Articolo pubblicato il 17 Giugno 2025 da Giovanni Urgnani
Distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 20 giugno 2025 mentre in quelle italiane a partire dal 18 giugno dello stesso anno, grazie al contributo di Walt Disney Pictures. Tra il cast originale di doppiaggio spicca l’ingaggio dell’attrice premio Oscar Zoe Saldana (Emila Perez), invece per quanto riguarda l’adattamento italiano vi sono Alessandra Mastronardi e il cantautore Lucio Corsi. Ma qual è il risultato di Elio? Di seguito la recensione e la trama ufficiale del film d’animazione prodotto da Pixar Animation Studios.
La trama di Elio, film della Pixar Animation Studios
Inizialmente per il ruolo di Zia Olga, nella versione originale era stata ingaggiata America Ferrera (Barbie) ma per impegni professionali ha dovuto abbandonare il ruolo, la sceneggiatura invece è firmata da Adrian Molina. Ma di cosa parla quindi Elio? Di seguito la trama ufficiale del film d’animazione Pixar:
“Elio Solis ha perso i genitori da bambino e il suo più grande desiderio è ora quello di essere trasportato dagli alieni verso i confini del cosmo e oltre. Sulla terra si sente infatti disperatamente solo, nonostante la presenza di sua zia Olga, che è Maggiore dell’aviazione americana con un incarico di analista orbitale. Il compito di Elio invece è captare i segnali dello spazio, e il messaggio che manda attraverso un’apparecchiatura radio improvvisata miracolosamente raggiunge il Comuniverso, un’organizzazione pangalattica che unisce le menti più evolute del cosmo, ma che ha bisogno di un capo alternativo al violento e collerico Lord Grigon, che intende dominare con la forza. Il Comuniverso preleverà Elio dalla Terra scambiandolo per un ambasciatore intergalattico, e l’undicenne troverà il su primo e unico amico in Glordon, il figlio di Lord Grigon, che non ci tiene affatto a diventare una macchina da guerra come vorrebbe suo padre, con cui la comunicazione è a dir poco problematica.”

La recensione di Elio, con la voce di Zoe Saldana
Da tempo immemore è assodato che tre sia il numero perfetto, tre sono poi il numero di atti in cui si divide la struttura dell’opera cinematografica e in questo caso sono tre anche le parole chiave da cui si può partire per analizzare il ventinovesimo lungometraggio prodotto da Pixar Animation Studios: pace, identità e solitudine. Il punto di partenza della storia si caratterizza per l’assenza di pace, condizione perduta di cui ritrovamento si basa il percorso narrativo. L’essere umano non può pensare di mantenerla, né tantomeno di trasmetterla se in primis nella sua individualità non l’ha trovata. Il desiderio di Elio di farsi rapire via dalla Terra contestualizza perfettamente il conflitto aperto che sta vivendo nei confronti della vita. La ferita è fresca, brucia come non mai; perciò, l’ostilità rivolta al luogo di nascita sintetizza la voglia di vivere smarrita.
Terra e destino si uniscono, entrambi possono essere custodi di dolori, ingiustizie e orrori, ma fuggire da essi significa incunearsi in un vicolo chiuso; l’unica possibilità di salvezza per il protagonista è compiere il passo evolutivo determinante al fine di imparare a ricostruire dalle macerie. Elio è un sole tramontato, un sole spento, privo di qualsiasi bagliore di speranza nel presente e nel futuro, eclissato dal lutto e dalla perdita, dove viaggiare risulterà necessario per riaccendersi, per risplendere, il ritorno di una nuova alba luminosa pronta a ridargli fiducia, in sé stesso e negli altri. L’avversità mette in crisi il proprio essere, lo stato d’animo convulso porta a pensieri irrazionali, ad esempio l’auto colpevolizzarsi delle pieghe negative degli eventi. Di conseguenza ognuno cerca di costruirsi una nuova identità ed Elio cerca di sfruttare il contesto dove nessuno lo conosce così da presentarsi sotto mentite spoglie.
Ma essere chi non si è ritarda solamente l’imponderabile, peggiorando le cose, così facendo il personaggio è chiamato a capire quanto il valore non sia deciso dalla sofferenza provata, consapevolezza raggiunta passando dal fallimento. Viene riscritto il canone dell’identità paterna, bisognosa di nuova linfa in grado di scrollare di dosso il retaggio patriarcale, questa volta nell’ottica del rapporto padre-figlio maschio. Vengono messe al bando le corazze impenetrabili, colpevoli di soffocare e nascondere sentimenti quali: bontà, pietà e affetto; il tempo di considerarle debolezze è finito, una delle sequenze più belle della pellicola traspone con dolcezza l’apertura verso la manifestazione libera e plateale del voler bene, con la gestualità che segue le parole. L’aspetto affascinante, però, è il richiamo alla riflessione della condizione umana utilizzando la presenza degli alieni: nonostante il corpus narrativo prevede il contatto, il dialogo e il (quasi) scontro tra umani e alieni, il film pone l’attenzione sulla solitudine dell’uomo nell’universo.
Anche se si è ancora oggi alla ricerca della prima prova tangibile, credere all’esistenza di vita extraterrestre appare per molti ormai scontato, intanto però l’uomo oltre la Terra non ha un’altra casa e i suoi simili sono le uniche creature con cui interagisce. Perciò, alla domanda conclusiva del film «Siamo soli?» non occorre rispondere guardando in alto, ma attorno, le persone sono soprattutto sole tra loro e cercano altrove quello che già si ha a disposizione, rischiando di farselo scivolare tra le dita per sempre. La solitudine non è deve, dunque, diventare un muro invalicabile, al contrario comune condizione per unirsi e di conseguenza estinguerla, poiché l’oggi dice che non è possibile sconfiggerla con nessun altro e da nessun’altra parte.