Anne-Sophie Bailly mette Tutto l’amore che serve in un film vero e trasparente

Presentato a #Venezia81 nella sezione Orizzonti, finalmente arriva anche al cinema in Italia il nuovo film di Anne-Sophie Bailly: ma qual è il risultato del film?
La recensione di Tutto l'amore che serve, presentato a #Venezia81

Articolo pubblicato il 15 Giugno 2025 da Giovanni Urgnani

Presentato in anteprima mondiale all’ottantunesima edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, sezione Orizzonti. Distribuito nelle sale cinematografiche francesi il 25 dicembre 2024, col titolo originale Mon Inséparable, mentre in quelle italiane a partire dal 19 giugno 2025, grazie al contributo di I Wonder Pictures. Ma qual è il risultato di Tutto l’amore che serve? Di seguito la recensione e la trama ufficiale del film scritto e diretto da Anne-Sophie Bailly.

La trama di Tutto l’amore che serve, film di Anne-Sophie Bailly

Prodotto dalla compagnia Les Films Pelléas, mentre la regista e sceneggiatrice Anne-Sophie Bailly è al suo esordio dietro la macchina da presa per un lungometraggio. Ma di cosa parla quindi Tutto l’amore che serve? Di seguito la trama ufficiale del film:

Mona Ortiz ha un figlio che soffre di un ritardo mentale, Joel: un giovane uomo che lei ha cresciuto da sola e cui ha dedicato tutta la vita, e che ha ancora bisogno di assistenza continua, o meglio, è Mona ad essere convinta di doverlo tenere sempre sotto controllo, perché questo ha fatto per tutta la vita. Quando Joel mette incinta la ragazza di cui è innamorato, Ocèane, che è a sua volta disabile, Mona vede la sua vita futura complicarsi ulteriormente, e in un impulso del momento porta Joel a fare una gita, dicendogli che andrano in Antartide, ovvero dove Joel pensa che abiti quel padre che non ha mai conosciuto. Sarà per entrambi un viaggio alla scoperta dei propri limiti e possibilità, nonché dei cambiamenti necessari della loro relazione fino a quel momento tanto esclusiva.”

La recensione di "Tutto l'amore che serve" (2024), in uscita al cinema in Italia a partire dal 19 giugno 2025.

La recensione di Tutto l’amore che serve, con Laure Calamy

Chi tra coloro che vorrebbero diventare genitori si augura di avere un figlio/a disabile? Questa è ovviamente una domanda considerata quasi oltre i limiti della maleducazione e di conseguenza da non porgere apertamente a nessuno; eppure, la pellicola di riferimento pone il pubblico nella condizione di pensarla e per i motivi giusti. Mona risponde al suddetto quesito nel momento di maggiore fragilità, quando ormai corpo e mente non reggono più al sommarsi dei problemi della vita, figuriamoci poi se ad affrontarli si è rimasti sempre soli. L’ammissione di desiderare la “normalità” manifesta la genuinità e la naturalezza dell’essere umano, poiché semplicemente si augura il meglio per sé e per gli altri, a maggior ragione per chi nasce dal proprio ventre; ogni genitore spera che suo/a figlio/a abbia le pari opportunità degli altri, le stesse capacità, gli stessi bisogni e lo stesso trattamento.

Ma la vita prende a volte la sua strada, senza seguire i piani prestabiliti dall’essere umano e la protagonista sicuramente, grazie ad una performance attoriale all’altezza, mostra i segni di una vita spesa per il bene verso il frutto del suo amore, senza il supporto doveroso dell’altra metà, troppo vigliacca per rimboccarsi le maniche il doppio del solito. Tutto l’amore che serve prosegue la linea cinematografica che ormai ha definitivamente, come giusto, messo da parte l’idea di rappresentare la mamma come figura uscita da un libro di favole: perfetta, imbeccabile, granitica e angelica; la bravura sta nel rappresentare la tridimensionalità dell’individuo, quindi con le sue crisi, le sue stanchezze e i suoi limiti. Inoltre, la maternità non preclude il continuare ad essere donna e di conseguenza la necessità di prendersi cura di sé, mantenendo vive le voglie di sentimenti, di appagamento erotico e di svago di ogni genere, altrimenti tutto implode e va in frantumi.

Regia e sceneggiatura firmate da Anne-Sophie Bailly comunicano, trasmettono sensibilità e mettono in risalto la mancanza di tatto e considerazione della società rispetto alle persone diversamente abili. Si vuole far superare il luogo comune che tutte le patologie neurologiche siano identiche tra loro ed automaticamente i soggetti affetti non siano in grado di percepire il mondo esterno o che non abbiano per forza la piena concezione della vita in generale, nello specifico la sfera della sessualità, punto cardine da cui parte l’intera vicenda. La toccante sequenza tra Joel e suo padre sta a comprovare appunto l’esatto contrario, visto quanto il ragazzo esprime col silenzio e l’espressività la comprensione di essere definitivamente rifiutato, distinguendo chi all’opposto gli vuole veramente bene, senza che nessuno glielo debba spiegare chissà come.

Senza sensazionalismi o retoriche di sorta, si arriva alla costruzione del finale, azzeccato per la scelta di tenerlo alquanto aperto. In coerenza con la ciclicità della vita infatti, la fine di una tappa non è altro che l’inizio di un’altra, per un futuro non privo di dubbi e di ansie, ma comunque basato su un presente dove la coppia ha potuto e voluto prendersi le responsabilità delle scelte compiute, senza che la loro “specialità” venga usata come leva da chi li circonda, allo scopo di creare un ulteriore barriera invisibile di separazione, seppur magari le intenzioni non siano malvagie ma magari generate da un eccessivo senso protettivo.

Trailer italiano di Tutto l’amore che serve, diretto da Anne-Sophie Bailly
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La recensione di Tutto l'amore che serve, presentato a #Venezia81
Tutto l'amore che serve (Mon Inséparable)
Tutto l’amore che serve (Mon Inséparable)

"Il dramma di una famiglia in difficoltà che deve affrontare una gravidanza inaspettata."

Voto del redattore:

8 / 10

Data di rilascio:

19/06/2025

Regia:

Anne-Sophie Bailly

Cast:

Laure Calamy, Charles Peccia-Galletto, Julie Froger, Geert Van Rampelberg, Rebecca Finet, Pasquale D'Inca e Aissatou Diallo Sagna

Genere:

Drammatico

PRO

Ottima caratterizzazione della protagonista nel suo momento di maggior difficoltà, tra la maternità e la voglia di mantenersi donna
Si riesce a comunicare chiaramente il generale disagio delle persone “normali” nei confronti del tema della disabilità mentale
Le scene erotiche sono ben dirette e montate
Seppur la prova attoriale di Laure Calamy ne esce rafforzata, si cade troppo spesso nel cosiddetto “monologo da Oscar”