Nosferatu: il principe della notte è un sublime requiem sugli esseri umani

Nosferatu: il principe della notte è il settimo film prodotto, scritto e diretto dal regista tedesco Werner Herzog. Il film del 1979, con protagonisti Klaus Kinski e Isabelle Adjani, è il primo remake del capolavoro espressionista di F. W. Murnau del 1922.
Recensione del film di Werner Herzog Nosferatu il principe della notte

Articolo pubblicato il 19 Gennaio 2025 da Vittorio Pigini

A quasi 60 anni da una delle pietre miliari per la storia del cinema come Nosferatu il vampiro di F. W. Murnau, il regista tedesco Werner Herzog realizza il primo remake di quell’opera. Con protagonista la coppia formata da Klaus Kinski ed Isabelle Adjani, Nosferatu: il principe della notte è uno dei migliori film degli anni ’70 e non solo, riportando al cinema la mitologia del Conte Orlok unita alla base letteraria del romanzo di Bram Stoker.

Al suo 7° film, l’autore sceglie così di omaggiare a suo modo quello che considera il film più importante nella storia del cinema tedesco. Ecco di seguito la recensione di Nosferatu: il principe della notte del 1979 prodotto, scritto e diretto da Werner Herzog.

La trama di Nosferatu: il principe della notte, il film di Werner Herzog

Su sceneggiatura dello stesso regista e produttore Werner Herzog, Nosferatu: il principe della notte è il primo remake ufficiale del capolavoro di F. W. Murnau del 1922. Il film con protagonista Klaus Kinski, tuttavia, pone a base del soggetto anche e direttamente il romanzo di Bram Stoker, attuando una crasi tra ambientazione, mitologia e nomi dei protagonisti molto particolare.

La storia è infatti quella del giovane agente immobiliare Jonathan Harker, che riceve l’incarico di andare a trovare il nobile Conte Dracula al suo castello in Transilvania poiché interessato ad acquistare una proprietà proprio nei pressi dell’abitazione di Harker. La sua giovane promessa sposa, Lucy, sogna brutti presagi durante il lungo viaggio che attende il suo amato Jonathan e gli intima di non partire. Egli è però tenuto a portare a termine l’incarico, ma il tragitto si rivelerà essere un viaggio negli Inferi.

La trama di Nosferatu il principe della notte, il film di Werner Herzog

La recensione di Nosferatu: il principe della notte: un remake che accoglie e stravolge

<<I secoli vengono e vanno. Non avere la capacità di invecchiare è terribile. La morte non è il peggio, ci sono cose peggiori della morte. Riesci ad immaginarlo? Durare attraverso i secoli, sperimentando ogni giorno le stesse futili cose.>>.

La profonda e dolorosa intensità rilasciata sullo schermo da Klaus Kinski, specialmente in questo momento del film, racchiuderebbe di fatto l’intera visione di Nosferatu: il principe della notte. L’impresa del regista Werner Herzog fu ardua, andando a “mettere mano” ad un’opera che ha sublimato il cinema, con l’ottica di omaggiare quello che riterrebbe il film più importante per la storia cinematografica tedesca.

Ma proprio come sarà il protagonista della sua successiva regia in Fitzcarraldo, e come in un certo senso già mostrato in altri film come Aguirre, furore di Dio, a Herzog le imprese impossibili non spaventano e centra l’obiettivo. L’autore riesce, infatti, a riprendere l’imprescindibile opera di quasi 60 anni prima e ad imprimere la sua personale e viscerale visione, quasi stravolgendo quella originale ed ammantando il film di un’aurea astrale e funerea forse mai vista. Come anche già indirizzato dal macabro e sacrale incipit, l’opera di Herzog del 1979 è un luminoso ed esistenziale requiem che porta sullo schermo in modo più viscerale possibile tutto il tormento del suo protagonista.

