Articolo pubblicato il 25 Giugno 2025 da Bruno Santini
Sulla piattaforma di streaming Disney Plus sono giunte, in occasione del 25 giugno 2025, le prime tre puntate di Ironheart, la nuova serie del Marvel Cinematic Universe che chiude la Fase 5 anche sul piccolo schermo e che permette di riconfrontarci nuovamente con il personaggio di Riri Williams, che avevamo già conosciuto nell’ambito del film Black Panther: Wakanda Forever. Con una serie di elementi legati ad una concezione della serie fresca e vicina anche al pubblico non necessariamente appassionato all’intero cursus del MCU, la serie TV in questione si presenta con il suo primo blocco da tre episodi: Portami a casa, C’è la vera Natalie, prego? e Siamo in pericolo, amica mia, rispettivamente la 1×01, 1×02 e 1×03 di Ironheart. Ma qual è il risultato di questi primi tre episodi e vale la pena guardarli? Scopriamolo di seguito con la recensione di Ironheart 1×01, 1×02 e 1×03.
La trama di Ironheart 1×01, 1×02 e 1×03: Portami a casa, C’è la vera Natalie, prego? e Siamo in pericolo, amica mia
Prima di procedere con la recensione dei primi tre episodi di Ironheart, Portami a casa, C’è la vera Natalie, prego? e Siamo in pericolo, amica mia (1×01, 1×02 e 1×03), vale la pena considerare innanzitutto quale sia la trama di questi ultimi e di che cosa parlano. Si parte con il primo episodio, che vede tutte le potenzialità e aspirazioni di Riri Williams scontrarsi con l’espulsione dal contesto universitario in cui opera, in mancanza di alcuna frequentazione di corsi e di denunce di plagio del MIT. Utilizzando l’armatura di Ironheart, allora, fa ritorno a Chicago. La sua situazione, inizialmente molto complicata anche dal punto di vista economico, cambia quando fa la conoscenza dei membri del gruppo di Hood, che decidono di affidarsi a lei – offrendole del denaro per finanziare le sue ricerche – in virtù della sua grande conoscenza tecnologica. Il lavoro tecnologico, per Riri Williams, è particolarmente traumatico in virtù del ricordo di suo padre e della sua morte.
La ricostruzione dell’armatura di Ironheart porta alla creazione di un complesso sistema di intelligenza artificiale che acquisisce la forma di Natalie, l’amica di sempre che Riri ha perso in passato accanto a suo padre, mentre la squadra di Hood – compresa la stessa Riri – entra in scena per un nuovo incarico. Riri tenta di ottenere le componenti che mancano alla sua armatura presso un uomo, Joe, che si ritrova a possedere dei pezzi introvabili, di cui la protagonista della serie ha bisogno: i due, nonostante le minacce di lei, legano grazie alla musica, mentre Joe conduce la ragazza in un bunker segreto dove accumula armi, equipaggiamenti e tante altre tecnologie ingegneristiche. Grazie a questi strumenti, riesce a svolgere la sua missione (pur con la distruzione di Natalie che entra nel suo sistema operativo dell’armatura), con Hood che inizia così a controllare formalmente una grandissima azienda tecnologica dall’interno, poi colpendo un poliziotto dopo che Riri aveva perso il controllo della sua armatura, forse per volere dello stesso Hood e dei suoi ancora non manifesti poteri, che derivano dal mantello che porta con sé.
Nel terzo episodio, Riri inizia a confrontarsi con le conseguenze delle sue azioni: Hood viene sempre più corrotto dal mantello, mentre Joe decide di dar vita a nuovi progetti tecnologici e obbliga la ragazza a prendervi parte; infine, Natalie inizia a ribellarsi alla natura criminale di Riri Williams, temendo l’azione di Parker/Hood e la minaccia che può rappresentare attraverso il suo mantello. A seguito della morte dell’uomo che Riri aveva sostituito, nel team di Hood, si decide finalmente a ottenere un pezzo di mantello del villain, con l’aiuto di Natalie: il piano non va a buon fine, e Natalie perde anche il congegno che riporta direttamente a Joe, la cui vera identità è quella di Zeke Stane, figlio di Obadiah Stane/Iron Monger. A seguito della morte di uno dei membri più vicini a Hood, si palesa una figura non ancora rivelata (Mefisto?), mentre Riri sembra essere nuovamente oggetto di un attacco di panico.

