la concorrenza Marvelliana puntando tutto sul tono epico e muscoli scenici. Muscoli che, però, sembrano gonfiati artificialmente, come gli addominali del costume di Superman. Snyder tenta un approccio serioso, quasi Nolaniano, ma riesce solo in parte: ogni volta che il film sembra trovare il giusto passo, è la scrittura a tradirlo, con dialoghi forzati e una gestione incerta di alcuni personaggi secondari, troppo presenti e poco funzionali. L’Uomo d’Acciaio, sulla carta, aveva tutte le carte in regola per rilanciare Superman in chiave moderna; ma nella pratica, fallisce su più fronti, restituendo un film ambizioso, visivamente potente ma emotivamente distante. Andrà anche peggio, se è possibile, tre anni dopo con l’ibrido che risponde al nome di Batman v Superman: Dawn of Justice.
Man of Steel mostrava problemi strutturali, ma con Dawn of Justice siamo davanti a un palazzo narrativo pronto a crollare su sé stesso. Zack Snyder assembla un mostro di Frankenstein cinematografico, un film di due ore e mezza che vorrebbe essere troppe cose contemporaneamente: sequel de L’Uomo d’Acciaio, preludio ad una (fortunatamente scomparsa) Justice League, e una pallida rivisitazione de Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller. Peccato che l’ambizione venga schiacciata da una scrittura disordinata e schizofrenica, in cui non basta mostrare un Batman (Ben Affleck) invecchiato ed incattivito per creare empatia, soprattutto quando manca il background emotivo che lo renda credibile. L’introduzione di Wonder Woman (Gal Gadot), poi, appare forzata e scollegata dal contesto, inserita più come teaser promozionale che per esigenze narrative.
E Superman? Non pervenuto, se non per salvare Lois Lane nei momenti di pericolo, perché sia mai che un film dedicato a lui lo renda protagonista attivo. Il comparto attoriale peggiora la situazione: nessuna interpretazione riesce a salvare la baracca. Anzi, si ha la sensazione che il sovraccarico emotivo e l’overacting siano parte di una precisa, quanto sciagurata, direzione. Menzione d’onore va al Lex Luthor di Jesse Eisenberg, istrionico e irritante al punto da sembrare un villain di un altro film. Come non citare anche la Lois Lane di Amy Adams, qui fastidiosamente onnipresente e più dannosa di qualunque antagonista. C’è qualcosa da salvare in questo caos? Forse la colonna sonora di Hans Zimmer e Junkie XL, evocativa e potente. E alcune scene d’azione, come l’unico vero corpo a corpo degno di nota che coinvolge Batman. Il famigerato momento “Martha”, a lungo deriso online, è quasi il male minore in confronto all’insipienza che permea l’intero progetto. Batman v Superman vorrebbe essere un’epopea cupa e ambiziosa, ma finisce per somigliare a un’abbuffata di cibo insipido e sbiadito, tanto nel contenuto quanto nella forma.
Tocca ora a James Gunn riportare l’ultimo figlio di Krypton in una comfort zone sicura e rassicurante, lontana dalle ombre cupe del passato recente. Dopo anni di tentativi contrastanti, Superman (in uscita il 9 luglio 2025) rappresenta non solo un reboot del personaggio simbolo della DC, ma anche il primo, cruciale tassello del nuovo universo narrativo guidato da Gunn. L’autore dei Guardiani della Galassia, noto per la sua capacità di bilanciare cuore, ironia e azione, dovrà ora confrontarsi con una delle icone più complesse della cultura pop, cercando di riscattare l’eredità lasciata dai film precedenti. Riuscirà a restituire a Superman il suo ruolo di faro morale e simbolo di speranza? Non resta che attendere il debutto in sala per scoprire se questa nuova incarnazione saprà volare davvero.