Se infatti il film di Murnau vede l’ombra di Nosferatu abbattersi sui protagonisti, senza offrire troppi giudizi sulla rappresentazione del male puro, il regista di L’enigma di Kaspar Hauser pone al centro della narrazione l’esistenziale condizione non-mortifera del suo di protagonista. Lo spettatore non può non rimanere abbagliato innanzitutto dall’impattante messa in scena stessa di questo remake.

Per un titolo che presenta il “Principe della Notte” e per un racconto gotico di questo tipo, figlio dell’espressionista rappresentazione del cinema muto, il film di Herzog esaspera il colore bianco, la luce. A parte la notte al castello (per un gioco impressionante del colore sul calar delle tenebre), l’arrivo di Dracula in città e l’ultimo determinante incontro (comunque fortemente “candido”), quasi l’interezza del film vede il giorno ed il colore bianco come protagonista trainante del racconto.

Tuttavia, nonostante la lucentezza, la visione fugge dalla rappresentazione di una solare giornata di primavera, facendo infatti perdere vitalità ai colori e presentando un racconto che sembrerebbe uscito da un banco di nebbia. Ecco tornare l’esistenziale tormento del protagonista citato ad inizio paragrafo, con Nosferatu: il principe della notte che porta in scena l’interminabile limbo della tristezza e della solitudine, arrivando quasi a desiderare la morte come abbraccio di una vecchia amica. Non a caso, in questa austera e nebulosa visione, a spezzare cromaticamente il film è il sole molto caldo dell’alba finale, con la morte in un certo senso permette di far acquisire un senso, prima che lo stesso Herzog decida di fare definitivamente suo il racconto.

Sì perché è stato detto come questo film del 1979 sia un remake dell’opera del 1922, sebbene ciò non sia del tutto esatto. Lontano dagli infernali e legali problemi di copyright che hanno quasi privato alla Storia il capolavoro di Murnau, Herzog ebbe in tal caso un raggio d’azione decisamente più ampio per poter realizzare il film. Vengono ripresi i nomi del romanzo di Bram Stoker (lo stesso protagonista qui diventa Dracula), sebbene vengano alternati i nomi dei due personaggi di Lucy e Mina. Ciononostante, la mitologia cinematografica resta quella del Nosferatu di Murnau, tanto nell’ambientazione geografica quanto nella rappresentazione estetica, specialmente del suo non-morto protagonista.

In questa speciale rivisitazione, l’autore aggiunge anche il suo tocco e, oltre al fondamentale discorso cromatico, arriva anche a capovolgere il finale del film. La creatura interpretata da Klaus Kinski viene sconfitta, il “mai estinto” viene ucciso, ma non la sua anima tormentata. Ad essere infatti “impossessato” nel formidabile plot-twist è il corpo dello stesso Jonathan, che si allontana verso l’orizzonte affermando di avere molte cose da fare, sostenuto da un macabro sorriso.

In una singola immagine il regista riesce a raccontare praticamente un altro film. Come accennato, il corpo del Nosferatu di Kinski viene sconfitto, non la sua anima tormentata che, invincibile ed ineluttabile, ammorba il corpo del giovane Jonathan, inizialmente estasiato o che comunque accoglie di buon grado la sua nuova condizione. Poi le nubi accrescono all’orizzonte, indicando come quella pesante e viscerale condizione esistenziale, nel desiderare la morte, accoglierà anche il giovane e speranzoso Jonathan, serve solo il passaggio del tempo.

La recensione di Nosferatu il principe della notte, il film di Werner Herzog

La recensione di Nosferatu: il principe della notte: un requiem sublime

Il 7° film prodotto, scritto e diretto da Werner Herzog è dunque un’opera mortifera, un limbo che enfatizza l’effimera esistenza, ma presenta anche grande cinema sullo schermo. Richiamando ancora una volta il determinante lavoro cromatico effettuato, la fotografia di Jörg Schmidt-Reitwein e la messa in scena di Herzog richiamano in continuazione la ricerca del sublime del pittore tedesco Caspar David Friedrich, rievocando scenari a dir poco meravigliosi. Che sia l’infinitezza del mare, delle aree boschive e/o dello sconfinato deserto nel finale, la visione di Nosferatu: il principe della notte imprime su schermo l’Arte romantica ottocentesca anche e soprattutto dal punto di vista tematico-narrativo.