La recensione dei primi tre episodi di Ironheart
La scelta di un soggetto su Ironheart non è stata accolta in maniera particolarmente positiva, da parte dei fan del Marvel Cinematic Universe, soprattutto in virtù del coinvolgimento del personaggio di Riri Williams in Black Panther: Wakanda Forever. Un film piuttosto carico di elementi – legati non soltanto alla trama, ma anche alla complessa gestione del post-Chadwick Boseman – in cui la Ironheart appena accennata non aveva molto convinto gli spettatori; e non è stato certamente da meno il percorso anticipatorio del personaggio, accompagnato (come si è soliti, purtroppo, osservare nelle comunità web) da review bombing, valutazioni negative che anticipassero l’uscita dei primi episodi e tanto altro. Insomma, come spesso il mondo dei cinecomic prevede, l’introduzione di Ironheart nel MCU è stato associato a numerose realtà extra-serie, che però vogliamo mettere sotto la lente di ingrandimento attraverso la recensione dei primi tre episodi di Ironheart. Le puntate 1×01, 1×02 e 1×03 hanno fatto il loro esordio sulla piattaforma di streaming Disney Plus, portando un nuovo villain (Hood) e tanti interrogativi che saranno, come spesso accade in campo seriale, risolti negli ultimi episodi.
Negli anni, anche complice una gestione mutevole in casa Marvel, le serie TV non hanno mai saputo distaccarsi da una formula canonica sostanzialmente reiterata, che possiamo far risalire alla concezione dei primi film del MCU: una struttura fissa in atti, un’opposizione bene-male piuttosto schematica, una presentazione in forma argomentativa di tratti personalistici, storie personali e passato che ritorna nel presente, a cui fa seguito (e possiamo immaginarlo senza troppa difficoltà) uno scontro finale e una risoluzione positiva della trama, fatti salvi quei tentativi di far proseguire le serie TV nei film, o viceversa, con finali aperti. Anche Ironheart segue la stessa logica, per quanto non sia sempre, e necessariamente, un elemento negativo: la formula con cui la serie TV sembra quasi estranea agli eventi contemporanei (da sempre un problema narrativo in casa Marvel) appare convincente, con un espediente piuttosto semplice ma comunque efficace; la Riri Williams di cui parliamo vive isolata dal mondo in via di devastazione, sia perché vive a Chicago e non a New York, sia perché richiama simbolicamente il passato della Marvel, con figure che vanno da Tony Stark a Obadiah Stane; è un elemento, questo, che al di là del fattore nostalgia che fa sempre piacere osservare dà una certa prosecuzione di quei temi che la Marvel aveva accantonato negli anni – la corsa agli armamenti, il ricorso tecnologico, le lotte di potere per potenziarsi meccanicamente – in favore di questioni multiversali ed estranee alla componente più “terrestre”.
Naturalmente, ciò non lascia comunque spazio ad una narrazione urbana, che comunque avrebbe qui ben poco senso: c’è magia, la tecnologia è oggetto di quotidianità per molti soggetti e il micro-mondo rappresentato sembra essere fuori dal tempo, in quanto a futurismo e ragionamenti sulla tecnologia; questo forse è un limite, in termini di scrittura, che non riesce mai davvero a fornire una rappresentazione ben contestualizzata e narrativamente valida: se da un lato si cerca di attualizzare le storie raccontate, anche con semplici riferimenti musicali o altri easter-egg simpatici, il resto sembra essere (come al solito) virtualmente estraneo alle logiche rappresentative globali, salvo poi inserire forzosamente ogni personaggio all’interno della medesima arena, annullando qualsiasi distanza generata nel corso degli anni. In ogni caso, le prime tre puntate di Ironheart non fanno altro che aggiungere dettagli per, poi, risolvere tutto nelle successive tre: puntate pilota, dunque, che raccontano di una persona con un passato sofferente che si oppone ad un’altra figura che soffre per un trauma non ancora esplicitato del tutto, in un binomio tecnologia-magia che dovrebbe risolversi con l’introduzione di una figura tanto attesa dagli spettatori, Mefisto.
Al centro di questa ambivalenza (ancora una volta troppo lineare e dicotomica, come da sviluppo semplicistico di ogni personaggio nella storia seriale della Marvel) c’è un tentativo, a nostro dire non riuscitissimo, di conferire dinamismo alla rappresentazione, seguendo l’esempio dell’armatura e del suo movimento: manca l’audacia in termini di regia – e basterebbe anche soltanto qualche soggettiva in più per ottenerla -, le riprese appaiono tutte troppo semplici e squadrate, mentre le scene d’azione sono povere nella loro costruzione. Rispetto alle singole storie raccontate, infine, si rimanda il giudizio ai successivi 3 episodi che faranno il loro esordio su Disney Plus il 1 luglio 2025, chiudendo una serie che – a detta degli addetti ai lavori – cambierà il futuro della Marvel. Intanto vale la pena chiedersi: puntare tutto su Ironheart è davvero così acuto come piano?