Articolo pubblicato il 16 Giugno 2025 da Bruno Santini
Il 12 giugno 2025 è stato un giorno di numerose e grandi uscite in piattaforma: su Netflix è giunta la seconda stagione di Fubar 2, serie TV con Arnold Schwarzenegger protagonista, mentre su Apple TV+ il nuovo film Echo Valley, con Sydney Sweeney e Julianne Moore all’interno del cast; per Amazon Prime Video, invece, arriva una nuova produzione originale con Bryce Dallas Howard, Orlando Bloom e Nick Mohammed all’interno di un cast che annovera anche la presenza di Sean Binn. Il film, con produzione di Colin Trevorrow e regia di Tom Kingley, ragiona molto con i dettami dello homour britannico e della commedia poliziesca tanto amata dagli spettatori, pur non spiccando per originalità. Di seguito, guardiamo più da vicino alla recensione di Deep Cover – Attori sotto copertura, il nuovo film su Amazon Prime Video.
La recensione di Deep Cover – Attori sotto copertura, con un Orlando Bloom come non si è mai visto
Tre persone fallite nella loro vita, oggetto delle prese in giro di colleghi, amici o addetti ai lavori, si ritrovano ad essere assoldati da parte della polizia (corrotta) di Londra per dare la caccia a bande criminali, sfruttando la propria dote per l’improvvisazione. È, in estrema sintesi, ciò di cui parla Deep Cover – Attori sotto copertura, il nuovo film targato Amazon Prime Video con Bryce Dallas Howard, Orlando Bloom e Nick Mohammed, un film che incarna la commedia poliziesca e che si struttura in forma di parodia del genere stesso. Con una regia mai troppo esplosiva e fin troppo lineare, il film muove i suoi passi dal senso del british humour, quel fine modo di scherzare che si adduce al popolo britannico e che spesso si è ritrovato anche nel mondo della settima arte, con grande trasporto e apprezzamento da parte del pubblico. Qui, giocando con gli stereotipi di un genere che richiede grandi modi di fare e di pensare, sono tre falliti i protagonisti di un film in cui li si dipinge come criminali ineffabili, alla ricerca di uno status nella propria vita.
Il risultato è assolutamente sufficiente: grazie ad una scrittura che riesce a mettere in primo piano l’ironia (pur con soluzioni molto spesso schematiche e dozzinali, ma il risultato lo si nota lo stesso), la costruzione dei tre personaggi protagonisti è efficace, così come anche per quelli dei criminali-sfaccettati. Probabilmente, il peggiore personaggio del film è quello di Sean Bean, il recente Ned Stark del Trono di Spade che qui veste i panni di un poliziotto corrotto che tenta di fare soldi prima della pensione e che – non di certo una novità per la sua carriera – muore proprio sul più bello, quando sembra diventare protagonista della sua vicenda; tuttavia, è con Orlando Bloom che troviamo la migliore scrittura e interpretazione di tutto il film: un attore da spot pubblicitari, stanco di essere cavaliere delle pizze o elfo dei più piccoli, vorrebbe tanto costruire un personaggio drammatico, a cui si richiede tuttavia di essere soltanto molto convincente per il suo prossimo spot pubblicitario. Il modo in cui ironizza con il concetto di icona, la capacità di fare satira su se stesso e la proprietà di auto-ridicolizzazione sono componenti che dimostrano il valore di un attore troppo spesso schiavo dei suoi stessi personaggi, ma che dimostra di poter agire anche al di fuori degli standard, seguendo una strada che anche tante altre icone (come Zac Efron) hanno tentato di inaugurare nel corso della loro carriera recente.
C’è un certo modo di intendere le seconde e terze fasi della carriera, per questi attori, che passa proprio dall’esagerazione ironica, e Deep Cover – Attori sotto copertura è il luogo perfetto per l’espressione di Orlando Bloom, che si cimenta al meglio nell’ambito della commedia poliziesca, vestendo i panni di un personaggio sopra le righe e al di fuori della sua stessa improvvisazione. Per il resto, il film si risolve nel modo più classico, cioè con un lieto fine a ritmo di musica attrattiva, seguendo gli stilemi del genere e affidandosi all’ambiguità morale dei buoni e dei cattivi, non distinguendo né questi stessi, né i confini tra le psicologie dei personaggi che, di fatto, si ritrovano tutti nel medesimo palcoscenico londinese, l’uno incapace di rendersi conto che sta per essere truffato dall’altro.

L’originalità non è di casa per Amazon Prime Video
Qual è la vostra piattaforma di streaming preferita? Per riuscire a fornire una risposta a questo interrogativo, probabilmente dovreste valutare alcune delle caratteristiche che vi permettono di definire le realtà di streaming immediatamente; scopriremmo che per ognuna c’è un buon motivo per amarle – Netflix ha dalla sua un comparto produttivo enorme, MUBI punta sul cinema d’essay, Disney Plus sui canali dedicati alla Marvel e a Star Wars -, oltre che un elemento comune che le definisce dal punto di vista qualitativo. Ecco, siamo sicuri del fatto che per Amazon Prime Video la caratteristica citata non sia l’originalità: indipendentemente dal gradimento di determinati prodotti, e dal fattore critico che si antepone o postpone a questi stessi, c’è da sottolineare che la strategia di Prime Video è quanto mai anomala, e che punta più su un consolidamento dello status, in termini calcistici diremmo su un catenaccio e contropiede, più che su un’iniziativa vera e propria dal punto di vista manageriale.
La strategia di realtà come Netflix è mutevole, cambia con i suoi CEO, spesso incontra il fallimento, ma cede spesso alla sperimentazione tra generi, registi messi al lavoro, prodotti che vengono adattati: e Prime? Prime spesso realizza il compitino, si accontenta di portare a casa il risultato, di canalizzare qualche visione. Per un prodotto come Deep Cover – Attori senza copertura lo osserviamo senza troppi patemi: certo, il film riesce a centrare il punto, a essere ironico nelle sue componenti e a regalarci anche l’interpretazione di un Orlando Bloom fuori dagli schemi, ma poi? Non si va oltre un rispetto pedissequo della rappresentazione, con la commedia poliziesca che diventa un modo di ironizzare sul genere senza troppa sperimentazione, seguendo la strada già tracciata da film come Hot Fuzz e non introducendo nessun altro elemento, anzi eliminando alcune componenti – come l’azione smodata o il gioco della macchina da presa per film come quelli del franchise di Kingsman, per intendersi – e lasciando che il tutto si sviluppi entro un sottile strato di sufficienza. E va anche bene, per certi versi: proprio per una serie Apple TV+, Stick, celebravamo il dono della mediocritas e del fare le cose senza necessariamente affidarsi a colpi di genio, ma ricordiamo che Prime Video ha in mano il futuro di James Bond, un franchise che ha da sempre fatto suo un certo tipo di smodatezza nella rappresentazione del fascino dell’azione. E se questi sono gli esempi di ciò che la realtà di streaming pul ottenere ad alti livelli, insomma, le prospettive non sono delle più rosee.