Articolo pubblicato il 4 Luglio 2025 da Bruno Santini
Dopo averci conquistato con una prima stagione praticamente perfetta, che sapeva coniugare al meglio il senso del post-moderno con una narrazione esemplare soprattutto in termini di trattazione di spiriti, demoni e fantasmi, DanDaDan arriva con la sua seconda stagione e con una nuova serie di episodi estivi, che accompagnano gli amanti degli anime con un nuovo prodotto Netflix sicuramente molto atteso. Con l’episodio di DanDaDan 2×01, Ma questa è la leggenda del grande serpente!, possiamo già osservare nel dettaglio quella che potrebbe essere una sapiente direzione della seconda stagione: di seguito, la recensione del primo episodio della stagione 2 dell’anime.
La trama di DanDaDan 2×01, Ma questa è la leggenda del grande serpente!
L’ultimo episodio della prima stagione di DanDaDan aveva visto Momo Ayase, Okarun e Jiji giungere nel luogo di nascita di quest’ultimo, che era infestato da una forza particolarmente oscura che neanche la stessa Momo riusciva a identificare; quando la ragazza si trovava da sola alle terme, però, era oggetto di un misterioso attacco di alcuni esseri del luogo: ben presto, con l’episodio 2×01 di DanDaDan, scopriamo di chi si tratta. Contemporaneamente, infatti, sia le terme che casa di Jiji vengono bersagliati dalla misteriosa famiglia Kito, che permette al ragazzo di non pagare l’affitto della casa a seguito della misteriosa scomparsa dei suoi genitori ma che, ben presto, si scoprono per quello che sono, adoratori del culto del grande serpente.
Quella che sembrava essere soltanto una sterile leggenda locale in realtà esiste davvero e la famiglia Kito sceglie costantemente delle vittime da sacrificare al serpente, che però altro non è che un verme mangiatore di uomini dalla stazza imponente; nonostante tutta la serie di atti sacrileghi, la famiglia viene uccisa dal verme che però sembra anche soggiogare al suo potere sia Momo Ayase che Okarun, che si trasforma guidato da una forza misteriosa e attacca Jiji.

La recensione di DanDaDan 2×01: ricominciare dove si aveva finito
Il mondo degli anime lo dimostra praticamente quasi sempre: riuscire a tenere alta la soglia della qualità complessiva di un prodotto non è di certo facile, soprattutto considerando quel connubio che si ritrova tra la necessità di adattamento e quella di accontentare i fan in termini di fan-service o semplicemente di tributo tecnico o narrativo; la serie in questione, che trova in Science SARU la sua grandissima forza dal punto di vista artistico e tecnico, dimostra però di non voler cedere il passo e anche l’episodio 2×01 segue a pieno merito tutte quelle logiche che avevano reso la prima stagione praticamente perfetta. Non che ci aspettassimo diversamente, considerando che la suddivisione degli anime in stagioni, soprattutto in Giappone, segue delle tendenze episodiche differenti, dunque è anche leggermente improprio parlare di seconda stagione per un prodotto che segue la continuità della sua prima parte anche in termini di direzione creativa.
In ogni caso, nel tirare le somme di questo primo episodio, tentiamo come sempre di osservare quella tendenza peculiare del post-moderno che DanDaDan mette in piedi con una sapienza sempre più ammiccante e, allo stesso tempo, anche ironica: strizzare l’occhio all’Occidente, senza tentare di emularne necessariamente le formule in maniera posticcia, è possibile e già Chainsaw Man l’aveva dimostrato di recente, con tanti omaggi alla cultura dei B-Movie (Sharknado su tutti) del nostro continente, ma DanDaDan giunge ancora una volta ad una considerazione che si ravvede in forma di omaggio frammentato, di piccolo fotogramma che stuzzica l’attenzione dello spettatore e che destabilizza il corso della narrazione; che si tratti della “Jennifer Lopez Anaconda”, una mossa che uno dei membri della famiglia Kito compie (al contempo citando un volto noto della cultura occidentale e anche facendo il verso a quei nomi tipici dal combattimenti videoludici in stile Street Fighter), o di una vera e propria scena omaggiata (The Amazing Spider-Man 2 con il volo di Jiji che non riesce a essere preso da Momo Ayase, un ricrearsi in anime della celebre sequenza con Andrew Garfield ed Emma Stone), tutto sembra essere perfettamente quadrato. Il risultato allora non è stucchevole o fine a se stesso, bensì calibrato nell’ideologia di omaggio impazzito, di formularità citazionistica e di connubio dell’arte con l’arte, che solo grandi menti e profondi conoscitori del nostro tempo possono concepire.
E del resto, narrativamente parlando, non si è da meno: ancora una volta, anche se cadenzando il proprio discorso e non rendendolo mai troppo melenso, DanDaDan parla di violenza sessuale come aveva saputo fare nel suo meraviglioso episodio 1×07 della prima stagione, mostrando tutti gli effetti orripilanti e disgustosi di un predatore sessuale; e poco importa che sia un mostro, grigio e dunque totalmente decontestualizzato dall’umano anche in termini di sospensione dell’incredulità, poiché il risultato è lo stesso, per un episodio che parla – e bene – anche di manipolazione, ossessione religiosa, culto e occultismo, oltre che di atteggiamento acritico nei confronti della divinità (quale?), non allontanandosi mai dal nostro tempo. Un inizio ideale, che dimostra come la seconda stagione di DanDaDan sia in linea con i fasti di cui abbiamo già parlato, e il futuro non può che sorriderci in tal senso.