Allegandosi alla tormentata consapevolezza dell’effimera esistenza, l’uomo – anche una creatura immortale antropomorfa – viene reso infinitamente piccolo agli occhi della Natura, tornando di fatto ad una concezione medievale. Tale rituffo nel passato si evince nel film principalmente anche da due aspetti narrativi: il ritorno della Peste Nera (da menzionare l’ingente utilizzo di ratti in scena) ed il ruolo della stessa Lucy. La donna è infatti l’unica ad accorgersi che la catastrofe deriva dalla presenza del Nosferatu, ma il professor Van Helsing resta accecato dall’era “illuminata” in cui vive.

Regressione medievale a parte, l’arte ottocentesca di Nosferatu: il principe della notte deriva anche dal suo comparto musicale. Non mancano infatti autori come Richard Wagner e Charles Gounod, sebbene Herzog si dimostri ancora una volta innovatore nella messa in scena e rispettoso dei tempi che corrono. Successivamente ad Aguirre, furore di Dio e L’enigma di Kaspar Hauser, il gruppo Popol Vuh torna a collaborare con il regista tedesco, imprimendo sacrali e sintetizzate sonorità figlie degli anni ’70. L’assenza di sangue, la viscerale introspezione ed esistenzialismo della visione, oltre che la pittura impressionista e romantica, non taglia comunque le gambe all’estro creativo del regista nell’incutere timore ed angoscia durante il film.

A sostenere la causa sicuramente l’uso della macchina a mano e le riprese a camera fissa dense ed allungate, oltre ai giochi di luce effettuati specialmente sui volti dei protagonisti. A tal proposito, non si può non spendere qualche parola sulle prove di Klaus Kinski e Isabelle Adjani. Il primo è il fedelissimo rappresentante del cinema di Werner Herzog, dando vita ad uno dei sodalizi più importanti nella storia del cinema, nonostante il rapporto di amore-odio.

Kinski viene mostrato fin da subito con un aspetto non umano, pelle cadaverica, modi di fare respingenti, artigli e 2 zanne non indifferenti. Col tempo, tuttavia, lo spettatore riesce a nascondere tutto ciò entrando sempre più in sintonia con un personaggio umanamente tormentato. Anche per quanto concerne i lati più prettamente d’orrore, l’inquietante e drammatica prova di Klaus Kinski è ormai storia del cinema.

Senza nulla togliere al contributo apportato da un gigante della recitazione come Bruno Ganz, gli occhi sono tutti per la candida bellezza di Isabelle Adjani. Reduce dalla candidatura all’Oscar per Adele H. – Una storia d’amore di François Truffaut e da L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski, l’attrice francese porta in scena quello che sarà probabilmente uno dei suoi ruoli più memorabili. L’innocenza ed il fascino della sua Lucy sono una meraviglia per gli occhi, scontrandosi e legandosi alla perfezione con il tormentato ed inquietante personaggio di Kinski.

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La locandina del film Nosferatu il principe della notte 1979
Nosferatu: il principe della notte
Nosferatu: il principe della notte

Nosferatu: il principe della notte è il settimo film scritto e diretto da Werner Herzgo, che riprende un mito intramontabile ed apporta con formidabile estro la propria visione artistica.

Voto del redattore:

9.5 / 10

Data di rilascio:

15/02/1979

Regia:

Werner Herzog

Cast:

Klaus Kinski, Isabelle Adjani, Bruno Ganz, Roland Topor, Walter Ladengast, Carsten Bodinus, Martje Grohmann, Jacques Dufilho

Genere:

Horror, drammatico

PRO

Herzog riprende il mito del Nosferatu di Murnau e del Dracula di Stoker apportando la propria viscerale visione artistica.
Il limbo esistenziale viene perfettamente ricreato dalla messa in scena sia cromaticamente che musicalmente.
Le prove dei protagonisti sono storie del cinema.
Nessuno.