Articolo pubblicato il 19 Gennaio 2025 da Gabriele Maccauro
La recensione di L’uomo nel Bosco (Miséricorde), il nuovo film scritto e diretto da Alain Guiraudie presentato in anteprima nella sezione Cannes Première del 77esimo Festival di Cannes ed eletto dai prestigiosi Cahiers du Cinéma come il miglior film del 2024. Candidato a 5 premi Lumière, il lungometraggio è distribuito in Italia da Movies Inspired a partire dal 16 gennaio 2025. Con protagonisti Félix Kysyl, Catherine Frot, Jacques Develay e Jean-Baptiste Durand, l’opera merita davvero l’attenzione mediatica che ha ricevuto, soprattutto da parte della critica cinematografica? A seguire, trama e recensione di L’uomo nel Bosco.
La trama di L’uomo nel Bosco, il miglior film del 2024 secondo i Cahiers du Cinéma
Prima di passare alla consueta analisi e recensione del film, è bene spendere due parole sulla trama di L’uomo nel Bosco (Miséricorde), film diretto dal regista francese Alain Guiraudie, presentato in anteprima nella sezione Cannes Première del 77esimo Festival di Cannes ed eletto dai prestigiosi Cahiers du Cinéma come il miglior film del 2024:
“Jérémie torna al suo paese natale per il funerale del panettiere locale, suo ex datore di lavoro. Accolto calorosamente dalla vedova Martine, suscita però l’ostilità del figlio Vincent. La presenza di Jérémie innesca dinamiche complesse tra gli abitanti del villaggio, inclusi il parroco e un vecchio amico. Le passeggiate nel bosco, apparentemente innocue, diventano teatro di tensioni e rivelazioni, mettendo in luce i segreti nascosti della comunità”.

La recensione di L’uomo nel Bosco, diretto da Alain Guiraudie
Sin dalla loro fondazione nel 1951, i Cahiers du Cinéma si sono imposti sul panorama della critica cinematografica in maniera netta, assoluta, grazie a collaboratori del calibro di François Truffaut, Jean-Luc Godard, Claude Chabrol ed Éric Rohmer, giusto per citarne qualcuno. Sempre nel 1951, hanno inoltre iniziato a stilare la classifica dei 10 migliori film dell’anno e, nel corso delle stagioni cinematografiche, hanno sempre creato dibattito intorno alle opere da loro selezionate, nel bene o nel male: non andando troppo indietro nel tempo, basti pensare alla scelta di porre al primo posto della top10 del 2017 Twin Peaks: The Return, terza stagione della serie tv del compianto David Lynch. Una serie tv per l’appunto, non un film.
Le posizioni delle varie classifiche che ogni anno vengono rilasciate dalle testate internazionali, come anche i riconoscimenti rilasciati dalle varie manifestazioni mondiali, non sono ovviamente legge e spesso e volentieri non si basano su un reale valore artistico quanto più su un fattore socio-politico ed è in questo senso che potremmo inquadrare la scelta del 2024, ovvero quella di eleggere come miglior film dell’anno L’uomo nel Bosco – soprassediamo sulla pessima traduzione italiana di Miséricorde – l’ultimo lungometraggio diretto dal francese Alain Guiraudie che già nel 2013 si trovò al primo posto tra le scelte dei Cahiers con Stranger by the Lake. Una scelta quindi comprensibile, cui fanno seguito però una serie di considerazioni sulla pellicola che, francamente, lasciano perplessi.
L’uomo nel Bosco è un film di qualità, un’opera che può contare non solo su un cast in grandissima forma – in primis Félix Kysyl, Catherine Frot e Jacques Develay – ma anche su un uso sapiente del mezzo cinematografico da parte del suo regista, ma che lascia titubanti sotto un punto di vista di scrittura. Attenzione, qui il punto non è se il lungometraggio è scritto bene o male, se è bello o brutto: non è questo, secondo noi, ciò su cui la critica dovrebbe concentrarsi. Certo è che troppo spesso si fanno due pesi e due misure e, se negli ultimi anni tante pellicole sono state affossate per un fattore d’originalità, qui si parla invece di innovazione del linguaggio cinematografico.
L’uomo nel Bosco è però un film inaspettatamente derivativo e, com’è vero che si fonda sugli insegnamenti di grandi autori come Alfred Hitchcock, è altrettanto evidente come si ispiri a pellicole come As Bestas di Rodrigo Sorogoyen e, soprattutto, a Indagine su un Cittadino al di Sopra di ogni Sospetto di Elio Petri. Compreso questo, l’alone di mistero che avvolge il cuore della storia scompare per quanto prevedibile. Di nuovo, non si tratta di realizzazione ma di intenti e soprattutto, sarebbe bello tornare ad accettare il fatto che i film non debbano essere necessariamente pessimi o capolavori. L’uomo nel Bosco è un’opera interessante, abbastanza stimolante per quanto dal ritmo a tratti incerto, derivativo ma di ottima fattura e per questo comunque da elogiare, ma quanto sarebbe bello tornare a parlare senza far sempre leva su assolutismi ed estremismi.