Articolo pubblicato il 3 Luglio 2025 da Bruno Santini
Con la distribuzione degli ultimi tre episodi di Ironheart su Disney Plus, si chiude ufficialmente la serie del MCU con Dominique Thorne nei panni della protagonista Riri Williams/Ironheart, oltre che la Fase 5 del Marvel Cinematic Universe; il futuro promette non soltanto un cast esemplare e ricco di volti che hanno fatto la storia della Marvel e della Fox, ma anche un insieme di film evento che sono pronti a fare il loro esordio nel mercato cinematografico e televisivo; intanto, però, la Marvel regala una serie di elementi con questi tre ultimi episodi che sono destinati – qualora abbiano un’effettiva prosecuzione – una certa novità complessiva: ma possiamo parlare di un risultato positivo? Tentiamo di scoprirlo di seguito, attraverso la recensione degli episodi 1×04, 1×05 e 1×06 di Ironheart.
La recensione di Ironheart 1×04, 1×05 e 1×06: il definitivo tramonto di un’era?
Se fosse possibile tracciare un solco tra la vecchia e la nuova direzione della Disney, con il passaggio da Bob Chapek a Bob Iger in quanto a produzione televisiva e cinematografica, Ironheart rappresenterebbe sicuramente il punto ennesimo; serie inclusa nel novero delle massive produzioni in streaming che erano previste dalla vecchia direzione della Disney, per massimizzare le uscite e le visualizzazioni da parte del pubblico in piattaforma, Ironheart non esisterebbe in un momento storico in cui Bob Iger richiede di puntare esclusivamente sulla qualità, limitando le uscite annuali e interrompendo quel corso che – per anni – ha visto la Marvel imperversare praticamente con un’uscita al mese. Ed è sicuramente molto interessante confrontarsi con questo stato quasi anacronistico e fuori dal tempo di una serie che sopravvive per ragioni produttive, che si sviluppa perché già finanziata e creata ma è fuori da ogni logica creativa attuale, con la Marvel che sta puntando su tutt’altro e che sviluppa un futuro con villain e protagonisti diversi rispetto a quelli che abbiamo incontrato.
Sul piano puramente narrativo, nel guardare alla recensione degli episodi 1×04, 1×05 e 1×06 di Ironheart, sembra di trovarsi di fronte a una consacrazione di tali ideali, in cui la sciatteria e la linearità soltanto di rado turbata dominano nel contesto generale di una serie che, come spesso accade in casa Marvel, perviene ad una struttura-tipo: pochi elementi di trama che reggono l’ossatura del prodotto, il colpo di scena/scena post-credit che costituisce il vero e proprio motivo dell’esistenza della serie TV stessa e davvero nient’altro a supporto. Il racconto di Riri Williams nella serie TV, un leitmotiv strutturale e narrativo di tanti altri prodotti che si sviluppano sempre allo stesso modo, è intriso di una serie di componenti che farebbero pensare ad un possibile sviluppo generale sicuramente molto interessante: questione identitaria, elaborazione complessa del lutto, solitudine e isolamento, ossessione nei confronti della tecnologia; sono, tutti questi, temi che a fatica giungono sullo schermo e che non riescono mai a svilupparsi davvero, inglobati in una macchina creativa costantemente claudicante, che fa fatica a evolvere e che si accontenta di tanti cliché per comunicare allo spettatore.
Anche in termini tecnici non ci si allontana da uno stato di tale mediocrità: quello di Chicago è un mondo interessante, che si estrania rispetto alla trattazione ormai pedissequa di New York, e che avrebbe anche le potenzialità per una rappresentazione della criminalità, del complesso sub-strato sociale e delle dinamiche interpersonali (anche nella resa della magia, delle erbe o delle spezie come palliativo delle realtà difficoltose del mondo americano), ma che – pur in presenza di una decente resa complessiva – non approfondisce, neanche visivamente, mai davvero nulla. Le scene d’azione, quelle su cui sarebbe necessario puntare nell’ambito degli scontri e dell’esercizio del potere tecnologico, sono scialbe e mai davvero incisive; e ancora, con il costante ricorso alla CGI nell’ambito dei diversi episodi, ci si allontana sempre più da quella necessaria corporalità (parliamo di organismi con cicatrici e di sofferenza fisica) che sfocia nel posticcio sovrannaturale, in un prodotto che compie i medesimi errori spesso caratteristici della serialità Marvel.

I sempre più discutibili posizionamenti Marvel
C’è un ultimo elemento, che vogliamo sottolineare nell’ambito della recensione degli episodi di 1×04, 1×05 e 1×06 di Ironheart, che chiude la serie con Dominique Thorne protagonista: il posizionamento dei due villain, Hood e Mefisto, che costituiscono – almeno nella storia dei fumetti – figure particolarmente importante nell’ambito della storia supercriminale di tutta la Marvel. Indipendentemente dalla volontà di puntare o meno su determinate figure in luogo di altre, sono diversi anni ormai che la Marvel ci abitua ad una certa continuità tra film e serie televisive, con le seconde che diventano sempre più l’unico mezzo per comprendere i primi al 100%.
Quello che vogliamo indicare non è un disegno di valore, quanto più una riflessione complessiva: scegliere Sacha Baron Cohen come Mefisto vuol dire puntare necessariamente su un personaggio che potrebbe costituire il futuro del MCU, almeno in una fase successiva ai film-evento; è proprio per questo motivo che, seppur sia necessaria una costruzione del personaggio, non comprendiamo le ragioni della sua presenza in Ironheart, una serie che indipendentemente da tutto è destinata ad essere relegata tra gli spazi di una piattaforma, per un pubblico che (per quanto numeroso) è comunque settorializzato al mondo dello streaming. L’eventuale ritorno di Mefisto in un film, è questo il reale problema, dovrà allora essere necessariamente accompagnato da un classico spiegone introduttivo, il che banalizzerebbe tanto la trama complessiva del film in questione, quanto la resa sullo schermo del personaggio: una sciatteria a cui ne consegue un’altra, per errori di promozione e posizionamento delle figure che influenzano anche i futuri prodotti. Non era possibile puntare su un personaggio così importante diversamente?